Ma non è il dato dell’Rt ad aver determinato questa decisione, perché come si chiarisce nella bozza del report si attesta a 0,99, come media dei due intervalli 0,93 e 1,03 che vengono presi in considerazione da Iss. Piuttosto è il rischio basato sul metodo di calcolo dei 21 parametri a determinare il valore alto in cui sono rientrate le tre Regioni in arancione e il Molise, con probabilità, in zona rossa.
L’Umbria resta a rischio alto, con un altro focolaio e zona a forte restrizioni individuata nella provincia di Terni. Anche l’Abruzzo si conferma a rischio alto – evidenzia l’analisi – mentre Campania, Calabria con rischio moderato; l’Emilia-Romagna resta a rischio moderato nonostante l’arancione rafforzato per il Comune di Bologna ed un’alta probabilità di progressione. Il Friuli Venezia-Giulia resta su un rischio moderato, il Lazio e la Liguria con rischio basso, così come la Puglia, la Sicilia. Toscana resta con rischio moderato ma con alta probabilità di progressione, la Provincia di Bolzano e la Provincia di Trento a rischio moderato ma anche quest’ultima con alta probabilità di progressione; rischio analogo ma senza tema di progressione nell’escalation dell’incidenza né dell’Rt, c’è poi il Veneto. Mentre la Val d’Aosta guadagna un rischio basso, assieme alla Sardegna.
In sintesi, diminuisce il numero delle regioni classificate a rischio moderato o basso, ed “alla luce dell’aumentata circolazione di alcune varianti virali a maggiore trasmissibilità e del chiaro trend in aumento dell’incidenza su tutto il territorio italiano – il report torna a ribadire – “sono necessarie ulteriori urgenti misure sul territorio nazionale e puntuali interventi di mitigazione/contenimento nelle aree a maggiore diffusione per evitare un rapido sovraccarico dei servizi sanitari”. Tra cui i ricoveri in area medica, che è bene ricordarlo, hanno raggiunto nelle Regioni a rischio alto il 40%, superando la soglia critica del 30%.