Karol Wojtyla nasce a Wadowice, a 50 km da Cracovia, in Polonia, il 18 maggio 1920, ultimo di tre figli. Sua madre muore presto e a dodici anni perde anche suo fratello maggiore Edmond. Frequenta le scuole del paese e intanto partecipa alle prime recite teatrali: è così che scopre la sua passione per quest’arte. Nel 1938 si trasferisce con il padre a Cracovia dove si iscrive all’Università Jagellonica e contemporaneamente frequenta un circolo teatrale fondato da Tadeusz Kudlinki, e inizia lo studio delle lingue. Karol è un giovane intelligente, appassionato, amante dell’arte e della cultura, e molto devoto. Nel 1939 scoppia la guerra: l’università viene chiusa e Karol trova lavoro come fattorino, poi come manovale continuando privatamente gli studi. Nel 1942 viene trasferito dalla cava alla fabbrica di Solvey. La fede è forte e inizia a frequentare corsi clandestini alla facoltà di teologia come seminarista all’arcidiocesi di Cracovia, e intanto continua l’attività teatrale. Verrà ordinato sacerdote nel 1946.
Viene eletto vescovo ausiliare di Cracovia nel 1958 e arcivescovo della città nel 1963. Sono gli anni del regime comunista nei paesi dell’Est europeo, e la Santa Sede è impegnata a fronteggiare questo delicato periodo storico fatto di sofferenza, persecuzioni e fino al martirio per i popoli oppressi. Se il papa Pio XII aveva rifiutato ogni compromesso con le democrazie popolari mettendo in campo una vera e propria crociata anticomunista, diverso fu l’atteggiamento del suo successore Giovanni XXIII, aperto ad un sincero confronto con Mosca a favore della pace, riaprendo anche il dialogo con la Chiesa ortodossa. Giovanni XXIII aveva aperto un varco nei confronti dei paesi comunisti, e sarebbe toccato al successore Paolo VI proseguire su questa strada, riuscendo a far alleggerire la pressione governativa sulle comunità cattoliche.
Papa Wojtyla fu testimone costante della fede e della bellezza della vita, ma fu anche capace di lottare contro le ingiustizie sociali e politiche del mondo. Quando fu eletto papa, i Paesi dell’Est capirono subito l’immensa portata destabilizzante di un papa polacco. Un papa dell’Est rappresentava infatti un’intima saldatura fra le tensioni di un Paese del blocco comunista con l’universo della Chiesa. Grazie a Karol Wojtyla il mondo cattolico si era rivelato un’arma di resistenza ai regimi comunisti. Il viaggio del papa nel 1979 in Polonia segnò un cambiamento fatale per il regime. Nel 1980 nacque Solidarnosc, un movimento sindacale cattolico che ebbe in quegli anni un ruolo fondamentale per il crollo del regime sovietico. Il papa polacco accelerò così la crisi di uno dei baluardi del blocco comunista.
L’attentato però non fu l’unica occasione in cui il papa rischiò di perdere la vita. Ci fu il tumore all’ intestino, che superò, e il morbo di Parkinson che lo accompagnò per tutta la vita ma non limitò – anzi, avvalorò ulteriormente – la sua straordinaria testimonianza di fede. E anche i suoi numerosi viaggi apostolici nel mondo. Il pontificato di Giovanni Paolo II ha fatto della Chiesa cattolica un’istituzione di carattere mondiale, e i suoi viaggi un’occasione di conoscenza e di comprensione delle culture e religioni lontane per tutto il mondo. Questa grande attività di contatto (anche con le generazioni più giovani, con la creazione della Giornata mondiale della gioventù) fu da molti interpretata come segno di una seria intenzione di costruire un ponte di relazioni tra nazioni e religioni diverse, nel segno dell’ecumenismo, che fu uno dei punti fermi del suo papato.
Papa Wojtyla ha aperto un varco alla modernità come mai prima di allora, per una conversione sincera verso tutti gli aspetti più attuali della società in cammino verso il nuovo millennio. Il Giubileo del 2000 è stato certamente uno dei momenti più importanti del suo pontificato, l’occasione per la Chiesa di proporre una conversione generale che avrebbe coinvolto tutti, anche i non cristiani, ma a partire dall’istituzione ecclesiastica. Nella lettera apostolica “Tertio Millennio Adveniente” (1994) il papa chiese perdono per tutti gli errori commessi dalla Chiesa nel millennio uscente (a partire dall’Inquisizione), assumendosi così il ruolo di coscienza critica della cultura occidentale, dal momento che la Chiesa è la più antica istituzione in piedi da oltre 2000 anni.
L’eredità di papa Giovanni Paolo II è enorme. Tante sono state le sue battaglie da lui portate avanti e tanta la fede e la speranza profuse in ogni suo gesto e in ogni sua parola. È stato un punto di riferimento sui grandi confronti etici, come il tema della pace. Pensiamo all’America Latina, alla guerra nei Balcani e poi alla guerra del Golfo. Oppure pensiamo alla condanna fatta ad Agrigento davanti al fenomeno della mafia. Una questione che toccava non solo il territorio italiano, ma il mondo intero. Un’altra grande battaglia è stata quella sulla vita. Il papa non ha mai rifiutato il confronto con i temi caldi dell’attualità: la vita nascente, la morte naturale o la sperimentazione delle cellule umane.
Sin dal giorno del suo funerale il popolo gridava “Santo subito”. La devozione popolare e molti miracoli riconosciuti dalla Chiesa e riconducibili all’intercessione di papa Wojtyla accelerarono il processo di beatificazione, che avvenne il 1 maggio 2011. Non accadeva da circa un millennio che un papa proclamasse beato il proprio immediato predecessore. Di lì a pochi anni arrivò anche la canonizzazione il 27 aprile 2014, insieme a papa Giovanni XXIII, proclamati santi da papa Francesco.