Ma vediamo una sintesi per conoscere la fibromialgia che risulta essere tra le cause più comuni di dolore cronico diffuso su tutto il corpo umano. E’ presente come entità clinica autonoma in tutte le classificazioni internazionali del dolore cronico ed è riconosciuta praticamente in tutti i paesi a livello di sistema sanitario pubblico o a livello assicurativo privato, con alcune eccezioni come l’Italia. In relazione ai criteri diagnostici utilizzati, la prevalenza oscilla intorno al 2-3 % della popolazione.
I pazienti che sviluppano la fibromialgia presentano una storia clinica di dolore cronico persistente su tutto il loro corpo. I pazienti fibromialgici spesso riferiscono cefalea, dismenorrea, disfunzione temporo-mandibolare, fatica cronica, cistite interstiziale/sindrome dell’uretra irritabile, colon irritabile e altre sindromi dolorose regionali (ad es. cervicalgia e lombalgia).
La sindrome fibromialgica manca di alterazioni di laboratorio o di specifici biomarcatori, di conseguenza la diagnosi dipende principalmente dai sintomi che il paziente riferisce.
Negli ultimi 20 anni, tuttavia, la fibromialgia è stata meglio definita attraverso studi che hanno stabilito gli aspetti eziopatogenetici della sindrome. Questi studi hanno dimostrato che certi sintomi, come il dolore muscolo-scheletrico diffuso e la presenza di specifiche aree algogene alla digitopressione (tender points), la stanchezza cronica, i disturbi del sonno e alterazioni neurocognitive sono presenti nei pazienti affetti da sindrome fibromialgica e non comunemente nelle persone sane o in pazienti affetti da altre patologie reumatiche dolorose, e sono connesse a modificazioni delle soglia di percezione del dolore (sindrome da sensibilizzazione centrale) accompagnate ad alterazioni neuroendocrine e/o psico-affettive.
L’approccio terapeutico rimane un approccio multimodale nel quale il trattamento non farmacologico e quello farmacologico giocano un ruolo sinergico ma assolutamente individuale nella gestione del paziente nella pratica quotidiana. “Pertanto – ha concluso la Pisana – la strada per rendere innocua questa sindrome è ancora lunga e tortuosa; la speranza è che eventi come quello di oggi rendano testimonianza della difficile gestione diagnostica e terapeutica di questa patologia fin troppo poco conosciuta e di scarso livello numerico diagnostico”.