Partendo da un campione di oltre 260 aziende italiane di diversi settori, di cui 62 sono state intervistate e 201 analizzate sulle dichiarazioni non finanziarie, emerge come il tessuto imprenditoriale stia aggiornando le proprie strategie in termini di sostenibilità in un periodo di forte trasformazione accelerata dell’emergenza Covid-19. Molte aziende stanno fissando obiettivi di riduzione del carbonio, compiendo progressi verso lo zero netto e rimuovendo le emissioni di gas serra dall’atmosfera. Tuttavia, è sempre più evidente che questi impegni attuali non sono sufficienti.
Quello che emerge è una maggiore sensibilità delle aziende, ma non ancora del tutto focalizzata: il 70% delle imprese ha previsto infatti un piano di sostenibilità corredato da obiettivi, ma nel 39% dei casi sono stati formalizzati dei target quantitativi e solo il 23% delle aziende analizzate ha definito le tempistiche del raggiungimento degli obiettivi.
Lo studio osserva un considerevole aumento della percentuale di aziende che fornisce una descrizione qualitativa e/o quantitativa del proprio piano di sostenibilità: 50%, ben 18 punti percentuali in più rispetto al 2018. Resta però ancora un’altra metà che non presenta alcun piano, o che si limita a fornire una breve descrizione su alcuni temi.
Un altro numero indicativo di ritardo strutturale è la percentuale di aziende con un piano associato agli obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dall’Onu: la quota è ferma al 17% negli ultimi tre anni.
Ma quale è al momento l’impatto della pandemia sui piani di sostenibilità?
Il 23% delle imprese non intravede scossoni pandemici per le attività previste nei piani di sostenibilità, mentre il 44% prevede il ridimensionamento delle iniziative nel breve periodo in alcuni ambiti e la progressiva ripresa a regime delle attività in cantiere.
Il 33% di aziende ritiene invece che la mutazione del contesto innescata dal Covid-19 fungerà da acceleratore per una transizione verso modelli maggiormente sostenibili, stimolando una modifica degli obiettivi di sostenibilità.
Il 59% dei Ceo e dei dirigenti C-suite di società europee ha dichiarato all’EY Long-Term Value and Corporate Governance Survey che la pandemia aveva messo a dura prova la loro capacità di concentrazione sulla crescita a lungo termine. Il 60% ha affermato che ha suscitato significative differenze di opinione all’interno dei team di leadership su come bilanciare le priorità a breve termine con gli investimenti a lungo termine.
L’impegno per il cambiamento climatico
I cambiamenti climatici costituiscono la tematica più sentita dalle aziende italiane all’interno dei piani di sostenibilità anche a seguito della crisi da Covid-19.
Gli stakeholder oggi cercano una leadership attiva che ponga la sostenibilità al di sopra del breve termine: una leadership inclusiva aiuta le aziende a raggiungere il loro purpose, a promuovere la crescita e a costruire valore a lungo termine – tutti elementi costitutivi di una crescita sostenibile.
Dallo studio EY si rileva che l’84% delle aziende intervistate dispone di un piano industriale che contiene azioni di mitigazione e/o di adattamento ai cambiamenti climatici. Per il 63% delle aziende partecipanti al sondaggio le attività di contrasto ai cambiamenti climatici continueranno senza particolari problemi o ridimensionamenti nonostante la pandemia.
Nonostante, dunque, l’impegno in materia sia in considerevole aumento, il numero di aziende che attualmente definisce target quantitativi di decarbonizzazione appare ancora limitato.
Solo l’8% delle aziende intervistate ha un piano strategico che prevede azioni e investimenti per il raggiungimento della neutralità climatica e un ulteriore 24% ha già intrapreso un percorso di decarbonizzazione sostenuto seppure non correlato a target quantitativi di neutralità climatica, mentre il 68% non considera la neutralità climatica all’interno dei piani industriali.
Il modello del futuro: l’economia circolare
L’economia circolare rappresenta un nuovo modello di business trasformativo in quanto separare la crescita economica dall’impiego di risorse naturali presuppone la capacità di superare la divisione tra settori industriali e comporta un ripensamento strategico dell’intera organizzazione.
In tale ambito, dall’indagine EY emerge che l’84% delle aziende intervistate ha avviato un processo strutturato con l’obiettivo di analizzare i propri processi operativi.
Mobilità, come si rende sostenibile
In relazione al tema della mobilità, gli spostamenti rappresentano una delle principali fonti di emissioni di anidride carbonica strettamente correlati alla qualità della vita e al benessere delle persone.
La possibilità di ricorrere a forme alternative di mobilità potrebbe agevolare comportamenti, abitudini e stili a vantaggio dell’ambiente e delle comunità. Dallo studio EY emerge che le aziende del Paese sono particolarmente attive nell’offerta di servizi e iniziative di mobilità per i propri dipendenti. In particolare, nel sondaggio viene evidenziato che tra l’87% delle aziende che ha sviluppato o previsto iniziative di mobilità per i lavoratori, il 63% ha attivato programmi di smart working, il 5% ha implementato programmi aziendali per il car sharing, mentre l’11% ha previsto delle agevolazioni per i mezzi pubblici. (Fonte: Assinews)