Un veloce riepilogo. Il 10 Marzo 2020 l’Italia entra in lockdown a causa del dilagare dell’epidemia di COVID19, sarà seguita a ruota da praticamente tutti gli stati europei e con provvedimenti più o meno severi dal resto del mondo. L’aggregazione non è più possibile e tutte quelle attività che si basano su di essa restano sospese in un limbo di incertezza e problematiche legali.
Già nella prima settimana si cominciano ad annunciare i primi timori, le proposte e i possibili sviluppi: Cosa succederà alla ristorazione, ai teatri, ai lidi, alle discoteche, potranno ancora esistere i cinema? Nello strapotere dilagante delle piattaforme di streaming e delle possibilità digitali per la fruizione dei contenuti video, l’unico baluardo inattaccabile ancora nelle mani del cinema era la socialità, la sua intrinseca necessità di essere condivisione nella visione (che si tratti di lanciare pop-corn o improvvisarsi critici all’uscita). Tolta questa come può il cinema sopravvivere si chiedevano gli affezionati del biglietto cartaceo, dovremo alla fine cedere anche noi al binge-watching netflixiano?
Zumando sui particolari del caso ci si rende conto che con le sale vuote siamo solo alla punta dell’iceberg, tutta la filiera del cinema è un susseguirsi di assembramenti: dall’allestimento del set alle riprese, dalle proiezioni del premontaggio alle conferenze stampa. Tutto si blocca improvvisamente sotto il fuoco incrociato della pandemia e per diverse settimane l’industria d’intrattenimento più remunerativa al mondo va in negativo con perdite stimate intorno ai 12 miliardi di dollari.
Lunedì 15 giugno, riaprono i cinema, si rispetterà la distanza, saranno tenute le giuste precauzioni, i telegiornali ne parlano con entusiasmo ma poi non succede quasi nulla. Le poche sale che riescono ad aprire (soltanto una su 10) rimangono semi vuote, l’industria è ferma da più di un mese e i film scarseggiano, tutta la promozione è stata indirizzata da settimane a promuovere le esclusive pay-per-view online e l’uomo della strada rinuncia per paura del contagio. Il risultato è un box office che paradossalmente in assenza di grandi produzioni lascia finalmente spazio al cinema d’autore ma matura incassi così disastrosi da essere senza precedenti: nella prima settimana guida la classifica I Miserabili, il film francese candidato agli oscar e alla palma d’oro, che chiude con un miserabile [sic] 24.897 euro di incassi.
Come sempre quando ci troviamo sull’orlo del baratro la speranza spalanca le sue ali dall’America e nonostante la Dreamworks batta in ritirata distribuendo il suo nuovo Trolls direttamente online, l’universo Disney comunica le date di uscita delle sue nuove produzioni: Wonder Woman 1984 e Black Widow della Marvel, il remake live action di Mulan, il quinto Indiana Jones e Onward, l’atteso ritorno della Pixar. Ma riuscirà la casa del vecchio Walt in un impeto di orgoglio a far davvero ripartire la macchina dei sogni?
L’unico modo realistico per salvare il baraccone dell’industria sembra affidarsi all’arrivo di un grande blockbuster: un nuovo Titanic che metta d’accordo pubblico e critica, un film che aspiri ad entrare nella mentalità popolare come capolavoro preannunciato e quindi necessariamente degno di visione su schermo gigante.
C’è qualcuno che è stato capace di far incontrare batman e gli oscar ancora prima che la Marvel fiutasse l’affare, un uomo ormai capace di alzare un polverone mediatico per una banale dichiarazione che la Hathaway ha fatto sull’utilizzo delle sedie nei suoi set, quell’uomo si chiama Christopher Nolan. Da sempre integrato nel sistema Hollywoodiano e benvoluto dal pubblico, con abbastanza personalità artistica da dare un piglio omogeneo alla sue opere e strizzare l’occhio della critica ortodossa, non ha avuto bisogno di alzare la mano per essere additato da tutti già da mesi come il salvatore del cinema.
E il suo coup de theatre si chiama Tenet, che già dal trailer sembra capace di condensare tutte le caratteristiche salienti del suo cinema in un solo film: il tempo inteso come dimensione alterabile, le conseguenze etiche derivanti da ciò, le possibilità che la narrativa offre nel rappresentare questi sfasamenti temporali.
Nel miglior stile Hollywoodiano la sfida finale tra cinema e pandemia avverrà in una data precisa: 31 luglio 2020 (qualche giorno dopo per noi del vecchio continente). Tenet si giocherà il tutto per tutto nel provare a ripopolare le sale nel rispetto del distanziamento sociale e far in modo che la ritualità cinematografica almeno per qualche ora riconquisti lo spazio che la paura del contagio gli aveva sottratto.
Se la scommessa sarà vinta ci avvieremo probabilmente verso un processo di graduale ripopolamento delle sale e nel giro di un anno (secondo le stime dei tecnici) al ritorno ad una nuova normalità, altrimenti forse proprio il virus sarà ricordato come la tomba del cinema, vecchio dinosauro mediatico nell’epoca dell’individualismo digitale, sopraffatto dalle sale virtuali, da simulwatch, dai netflix party. E il cinema diventerà allora una nostalgia collettiva, una nuova forma di archeologia.