Siamo in piena emergenza, l’Italia ed il mondo sono in casa e quindi le persone sottoposte ad una miriade di informazioni che oltre ad allarmare disorientano un po’ tutti… come rapportarsi con questo fenomeno delle fake news?
La domanda che mi pone è estremamente importante e merita la massima considerazione. Le cosiddette fake news, ovvero false notizie, si diffondono con grande rapidità attraverso i mezzi di comunicazione di massa, facendo leva sul sentimento della paura e della diffidenza. La loro divulgazione normalmente ha il grande demerito di favorire una sottocultura antiscientifica che contravviene ai requisiti della verificabilità, e non solo. Ma in un momento come quello che stiamo vivendo arrivo a definirla addirittura pericolosa, rischia di compromettere il buon esito delle misure messe in campo per il contenimento del Covid19. Non è il momento di dare spazio a fantasiose teorie di finti esperti che azzardano, non solo spiegazioni sulle origini di questa pandemia, ma anche consigli su terapie e comportamenti da adottare. L’invito è quello di non fare da cassa di risonanza, magari pubblicandoli sui propri profili social, a comunicati o articoli che non vengano da fonti scientificamente qualificate o meglio ancora istituzionali.
Dottoressa, ritiene che nel complesso, salvo eccezioni, la risposta collaborativa sia soddisfacente?
Gran parte della popolazione sta dimostrando un grande senso di responsabilità e spirito di adattamento a una condizione oggettivamente difficile, tuttavia il meccanismo di diffusione del virus che ci troviamo a combattere fa sì che questo non basti: anche una minima parte dei cittadini che non rispetti le regole indicate dalle istituzioni rappresenta un rischio per l’intera collettività. Non è il momento questo di lasciarsi andare a comportamenti superficiali e sconsiderati. Si può cadere facilmente nell’errore di pensare che le scelte del singolo individuo non abbiano ripercussioni così importanti sulla diffusione della malattia. Errore gravissimo. Il meccanismo di diffusione del virus è di tipo esponenziale perché è un virus per noi del tutto nuovo e non trova individui immunizzati che possano fermare la trasmissione. Detto con i numeri, l’andamento è il seguente 1, 2, 4, 8, 32, 64, 128, 256, 512, 1024 … Come potete vedere, partendo da un solo individuo infetto siamo arrivati a 1024 in pochissimi passaggi. Si tratta di un virus che presenta fortunatamente un indice di mortalità basso, ma proprio per questo insidioso dal punto di vista della diffusione. La presenza di molti individui asintomatici rende assolutamente necessario il ricorso al distanziamento sociale esteso a tutta la popolazione.
Il rispetto delle misure restrittive, il rigore di questo periodo, può consentirci di uscire da quello che potremmo definire un improvviso incubo storico?
Assolutamente sì. L’applicazione delle misure adottate ha lo scopo di rallentare, là dove non fosse possibile arrestare, la diffusione del contagio, permettendo alle strutture sanitarie di affrontare nel migliore dei modi questa terribile emergenza. Dobbiamo però non perdere di vista l’obiettivo, tornare al più presto alla normalità. Più forte e convinta sarà la collaborazione di tutti i cittadini, migliore sarà l’esito di questa difficile vicenda.
Secondo lei si poteva fare qualcosa prima per contenere ancor più la diffusione dei contagi?
Purtroppo questo è difficile dirlo. Sicuramente l’Italia ha preso coscienza prima degli altri paesi europei della gravità della situazione, mettendo in atto l’unica strategia possibile per contenere la diffusione del virus. Naturalmente non possiamo pensare di poter raggiungere la stessa intensità di misure dei paesi dove vige un sistema di governo diverso dal nostro, come la Cina. Siamo un sistema democratico e proprio per questo dobbiamo poter contare sulla coscienza civica e sul senso di responsabilità dei cittadini. La modalità con cui i primi contagi sono entrati nel nostro paese (non direttamente dalla Cina) e anche il grande flusso di persone che si sposta quotidianamente, sicuramente ha reso più complicato arginare la diffusione del virus.
Oltre alle regole delle distanze interpersonali e gli altri consigli…in un’altra intervista ci aveva parlato delle mascherine? Come si evolve questa situazione? Può dirci qualcosa sul contagio da superfici e quindi l’utilizzo dei guanti?
La distanza interpersonale e il lavaggio delle mani restano sicuramente precauzione sufficienti per chi non sia esposto a fonti infettive dirette. Naturalmente l’utilizzo dei guanti e delle mascherine, se fatto con la giusta consapevolezza non possono che aiutare. A tale riguardo è bene tenere presente che i guanti non rappresentano un vero vantaggio se utilizzati in modo inadeguato, devono essere considerati veicolo di trasmissione esattamente come le mani. Riguardo l’uso delle mascherine, nel tentativo di fare chiarezza, riporto uno stralcio di un documento ufficiale (Agenzia Formativa Accreditata Regione Piemonte):
FFP3 (con valvola di esalazione) Ospedali; Reparti Terapia Intensiva […]
FFP2 (con valvola di esalazione) Soccorritori […]
FFP2 (senza valvola) Forze dell’Ordine solo in caso di emergenza ed ausilio a Soccorritori […]; medici di famiglia e guardie mediche (i medici potranno abbinare la mascherina chirurgica sopra alla mascherina FFP2 con valvola per limitare la diffusione della loro esalazione dalla stessa).
MASCHERINE CHIRURGICHE O FATTE IN CASA: tutta la popolazione circolante; tutte le persone che lavorano; le stesse Forze dell’Ordine; gli uffici aperti al pubblico; gli addetti alla vendita di alimenti, in ogni caso, tutte le persone o lavoratori in circolazione.
È importante sapere che dalla valvola della mascherina fuoriescono le proprie esalazioni quindi sono assolutamente sconsigliate per la popolazione, ci contamineremmo uno con l’altro. Sono sconsigliate anche per le Forze dell’Ordine che sono costrette ad un contatto ravvicinato tra colleghi, per tutti i reparti di alimentari o banchi del fresco e uffici aperti al pubblico.
La ricerca starà lavorando spasmodicamente su come contrastare il Covid19, numerose le Università Italiane che sono impegnate a tutto campo? Cosa può dirci a riguardo?
Certamente le Università, ma soprattutto gli ospedali del nostro sistema sanitario stanno applicando tutte le misure di supporto ai pazienti critici e sono coinvolti nella sperimentazione di farmaci per i quali nutriamo la fondata speranza che combattano il virus o riducano i danni che questo produce, soprattutto a carico del polmone, principale organo bersaglio in questa patologia. La sperimentazione procede veloce e si può ragionevolmente pensare che presto saranno prodotte evidenze scientifiche in grado di migliorare l’efficacia delle terapie.
L’ultima domanda è forte, nessuno ha la sfera di cristallo, ma proseguendo così fino a dopo Pasqua pensa si possa uscire, anche se gradualmente da questa situazione di reclusione domestica?
Ovviamente rispondere a questa domanda al momento risulta impossibile e chiunque lo facesse rischierebbe di affermare delle inesattezze, tuttavia si potrebbe immaginare uno scenario in cui le misure di contenimento messe in campo comincino a dare presto i primi segnali positivi, e pian piano si possa tornare alla normalità. Una previsione sui tempi risulta comunque molto difficile. Ribadisco il concetto che il nostro comportamento sarà determinante anche in questo.