Furono i Babilonesi circa 4000 anni fa a festeggiare per primi il capodanno. Intorno all’anno 2000 a.C., l’anno babilonese iniziava in corrispondenza della prima Luna Nuova dopo l’equinozio di primavera. L’inizio della primavera era un periodo logico per associarvi l’inizio dell’anno: è la stagione della rinascita, della nuova semina, della fioritura…
Per i babilonesi, il nuovo anno cominciava con la rinascita della Terra, cioè con la primavera. Ma allora come si è arrivati a festeggiare il Capodanno in inverno inoltrato, il primo di Gennaio?
Gli antichi Romani continuarono a celebrare l’anno nuovo nel tardo marzo, ma il loro calendario era continuamente ‘manomesso’ dai vari imperatori; si scelse quindi di ’sincronizzarlo’ con il sole. Fu Giulio Cesare, nel 46 a.C., a creare quello che ancora oggi è conosciuto come il ‘calendario Giuliano’, che stabiliva che l’anno nuovo iniziava il primo gennaio.
Il primo di gennaio i Romani usavano invitare a pranzo gli amici e scambiarsi il dono di un vaso bianco con miele, datteri e fichi, il tutto accompagnato da ramoscelli d’alloro, detti strenne come augurio di fortuna e felicità. Il nome strenna derivava dal fatto che i rami venivano staccati da un boschetto della via sacra ad una dea di origine sabina: Strenia, che aveva uno spazio verde a lei dedicato sul Monte Velia. La dea era apportatrice di fortuna e felicità; il termine latino strena, presagio fortunato, deriva probabilmente proprio dalla dea.
Nel Medioevo molti paesi europei usavano il Calendario Giuliano, ma vi era un’ampia varietà di date che indicavano il momento iniziale dell’anno. Tra queste per esempio il 1 marzo (capodanno nella Roma repubblicana), 25 marzo (Annunciazione del Signore) o il 25 dicembre (Natale). Solo con l’adozione universale del calendario gregoriano (dal nome di papa Gregorio XIII, che lo ideò nel 1582), la data del 1 gennaio come inizio dell’anno divenne infine comune.
Per salutare l’anno vecchio che se ne va e per festeggiare 12 nuovi mesi che arrivano, ci sono tante riti, alcuni recenti, altri che si perdono nella notte dei tempi. Speranza, fortuna, abbondanza, amore, serenità… Piccoli gesti, cibi particolari o riti scaramantici che strizzano l’occhio alla fortuna.
La tradizione italiana prevede una serie di rituali scaramantici per Capodanno: come quello di vestire biancheria intima di colore rosso. Oppure di gettare dalla finestra oggetti vecchi o inutilizzati, usanza quest’ultima, che pian piano è stata quasi totalmente abbandonata.
Le lenticchie vengono mangiate a cena il 31 dicembre come auspicio di ricchezza per l’anno nuovo. Quanto ai botti, considerati manifestazione di gioia “esplosiva” per l’avvento del nuovo anno, un tempo invece avevano il preciso intento di scacciare gli spiriti maligni.
Non possono poi mancare sulla tavola le melagrane, il cui trionfo di chicchi è stato narrato da leggende in tutto il mondo e in tutte le letterature: come nel mito di Proserpina, che venne legata indissolubilmente a sé dal dio dell’Ade Plutone dopo aver addentato una melagrana: da allora simboleggia la fedeltà coniugale.
Un’altra pianta ritenuta beneaugurale è il vischio che secondo la tradizione dona prolificità sia materiale che spirituale. Sacro ai popoli antichi, i Druidi lo usavano nei sacri cerimoniali e nelle celebrazioni di purificazione, mentre i Celti ritenevano che quest’arboscello nascesse dove era scesa una folgore e che una bevanda particolare composta di questa pianta fosse un potente elisir contro la sterilità.