Mercoledì scorso, dopo diversi incontri tra le parti, il dg di Roma Capitale e direttore del dipartimento Partecipate, Franco Giampaoletti, aveva mandato una lettera agli amministratori avvisando che il bilancio non poteva essere approvato per via di un “elemento ostativo” e cioè l’iscrizione della partita dei ‘soliti’ 18,3 milioni di crediti (vantati da Ama verso il Comune) per i servizi funebri e cimiteriali. Come il vecchio cda presieduto da Lorenzo Bagnacani, rimosso i primi di febbraio dalla sindaca Raggi anche in quel caso a valle di un duro scontro sul bilancio e su quei soldi, anche questa terna di amministratori ha inserito quei denari in un fondo rischi per oneri contrattuali collegato al patrimonio netto. Ma anche questa volta il Campidoglio non ne ha voluto sapere.
Per il Comune quei 18,3 milioni vanno svalutati interamente anche se il tavolo di confronto tra le parti (che il Comune si era impegnato a costituire nella delibera che bocciò il precedente progetto di bilancio 2017) per fare le opportune verifiche non è mai decollato ed è proprio per questo che il cda in questa prima fase ha inserito quei soldi nel fondo rischi, per poi molto probabilmente procedere alla svalutazione nel bilancio 2018.
Un orizzonte troppo lontano e certamente non più nei pensieri di Melara, Longoni e Ranieri che hanno deciso di fare un passo indietro prima di arrivare allo scontro frontale come i loro predecessori. Una scelta ‘consigliata’ non solo dalla lettera decisa di Giampaoletti, mentre è ancora in corso l’istruttoria della Ragioneria sui crediti in ballo tra le parti, ma anche dalla nota di sabato del Campidoglio in cui si diceva chiaramente che “Roma Capitale non approverà mai un bilancio di Ama spa che sia redatto in maniera non corretta e contenga valutazioni di trattamento contabile già in precedenza non avallate dal Comune“. Finisce così l’avventura anche del sesto gruppo di amministratori di Ama in poco più di tre anni dopo gli amministratori unici Daniele Fortini, Alessandro Solidoro, Antonella Giglio e Massimo Bagatti e il cda guidato da Lorenzo Bagnacani. Avanti il prossimo, magari ancora una volta persona interna ad Ama, per la missione impossibile di mediare tra due posizioni opposte su questi 18 milioni, di cui il bilancio dell’azienda è ostaggio da due anni: quella del Comune e quella del revisore dei conti. Chi cambierà parere molto probabilmente finirà per risponderne all’Autorità giudiziaria, Corte dei Conti in primis. Perché nel frattempo che la battaglia infuria i danni per Ama si sono già consumati. (Marco Tribuzi – www.dire.it)