è, quindi, quanto mai ingiustificata la scelta del Governo di non rinviare le scadenze fiscali al 30 settembre 2020, come richiesto dai Commercialisti italiani. Il Comitato Unitario delle Professioni e la Rete delle Professioni Tecniche scelgono così di fare quadrato intorno all’esigenza di far prendere fiato all’economia di un Paese in cui molte attività commerciali ancora non hanno potuto riaprire. Appoggiando la protesta del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti.
Il rinvio delle scadenze fiscali è solo l’ultima proposta delle professioni italiane non accolte dal Governo, nonostante le aperture registrate dallo stesso Esecutivo durante gli Stati Generali dell’economia. Prima c’erano state le diverse richieste dei Consulenti del Lavoro di semplificare gli ammortizzatori sociali a favore di una modalità più coerente con le esigenze delle imprese in uno dei momenti più difficili per il mercato del lavoro italiano. Ma anche la proposta di non escludere, come fatto, gli iscritti agli ordini dai contributi a fondo perduto e la sottolineatura del mancato ampliamento delle funzioni sussidiarie degli ordini. Due sollecitazioni, queste ultime, arrivate al premier Giuseppe Conte, facendo leva sulla legge 81/2017 (il c.d. Jobs act degli Autonomi) che ha stabilito a livello normativo, nel primo caso, l’equiparazione fra i professionisti e le imprese italiane e previsto, nel secondo caso, una delega ben precisa ma mai esercitata dai Governi precedenti. “L’ormai prossima scadenza delle tutele messe in campo dal Governo in assenza di una vera ripartenza dell’economia, frenata dalle preoccupazioni legate ad una nuova pandemia autunnale, rischia di far scoppiare un’emergenza sociale” sottolineano Marina Calderone, Presidente del Comitato Unitario delle Professioni, e Armando Zambrano, Coordinatore della Rete delle Professioni tecniche. “Per scongiurarla”, continuano, “i professionisti, che con senso di responsabilità stanno assistendo imprese, lavoratori e famiglie nella gestione e nell’attuazione delle misure messe in campo dal Governo, ancora una volta sollecitano l’Esecutivo ad ascoltare chi conosce bene il tessuto produttivo del Paese, le sue difficoltà e ha le idee per
favorire le vere semplificazioni”.
Ma cerchiamo di capire chi e come si può ricorrere alla “causa di forza maggiore” di cui si parla molto in questi giorni. Per casi specifici dunque si possono evitare le sanzioni ed interessi in futuro.
“I contribuenti che non riuscissero a pagare le tasse nei termini previsti – spiega lo studio Flexad di Roma – potranno invocare questa agevolazione ai sensi della Dlgs 472/97. Va parimenti chiarito che il concetto di forza maggiore disciplinato dall’ordinamento sanzionatorio amministrativo per le violazioni di natura tributaria (decreto legislativo 472/1997) può essere accostato a quello stabilito dall’articolo 45 del Codice penale (che opera, a nostro avviso, in una sorta di “anticamera” di dolo e colpa), secondo il quale non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore.
Il principio di forza maggiore tributario-amministrativo può anche essere affiancato alla nozione civilistica di inadempimento dell’obbligazione da parte del debitore per «impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. In questi casi, ove ne sussistano dunque i presupposti le tasse potranno essere pagate in ritardo escludendo le sanzioni ed i relativi interessi.
Ovviamente non si può generalizzare ed è bene vagliare ogni singola situazione. ”