Calenda lancia il suo movimento: “Azione”

"Nessuna maledizione ci condanna a dover scegliere tra i disastri dei populisti e quelli dei sovranisti", commenta, invitando ad iscriversi

ROMA – “Ora basta! L’Italia e’ piu’ forte di chi la vuole debole. Entra in Azione, leggi il manifesto e iscriviti“. Così Carlo Calenda su twitter e facebook lancia il suo nuovo movimento. “AZIONE è il luogo di mobilitazione dell’Italia che lavora, produce, studia e fatica. L’Italia stanca degli scontri inconcludenti tra tifoserie e degli slogan privi di contenuti”, si legge sul sito azione.it dove ci si puo’ iscrivere al movimento. E ancora, spiega Calenda in un video pubblicato sul sito: “Nessuna maledizione ci condanna a dover scegliere tra i disastri dei populisti e quelli dei sovranisti”

“Siamo diventati una nazione profondamente ingiusta: con i giovani, con le donne, con le persone bisognose di assistenza, con chi vive al Sud, con chi vuole svolgere la sua attività libero da eccessivi impedimenti burocratici. Molte di queste ingiustizie derivano dall’incapacità dello Stato di svolgere efficacemente la sua azione, altre dal malcostume alimentato da troppi pessimi esempi. L’Italia non è in sicurezza. Non lo è a causa dell’alto debito, dello sperpero di denaro pubblico, dell’incompetenza e della mancanza di consapevolezza e responsabilità. E non è solo colpa della politica. I nostri rappresentanti ce li scegliamo. Nessuno di noi assumerebbe uno degli attuali leader politici per gestire la sua attività. Eppure gli affidiamo lo Stato, perché non lo sentiamo nostro fino in fondo”.

“AZIONE non è un nome casuale o scelto per ragioni di marketing– aggiunge-. Le nostre radici culturali e politiche sono quelle del liberalismo sociale e del popolarismo di Sturzo. La necessità di sintesi tra queste grandi culture è oggi ancora più evidente. I mali che affliggono l’Italia e l’Occidente sono le fratture tra progresso e società, tecnica e uomo, libertà e conoscenza, crescita e sostenibilità, mercato e giustizia sociale. Fratture che non si ricompongono fermando il progresso o limitando la libertà, ma investendo sulla conoscenza e sulla società, restituendo un ‘senso’ e una direzione all’azione dell’uomo e un ruolo preciso allo Stato nell’accompagnamento delle trasformazioni”.

Per Calenda “lo Stato va prima di tutto rafforzato nelle sue funzioni fondamentali: Scuola, Sanità e Sicurezza-Giustizia dove l’Italia investe oggi molto meno degli altri Paesi europei. Tempo pieno in tutte le scuole, avvio dei giovani alla lettura, alle lingue e allo sport, assunzione di medici e infermieri, assistenza gli anziani e ai malati, presidio del territorio e intransigente rispetto della legalità senza sconfinare nel giustizialismo: queste sono le priorità immediate. Dobbiamo essere consapevoli che un Paese con un tasso di analfabetismo funzionale doppio rispetto agli altri Paesi avanzati, e dove un giovane su due non legge un libro, prepara una generazione perduta. La scuola non è un bacino occupazionale ma il presidio democratico, culturale e civile per formare e liberare gli uomini ed educarli al rispetto dello Stato e della comunità. Uno Stato forte non è quello che nazionalizza le imprese, ma quello che istruisce i cittadini e li prepara ad affrontare le sfide di una società libera e di un’economia fondata sulla concorrenza e sulla sostenibilità”.

Inoltre, dice ancora, “uno Stato forte è capace di sedersi con autorevolezza, e senza complessi di inferiorità – nascosti dietro inutili diktat – con i partner europei per costruire un’Unione Europea sempre più stretta. L’Europa oggi non funziona perché è l’Europa delle nazioni e non quella delle istituzioni comuni. La costruzione dell’Europa federale e il rafforzamento del rapporto con le grandi democrazie occidentali, devono ridiventare i due punti cardinali della politica estera italiana. La politica economica di AZIONE sarà fondata su tre pilastri: investire, proteggere e liberare. Investire per affrontare le trasformazioni digitali e ambientali giocando in attacco; proteggere quando le distorsioni del mercato e la velocità delle trasformazioni danneggiano i lavoratori e i cittadini; liberare ciascun individuo dal bisogno contingente, dall’ignoranza e da vincoli inutili, perché possa realizzare tutto il proprio potenziale. L’urgente e necessaria rivoluzione ambientale va trattata seriamente. Trasformare l’economia e la società da un modello di sviluppo fondato sul consumo a uno basato sulla sostenibilità e la dignità della persona, è una straordinaria sfida per una nuova stagione di crescita, non la scusa per imboccare la strada della ‘decrescita (in)felice’”.

Secondo l’ex ministro “l’Italia può contare su molti punti di forza culturali, sociali ed economici. Per liberarne le energie serve una classe dirigente capace innanzitutto di gestire la cosa pubblica. Il nostro dibattito politico è concentrato su riforme che non riformano e rivoluzioni che non arrivano, mentre il ‘buongoverno’ rimane da 50 anni la priorità disattesa di questo Paese. La classe dirigente di cui abbiamo bisogno è formata da persone che si sono misurate con il cambiamento dando prova di competenza, serietà e coerenza. L’incoerenza e il trasformismo non rappresentano le virtù degli statisti ma il salvagente degli sconfitti. La politica si fonda sulla parola. E se la parola non ha valore, la politica non ha valore. Senza la coerenza viene meno la fiducia che consente a un Governo di implementare un programma di lungo respiro. Se non ci fidiamo della politica, chiediamo piccole prebende oggi piuttosto che grandi iniziative per il domani. Questa spirale va spezzata”. E conclude: “Pochi credono che sia possibile per un nuovo movimento politico affermarsi e diventare decisivo. Il cinismo è diventato un tratto distintivo del dibattito pubblico italiano. Eppure oggi il voto è sempre meno convinto e sempre più spesso motivato solo dall’odio verso gli avversari. Questo clima è alimentato dai partiti perché rappresenta l’unico modo in cui fallimenti, giravolte e alleanze altrimenti incomprensibili, possono trovare giustificazione”.

IL LANCIO DI AZIONE ALLA STAMPA ESTERA

“Nessuno affiderebbe un bar o un’edicola a Di Maio o Salvini, però gli affidiamo il governo, perché non pensiamo che lo stato sia nostro. Noi non promettiamo rivoluzioni come i Cinque stelle né di riformare tutto il globo terracqueo. Vogliamo gestire lo Stato, vogliamo offrire il buon governo”, dice Carlo Calenda, al lancio del suo movimento, Azione, alla stampa estera.

Al Sud i ragazzi devono fare il tempo pieno, devono andare a scuola fino alle 16.30, che alle famiglie piaccia o meno. Perché lì impareranno a leggere, a essere cittadini e a fare sport. È la ricetta politica di Carlo Calenda per risollevare il Meridione, la priorità per recuperare parte del gap col resto d’Italia. “Io- dice alla presentazione di Azione- non voglio vivere in un Paese dove il 70% dei ragazzi ha la Playstation e il 70% dei ragazzi al sud non legge un libro all’anno“.

Per Calenda “il sud non può essere figlio di un dio minore, dobbiamo investire a partire dalla scuola. Dobbiamo investire sul tempo pieno: al sud i ragazzi devono stare a scuola fino alle 16.30, dove lo Stato li tiene accuditi a fare sport, lettura e educazione civica. Non lo abbiamo mai fatto perché al sud le famiglie non vogliono che i ragazzi vadano a scuola il pomeriggio, non me ne frega niente, ci devono andare“.

(Vittorio Di Mambro Rossetti – www.dire.it)
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