ROMA. È possibile migliorare l’efficacia delle sentenze di condanna della Corte dei Conti passate in giudicato, modificando la fase esecutiva del procedimento dettato dal codice di giustizia contabile, aumentandone la rapidità e le possibilità di recupero delle somme dovute per danno erariale. Di questo ne è convinta la senatrice pentastellata Agnese Gallicchio, che ha presentato un disegno di legge in merito, che la Lega non ha mai voluto condividere, e che punta ad una giustizia rapida ed efficiente, con prospettive di maggiori risorse per le casse dello Stato. Durante l’intervista concessa dalla portavoce del Movimento 5 Stelle in Senato è emerso, infatti, che la sua proposta di legge intende modificare il codice della giustizia contabile, nella parte che riguarda la sentenza di condanna emessa dalla Corte dei Conti nei confronti degli amministratori e dei funzionari pubblici che commettono reati contabili con dolo o colpa grave e che consistono nella sottrazione o lo spreco di denaro pubblico creando un danno economico all’ente pubblico in cui essi stessi lavorano. «Questi reati sono particolarmente odiosi – afferma la senatrice pentastellata – perché commessi da amministratori e funzionari infedeli che colpiscono dall’interno le amministrazioni pubbliche nelle quali lavorano. Attualmente, secondo la legge vigente, anche quando la Corte dei Conti riesce a dimostrare con due gradi di giudizio che un amministratore o un dipendente pubblico abbia commesso un reato contabile con dolo o colpa grave, raramente l’autore del reato è punito con la restituzione dei soldi sottratti o sprecati». Il predetto disegno di legge, n. 1070, è consultabile sulla piattaforma online del Senato, dove è specificato anche che «alla pubblica amministrazione tali fattispecie determinano danni quantificabili in somme decisamente importanti nel loro importo complessivo a livello nazionale. Il dettato normativo attuale attribuisce un ampio potere discrezionale all’ente danneggiato. Difatti la normativa vigente ha individuato in tale amministrazione il “motore” della procedura di esecuzione e ad essa viene attribuito ogni compito: da quello di notificare la sentenza al condannato fino al recupero delle somme che sono oggetto di condanna. Alla prova dei fatti questo meccanismo si è rivelato spesso inceppato per una serie di evidenti criticità. Spesso si è riscontrato che l’amministrazione titolare, incaricata per legge del recupero del credito erariale, rimane inerte oppure tarda nel notificare la sentenza al funzionario condannato. Si è anche rivelato essere di scarsa efficacia l’ampio potere discrezionale concesso all’amministrazione nella scelta dello strumento da utilizzare per il recupero delle somme poiché non sempre la scelta va in direzione dello strumento più efficace. I motivi di ciò vanno rinvenuti nella “vicinanza” tra il soggetto incaricato di agire ed il soggetto condannato dalla Corte dei conti, spesso “vicini di ufficio” o di “scrivania “. Poco efficace in particolare si è dimostrato il recupero del credito erariale in via amministrativa, attraverso lo strumento della ritenuta sulle somme a qualsiasi titolo dovute al funzionario. A causa dei limiti di pignorabilità, previsti per stipendi e pensioni, si recuperano importi mensili irrisori, allungando di molto i tempi. Si è rivelata di scarsa attuazione pratica anche la via della esecuzione forzata innanzi al giudice ordinario, a causa della necessità di stanziamento di un apposito impegno di spesa necessario per la nomina di un avvocato. Difatti, nella realtà degli enti soprattutto in quelli meno grandi, nascono difficoltà nel reperire le risorse economiche per far fronte a costi ed oneri giudiziari. Un altro motivo di criticità riguarda il ruolo poco incisivo che l’attuale normativa riconosce al pubblico ministero territorialmente competente. Al pubblico ministero contabile, difatti, l’attuale normativa riserva un ruolo marginale, limitato al compito di notificare la sentenza all’amministrazione danneggiata e di seguire da una posizione di secondo piano l’iter dell’esecuzione. Va constatato quindi che le procedure delineate dalla legislazione attuale non favoriscono il recupero delle somme nei confronti del pubblico dipendente infedele poiché, in sostanza, dopo un iter processuale ineccepibile, che conduce alla sentenza di condanna del funzionario infedele, il meccanismo di recupero delle somme si rallenta, fino ad arrivare in molti casi a paralizzarsi del tutto nella fase terminale». «Parlando di somme – continua la senatrice Agnese Gallicchio – vi devo dire che, per tale motivo solo in questi ultimi cinque anni, a fronte di condanne per un totale di questi due miliardi di euro, soltanto un misero 13.9% è stato recuperato. Con questo progetto quindi ristabiliamo il senso di giustizia dentro le amministrazioni pubbliche, semplifichiamo la procedura di riscossione, aumentiamo la possibilità di recupero delle somme dovute per i danni causati alle casse dello Stato e facciamo arrivare nuove risorse economiche per i servizi pubblici essenziali, rivolti ai cittadini». Sul sito del Senato si legge, infatti, che ciò ha contribuito a delineare il quadro del quinquennio analizzato (anni 2013-2017) che registra, «a fronte di condanne per un totale pari alla notevole somma di un miliardo e 997 milioni di euro, un tasso di recupero decisamente modesto. Solo quattro regioni (Valle d’Aosta, Liguria, Sicilia e Veneto) mostrano un tasso di recupero quasi pieno, ma la grande maggioranza riesce a raccogliere solo quote minime: il Lazio, dove si concentrano le sedi delle amministrazioni e i giudizi d’appello, conta la metà dei danni erariali mentre gli incassi si fermano al 9,3 per cento, per inabissarsi vicino allo zero in Sardegna, Marche, Molise e Abruzzo. A livello nazionale complessivo il dato è quantomeno allarmante: nelle casse degli enti pubblici danneggiati ben un miliardo e 690 milioni euro risultano non pervenuti! Alla luce di quanto esposto, con il presente disegno di legge si vuole offrire una soluzione normativa che rompa il vincolo di contiguità che inquina la procedura di recupero delle somme e che incida positivamente sulla performance dell’esecuzione, pur rispettando l’equilibrio tra esigenze sanzionatorie e tutela del funzionario pubblico che risponde nei limiti del dolo o della colpa grave. A tal fine, la nuova disciplina sottrae all’amministrazione creditrice il ruolo di agente esecutore delle sentenze, per affidarlo ad un ente già dotato di strutture e strumenti adeguati al compito, l’Agenzia delle entrate-Riscossione, e con azione sinergica rafforza da un lato il ruolo del pubblico ministero nel procedimento e dall’altro la natura stessa del credito erariale». Il Movimento 5 Stelle vuole la certezza dei risarcimenti ed il disegno di legge della senatrice Agnese Gallicchio è volto a contrastare i clamorosi sperperi di denaro pubblico da parte di politici o funzionari. «Ci auguriamo noi tutti – conclude la senatrice pentastellata – nell’interesse dello Stato, che le nuove forze politiche al governo col Movimento 5 Stelle possano condividerlo per farlo diventare legge».