L’esofagite da reflusso è una patologia a carico dell’apparato esofageo. Una infiammazione della mucosa causata da reflussi acidi o alcalini che provengono dallo stomaco o dal duodeno, da origine ad una sintomatologia importante che può condizionare negativamente la qualità della vita quotidiana. Il problema principale sta nel fatto di avere la fortuna di imbattersi nel medico di base che sappia individuare l’eventuale insorgenza di questa patologia. I sintomi troppo spesso, infatti, riconducono a ben altri tipi di malattie e le cure sono inappropriate o talvolta anche molto dannose, senza saperlo. Con conseguente peggioramento della sintomatologia e tendenza a crisi depressive per chi ne è affetto. Questo accade perchè se non vi è una diagnosi corretta, il paziente ha la sensazione di non poter uscire da questo incubo patologico, senza avere nemmeno la possibilità di un rimedio temporaneo al forte disagio che si crea. Si registrano molti casi in cui i pazienti sono stati trattati con terapie antiallergiche, le quali non hanno fatto altro che peggiorare nel tempo la malattia da reflusso. I sintomi che si riportano al medico, portano ad evidenziare un virus influenzale, curato con antibiotici o antiinfiammatori ma gli esiti terapeutici sono pressochè nulli o di scarsa efficacia. L’infiammazione dell’esofago, si estende in gola durante le ore notturne e gli acidi da reflusso raggiungono le corde vocali e la glottide. Talvolta tutto accade anche senza che ce ne possiamo accorgere. Cosicchè la glottide diventa ispessita, e viene scambiata come mal di gola in quanto anche la mucosa della gola irritata dagli acidi appare molto arrossata. Spesso gli acidi causati dal reflusso arrivano anche nel condotto uditivo, con conseguente irradiazione del dolore e dei fastidi che ha una sequenza rituale ciclica. Si inizia con questo simil mal di gola, costrizione bronchiale, abbassamento della voce anche significativo, e poi infiammazione alle orecchie, mal di testa e spossatezza generale molto insistente. A nulla servono le varie tachipirine o gli antibiotici. Il fastidio perdura per diversi giorni e rende il paziente inabile a qualsiasi attività lavorativa. Durante la notte la maggiore difficoltà è quella del poter riposare, la posizione distesa infatti non favorisce certo il rilassamento, ed il reflusso agisce indisturbato aggravando i sintomi. Il paziente è portato a trascorrere le notti su una sedia o su una poltrona, cercando di trovare beneficio dall’aria della finestra notturna, avvertendo un senso di forte occlusione respiratoria. Le crisi possono portare anche al Pronto Soccorso, il quale dopo le varie procedure di rito, alquanto stressanti, consistono nel somministrare energiche dosi di cortisone. Solo con questo medicinale si ha la temporanea sensazione di poter respirare leggermente meglio, ma in realtà il medicinale non fa altro che accentuare l’acidità dello stomaco, peggiorando sempre di piu’ il decorso della malattia. Possono trascorrere infatti anche dieci giorni prima che vi sia una remissione dei fenomeni acuti. Il paziente è quindi esausto, sfiduciato e teme di essere colpito da qualche male veramente brutto. Perdipiù, anche il ruolo dei familiari talvolta concorre a peggiorare le cose. La genericità della diagnosi non corretta, induce gli stessi a ridimensionare la portata dei sintomi, evidenziando una sorta di esagerazione nei confronti di chi ne viene colpito. Si entra quindi in un vicolo cieco, dove se i caratteri non sono temprati, non ci vuole nulla a cadere in stati depressivi. Ci sono casi in cui la glottide ispessita è stata trattata come reazione allergica, e quindi con prescrizione e conseguente assunzione di antistaminici, cortisone, e suffumigi vari. Le inalazioni classiche, che vengono prescritte praticamente a chiunque, non fanno altro che irritare ancora di più le mucose interessate al reflusso, e sempre con la conseguenza di un incremento della sintomatologia negativa. Dunque come fare per riconoscere il reflusso? Quali accorgimenti possiamo attuare per controllarlo?
Spesso questa patologia viene diagnosticata con certezza dopo che cicli di accertamenti e terapie insistenti non hanno dato alcun esito positivo. A questo punto avendo escluso la presenza di allergie significative (con test allergologici) e di altre patologie a carico dell’apparato respiratorio, si passa alla terapia farmacologica. Non si può prevedere quando l’esofagite agisce, ma ciò accade sempre di notte con la posizione supina. Gli specialisti, di norma prescriveranno quindi dei farmaci che hanno il compito di inibire la pompa protonica nello stomaco, con conseguente neutralizzazione dell’acidità. In questo caso il reflusso ci sarà ugualmente ma l’acidità controllata sarà poco incidente e quindi scarsamente infiammatoria a carico della mucosa.
Un rimedio che però non si può certo portare avanti alle calende greche in quanto la perdurante assunzione di questi farmaci che sono anche gastroprotettori, è causa di altri sintomi negativi per la salute. Gli inibitori di pompa protonica (PPI) dovrebbero essere prescritti al dosaggio inferiore e per il minor lasso di tempo possibile, in relazione alla condizione trattata . E non certo all’infinito e senza alcuna rivalutazione, come purtroppo spesso avviene. Il motivo non è solo quello dello spreco di risorse, ma del pericolo degli effetti indesiderati anche gravi che una somministrazione sconsiderata di questa categoria di farmaci può causare. Un messaggio questo che dovrebbe arrivare anche a tutti i medici e i pazienti italiani, visto che nel nostro paese pantoprazolo, lansoprazolo e omeprazolo figurano nella top ten dei farmaci più prescritti. Quindi il paziente può e deve attrezzarsi autonomamente per ridurre la sintomatologia, ed in alcuni casi anche per neutralizzarla.
Accorgimenti importanti sono quelli di dormire con due cuscini o comunque con la testa abbastanza rialzata rispetto al corpo. Ciò evita che il reflusso possa raggiungere la gola, e quindi non si manifesterà l’infiammazione della gola. Altra cosa è l’alimentazione, si deve cercare di assumere cibi con regolarità, senza troppi eccessi evitando tutto ciò che è troppo “pesante” per la digestione. Gli insaccati sono da evitare, così come merendine, e cibi da fast food ed occorre seguire una alimentazione bilanciata riducendo i cibi troppo grassi. Ciò aiuta moltissimo a ridurre gli episodi di reflusso, con controllo efficace della patologia. E’ chiaro che noi non vogliamo sostituirci agli specialisti, ogni caso deve essere sicuramente valutato individualmente, ma intendiamo dare un supporto alla salute, apportando un contributo con consigli semplici, i quali in ogni caso non hanno controindicazioni di sorta. I percorsi diagnostici comunque, come la gastroscopia, l’esofagoframma, ecotomografia dell’addome ed altri accertamenti serviranno a dare le risposte corrette e certe.
Daniele Imperiale – Responsabile Comunicazione Segreteria medici Nazionale