Il numero esatto di persone con malattie non diagnosticate non è ad oggi noto. Tuttavia, si sa che la gran parte dei pazienti ha meno di 16 anni. Spesso, dunque, si tratta di bambini o adolescenti, anche se in molti lavori vengono riportati casi di malattie diagnosticate solo in età adulta. Si stima che il 60% delle persone affette da una malattia rara attende in media 2 anni per ricevere una diagnosi dopo la comparsa dei primi sintomi di malattia e che il 40% di essi resta senza diagnosi. Questo può provocare le cosiddette “migrazioni sanitarie”: pazienti che tendono a spostarsi tra i diversi Centri di Riferimento per le MR presenti in Italia (DM 279/01) alla ricerca appunto di una diagnosi che sperano definitiva. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, anche a fronte di cartelle cliniche nelle quali vengono raccolte moltissime informazioni, fenotipiche e genetiche, l’attesa non viene ripagata dal risultato atteso.
A livello europeo, EURORDIS ha effettuato una survey evidenziando che il 25% dei pazienti colpiti da malattia rara può attendere per una diagnosi definitiva dai 5 ai 30 anni e che durante questo tempo il 40% di essi riceve almeno una diagnosi errata. Stessa evidenza anche in Australia, dove una survey condotta su pazienti adulti ha mostrato che il 30% di essi attende in media 5 o più anni prima di ricevere una diagnosi definitiva.
E’ ormai opinione condivisa tra medici e scienziati che l’unica strada percorribile, in questi casi, per tentare di ottenere una diagnosi è la condivisione a livello globale delle “poche” informazioni a disposizione. A tal proposito, nel 2014 all’Istituto Superiore di Sanità (ISS) un ristretto numero di ricercatori provenienti dagli Stati Uniti, Italia, Giappone, Canada, Austria, Australia, Bulgaria, Olanda, Ungheria fondavano il Network “Undiagnosed Rare Diseases Network International (UDNI)”. Obiettivo principale del Network è condividere informazioni, esperienze, protocolli, risultati degli studi, avvalendosi dell’expertise di medici e ricercatori (clinici e non, genetisti, statistici, bioinformatici, etc.) per dare finalmente un nome a malattie sconosciute. Al network hanno aderito in questi anni un numero via via crescente di Paesi da tutto il mondo, ad oggi se ne contano 32.
Molto importante è anche la partecipazione attiva nel Network delle associazioni di pazienti: se ne contano in totale 14 da diversi Paesi del mondo che aiutano nella capillare diffusione delle informazioni.
Il Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR) dell’ISS è co-fondatore del network; è membro del Management Board, impegnato a decidere e condividere le strategie da seguire e le varie iniziative da intraprendere. Partecipa, inoltre, alle attività di molti gruppi di lavoro all’interno del Network stesso ed è responsabile della gestione del sito web dedicato.
A livello nazionale, il CNMR dell’ISS dal 2016 coordina un Network nazionale basato sulla collaborazione di centri di riferimento italiani per le malattie rare, individuati attraverso la Rete Nazionale Malattie Rare (RNMR, DM 279/2001).
I centri facenti parte del Network sono ad oggi nove: Università di Ferrara; Università degli studi di Torino; Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Ranica – BG; Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”; Università degli Studi di L’Aquila; Centro di Coordinamento Regionale Malattie Rare, Udine; Unità Operativa Complessa di Genetica Medica presso IRCCS-Casa Sollievo della Sofferenza (San Giovanni Rotondo, Foggia); U.O.C Genetica Medica Azienda Ospedaliera Bianchi Melacrino Morelli Reggio Calabria; Università degli studi di Catania.
Gli obiettivi e le finalità del network nazionale sono del tutto sovrapponibili a quelle del network internazionale: identificare pazienti affetti da malattie rare non diagnosticate e migliorare la loro diagnosi attraverso lo studio del loro genoma e la messa in atto di studi funzionali.
I principali risultati ottenuti, descrivono un totale di 110 casi di persone con malattia rara senza diagnosi. Di questi 110 casi, 39 (35,4%) sono stati esclusi dalle analisi in quanto non rispondenti a degli specifici criteri di inclusione definiti da un comitato scientifico designato all’interno del progetto. Un totale di 71 casi clinici sono stati quindi ben caratterizzati nel database creato ad hoc all’ISS. Le analisi genomiche WES sono state effettuate su 13 casi (18,3%) portando in 2 casi alla identificazione di varianti causative di patologia, in 5 casi alla identificazione di nuovi geni/patologia (per i quali si stanno effettuando studi funzionali ad hoc); in 3 casi le analisi non si sono concluse a causa della paucità del materiale biologico da impiegare e 3 casi sono ad oggi ancora irrisolti. La maggior parte dei 71 casi collezionati appartiene alla famiglia di sindromi con disabilità intellettuali (34/71) e con anomalie congenite multiple (19/71).