ROMA – Grande lo sdegno per la scarcerazione di Giovanni Brusca, il cui passato criminale continua a riempire le pagine dei giornali e dei libri di storia contemporanea. Al di là del calibro mafioso e sanguinario dello stesso, della rabbia e del dolore per tutti ma, in particolar modo per chi quei giorni li ha vissuti in prima persona, e parliamo di orfani, vedove, familiari e colleghi delle centinaia di vittime causate dalle azioni di questo “signore“, resta il fatto che la condanna inflitta è stata espiata. Se oggi Brusca è libero, pagato e scortato da quello stesso Stato che lo ha condannato, lo dobbiamo a leggi specifiche emanate per contrastare il fenomeno mafioso e criminale nel nostro paese.
La prima legge a prevedere la concessione di sconti di pena, sebbene si applicasse solo a coloro che venivano giudicati terroristi, fu la n.15 del 6 febbraio 1980 con la quale si agevolata, tramite sconti di pena a chi forniva informazioni, la dissociazione degli aderenti ai gruppi terroristici.
Fu poi nel 1991, con la legge n.82 del 15 marzo, fortemente voluta dai giudici Antonino Scopelliti e Giovanni Falcone, che vebbe emanato il decreto legge 15 gennaio 1991 n. 8, modificato e convertito poi nella legge n. 82. Per la prima volta veniva normata la figura del “collaboratore di giustizia” a cui si aggiunse nel 2001, con la legge n.45, quella del testimone di giustizia.
Questa, in sintesi, la cronistoria del percorso legislativo che ha portato ad una sorta di “accordo” tra Stato e criminali, benefici e sconti di pena in cambio di informazioni e pentimento veri e reali, essendo i pentiti una fonte preziosa per ricostruire dinamiche e struttura del crimine organizzato in Italia. Come non ricordare Tommaso Buscetta, forse il più famoso pentito di mafia il cui contributo fondamentale ha dato inizio alla “fine” della mafia siciliana.
Proprio grazie alle dichiarazioni rese a Giovanni Falcone, il “boss dei due mondi” don Masino contribuì in modo esponenziale a far comprendere la vera struttura di Cosa nostra, portando all’arresto di centinaia di mafiosi che per la prima volta potemmo veder rinchiusi nelle gabbie del Maxi Processo di Palermo. Dopo di lui ci furono tanti altri pentiti “famosi” che, con le loro dichiarazioni, hanno consentito di smantellare una delle organizzazioni mafiose più potenti al mondo.
Sì è vero, venticinque anni di carcere sono pochi per chi è stato un feroce e spietato assassino di mafia; la scarcerazione ed i benefici di legge sembrano incomprensibili e non commisurati all’effettiva nefandezza di tale soggetto, ma questa è la legge. Brusca ha pagato il suo conto con lo Stato proprio grazie a quella legge voluta da una delle sue vittime più illustri, il giudice Falcone, come ricordato anche dalla sorella Maria. La pena è stata espiata e la giustizia terrena è compiuta ma di certo, se una giustizia divina esiste, la stessa che i mafiosi tra processioni e santini celebrano, speriamo almeno sarà più inclemente e punitiva.
Alessandra D’Andrea
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