Editoriale – A terzo millennio avanzato, la tecnologia, l’informatica frutto del progresso e degli avanzamenti costanti avvenuti nel corso delle generazioni ci offrono una visione praticamente in parallelo di ciò che è la vita reale. Il web è entrato ormai a pieno titolo nella vita sociale, e nella quotidianità con le sue prerogative, opportunità, e anche con le sue criticità. Il parallelismo che viviamo nei social, e con gli smartphone, veri e propri custodi di vita e di contatti con il mondo, non è altro che una estensione virtuale della vita terrena. In tutto ciò che ci circonda prevale l’aspetto tecnologico a quello della natura. Quella natura che custodisce da sempre i suoi misteri, il suo fascino ma che è anche in grado di esprimere la sua violenza. Il potere, sia politico che economico oggi offrono alla categoria umana un diffuso senso dell’onnipotenza, che talvolta può sfociare in veri e propri deliri quotidiani. L’evoluzione della vita ci porta ad apprezzarne gli effetti, frutto di studi e ricerche susseguiti nel corso del tempo. Ma mentre tutto cambia negli aspetti esteriori, nei modi di vivere, nella complessità della vita dell’uomo del terzo millennio, la natura resta tal quale. E’ lei che decide quando scuotere i terreni, distruggere le case, tutto in pochi attimi. Nulla può l’uomo tecnologico e di potere contro ciò che noi non controlliamo, è potremmo mai controllare. Dall’età della pietra, l’intelligenza evolutiva dell’uomo, ha donato un crescondo di scoperte, di strumenti per capire, studiare ma anche per condizionare. Studiamo la terra, il nucleo che poi è un contenitore di fuoco e di magma, andiamo al mare, ne osserviamo la sua magnificenza, ecco questa è la natura. Un equilibrio che viene da chissà dove, in cui la semplicità ha caratterizzato sorrisi, solidarietà pur senza possedere o dover studiare nulla. Nel terzo millennio, il sistema di cui si è dotato l’uomo per crescere e per migliorarsi sempre di più è un motivo di continua conquista. La vita tecnica, trova risposte quasi a tutto, quella interiore probabilmente molto meno. La complessità nelle nostre esistenze, nei rapporti umani, familiari, amicali, di lavoro, tra popoli, evidenziano di pari passo una crescente complessità gestionale, che poi genera le più classiche depressioni. Sin dall’età della ragione è tutto complesso, dall’integrazione all’asilo, poi nei vari gradi dell’istruzione. Sono complessi i rapporti con gli insegnanti, e ci si scontra con l’indifferenza generale della vita, con stati di ansia per amori non contraccambiati. Poi è un crescendo di complessità in tutti gli ambiti, quello familiare per le più disparate cause, quello lavorativo, sociale, del bar, del circolo degli amici. Ogni cosa è complessa. La burocrazia e lo Stato, specialmente nel caso dell’Italia, rendono tutto ancorpiù complicato, fatte salve quelle situazioni in cui la disponibilità economica rilevante riesce praticamente a risolvere tutto. Chi è al potere conduce sicuramente una vita meno complessa sotto certi tipi di aspetti, quello economico in primis, godendo di benefit e vitalizi vari. Ciò nonostante la complessità del sistema della vita, prima o poi farà inesorabilmente i conti con nostra sorella morte. Che arriverà comunque e non saremo noi a poterne stabilire data ora e luogo come invece siamo abituati a fare per ogni pianificazione quotidiana per noi e talvolta anche per gli altri. Sorella morte arriva invece con una semplicità estrema. Un soffio, un istante, una circostanza, una malattia e l’esordio fatale di un respiro che lascia la vita, di un cuore che cessa di battere. Tutto avviene con una semplicità estrema, rendendo anche un pò ridicola la complessità della vita terrena appena abbandonata. Tutto l’architrave di situazioni in cui ognuno è catapultato ogni giorno, un soffio e finisce. Si torna improvvisamente allo stato quo-ante, come prima di esserci. Quello che viene definito “andare avanti”, “passaggio all’oriente eterno”, “andare in cielo”, “riposare in pace”, è il nuovo stato senza tempo, senza scadenza, senza freddo e senza caldo, senza odio e senza rabbia. L’interpretazione dell’aldilà è un dogma della fede, che da sempre appassiona e nel contempo preoccupa l’uomo. L’eccessiva semplicità in cui si viene a mancare, contrasta con la complessità della vita. Eppure il nostro corpo, a cui tanto teniamo, è destinato al disfacimento più squallido. Quel che tiene in vita il corpo dunque è una semplice anima, che alla fine delle pene terrene troverà, speriamo, la pace nel miraggio di una fede che poi è l’unico punto fermo della vita umana. @direttore