“Pretendiamo che i media della nostra società civile, detentori di un grande potere in grado di influenzare gli
ascoltatori, regolino il loro linguaggio ed il messaggio che ne viene veicolato. Ed il messaggio che ci aspettiamo non è certo quello di ritagliare l’immagine di una donna in veste subordinata a quella dell’uomo.La cosa peggiore è che tutte le volte che proviamo a scuotere una coscienza e pretendere che si rifletta sulla gravità della questione, ci si appella al “fraintendimento” ed all’idea che, tutto sommato, non è poi così grave relegare l’identità di una donna dentro le categorie di maschilismo, sudditanza o cosificazione, perché il disvalore degli stereotipi è talmente fitto e radicato tra le maglie della nostra sub-cultura da essere considerato normale, comune.
Riordinare il linguaggio significa utilizzarlo con responsabilità valoriale, significa rispettare e riscattare la
donna e la sua “libertà d’essere” fuori dai soliti cliché. Il linguaggio è espressione del pensiero, consegnandolo ad un processo di visibilità, permette alle idee che vivono in noi di manifestarsi, esplicitarsi, rendersi tangibili.
Se nella espressione del linguaggio assistiamo, ancora adesso, alla manifestazione di categorie
preconfezionate, quale dimensione della nostra cultura si sta manifestando se non quella discriminante?
Le idee ci possiedono, le parole ne sono portavoce. Abbiamo il dovere di riscattarle e di viverle con
responsabilità valoriale.
Che sia un uomo, a fare un passo indietro, se non all’altezza di manifestare il rispetto ed il riconoscimento
che una donna merita”.
Dott.ssa Vincenza Bifera
Centro Antiviolenza Galatea