È evidente che, da questo contesto, Garibaldi – sulla cui figura Capalbo (ma non è il solo tra gli storici) nutre molti e pesanti dubbi – viene radicalmente ridimensionata. Più che come “l’Eroe dei Due Mondi” appare come un astuto pirata che approfittando della situazione contingente è riuscito – auspice una ben condotta propaganda anglosassone – ad accreditarsi come un liberatore e non come l’invasore di uno Stato sovrano straniero con cui il Regno di Piemonte e Sardegna aveva stipulato un Trattato di Alleanza. Non c’è dubbio alcuno che – secondo le regole internazionali statuite dalla Società delle Nazioni prima e dall’ONU oggi – Garibaldi sarebbe considerato un pericoloso avventuriero su cui verrebbe spiccato un mandato di cattura internazionale. Ora – senza sposare in toto le tesi di Capalbo – che, per altro, non nega a Garibaldi il coraggio e la spregiudicatezza di un capo – è sacrosanto e doveroso un suo ridimensionamento storico. Se il suo mito era funzionale alla costruzione dell’ideologia del nuovo Stato Unitario, a distanza di più di centocinquanta anni, forse è venuto il momento di una più attenta ricostruzione storica: certo senza voler demonizzare o esorcizzare il passato. Sarebbe indispensabile, dunque, cercare di restituire la veridicità storica degli avvenimenti e di chi ne è stato l’attore primario.
Questo perché, notoriamente, la storia è fatta non solo di luci ma, anche, di ombre. Basta solo pensare che Garibaldi, da incallito positivista qual’era, desiderava deviare il corso del Tevere (lo cita Capalbo) e interrare l’alveo per farvi passare una ferrovia che sarebbe stata realizzata da una società inglese. Cosa questa che, d’altronde, non desta meraviglia se si riflette (e Capalbo non si sofferma su questo) che Giuseppe Garibaldi – Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia e Gran Jerofante dell’Antico e Primitivo Rito di Memphis e Misraim – non capiva assolutamente nulla di Esoterismo. Il che è abbastanza significativo. Ma Fatti e Misfatti si sofferma – con la medesima puntualità e acribia documentaria – su altri misteri italiani su cui si brancola, ancora, nel buio. Sotto la brillante e piacevolissima prosa di Capalbo prendono corpo i misfatti e le figure che hanno caratterizzato il Regno d’Italia, il Regime Fascista e la Repubblica in cui ancora ci troviamo a vivere e patire: Vaticano compreso. Ci si accorgerà, allora, come molte ovvietà o retoriche celebrative e ideologiche sono sempre state la coltre protettiva sotto cui sono state occultate connivenze trasversali, interessi personali (e di gruppo), indicibili alleanze e trame oscure. Completano questo pregevole lavoro cinque interessanti appendici che riguardano il Regno e la Repubblica, la Chiesa Cattolica, la Libera Muratoria Universale, le Organizzazioni di Intelligence e le Strutture lobbistiche. Chiaramente, con questo “intrigante” lavoro, Fausto Capalbo non vuole iscriversi nel lungo catalogo dei qualunquisti, dei professionisti del pettegolezzo politico e tantomeno degli intellettuali dalla gratuita (e facile) vis polemica e denigratoria. Al contrario, dalle sue pagine emerge un indiscutibile amore per questo paese le cui traversie, abilmente raccontate, non muovono il desiderio di abbandonare l’Italia quanto di comprenderne la realtà per cercare di operare – ove possibile – un miglioramento. Capalbo non vuole accreditarsi né come uno scrittore ingenuo e neppure come un moralista. Comprende sin troppo bene cosa significa la Ragion di Stato e come, talora, sia necessario disattendere le norme e le leggi in nome del bonum commune. Semplicemente, indica come questo bonum commune troppo spesso si è identificato con persone e gruppi di potere e non con il popolo italiano. E questo lo vuol segnalare senza mezzi termini, indicando così – ed è l’insegnamento di questo testo affascinante – come all’Italia sia, storicamente, mancata una classe politica capace di essere veramente tale. Ma se questo era il problema di ieri lo è, anche dell’oggi. (Claudio Bonvecchio)
Fausto Capalbo, Fatti & Misfatti. Intrighi-Segreti-Misteri, Michele Biallo Editore, l’Aquila, 2018, pp. 421, € 25.