DI COSA PARLA L’AMICO SIRIANO
La prima parte del film, che potrebbe essere distribuito nelle sale a partire da settembre, si svolge ad Atene nel febbraio 2020, proprio nel momento in cui la pandemia di Covid-19 inizia a preoccupare l’Europa. La telecamera mostra la quotidianità che scandisce tre giornate di Annibale e Mohammed Al Hussini, l’amico siriano del titolo, un cittadino nato e cresciuto nel Paese mediorientale da una famiglia di origini palestinesi e per questo motivo apolide, bloccato ormai da più di cinque anni nella capitale greca.
La narrazione è fatta per lo più di interni, anche quando sono ripresi i due per le strade della città, e segue i momenti di condivisione tra gli amici, che si ritrovano dopo diverso tempo. Protagoniste sono anche le difficoltà che segnano la condizione di Al Hussini, alle prese con un’incerta situazione legale, che si scioglierà parzialmente nella seconda parte del film, e la voglia di lasciare la Grecia per arrivare in Italia.
La vita del richiedente asilo siriano viene mostrata nella sua frammentazione in orizzonti temporali sempre brevi e incerti, alle prese con cambiamenti continui di case, tentativi di lavoro, stati emotivi. Non mancano i ricordi della Siria e gli accenni alle responsabilità di Bashar al-Assad, dell’Iran o della Russia, come dice a un certo punto Al Hussini, ma ci sono soprattutto i pensieri dedicati alla famiglia, che il protagonista del film perde quasi per intero in un bombardamento.
La seconda parte dell’opera, più breve, è ambientata nei mesi successivi in una Roma rinchiusa a casa dal lockdown. Tramite lo schermo di un computer Annibale viene aggiornato da Al Hussini sull’evolversi della sua situazione ad Atene. Il richiedente asilo, come già era successo nei mesi precedenti, si dirà in un certo momento anche pronto a farla finita, a fronte della complessità di una fase che non riesce a risolversi e che ancora oggi, come denunciano i registi, è ancora incerta.
‘L’amico siriano’ cerca di fornire anche una panoramica più ampia su ciò che accade ai migranti in Grecia tramite le parole della giornalista tedesca Franziska Grillmeier, i cui racconti su quanto avviene nelle isole elleniche, fatti ad Annibale e Al Hussini in un bar di Atene, intervallano la narrazione. Parlando della condizione dei richiedenti asilo siriani, la cronista dice che molti finiscono per “perdersi nelle crepe del meccanismo sociale” che caratterizza la gestione dell’asilo in Europa. Una definizione, questa, adeguata anche per descrivere la parabola del protagonista del film, secondo i due registi, che al termine della proiezioni rispondono alle domande del pubblico.
“Questa storia deve essere un monito, una luce sempre accesa sul fatto che questa situazione è figlia di alcune politiche e del fatto che la nostra società grazie a queste politiche ci vive” dice De Sivo in riferimento alll’Unione Europea. Il parlamento di Bruxelles e il suo “parlare del nulla”, come denuncia anche Spano, aprono il film per non tornare più sulla scena. La politica, però, o meglio “la sua assenza che fa soffrire le persone”, come suggerisce Annibale, è una delle protagoniste del film.
“La nostra idea sarebbe quella di portare questa pellicola alle istituzioni europee, che non hanno intenzione di ammettere che i confini non servono a niente” continua il regista e protagonista, convinti che “è importante ricordare che un’Europa così chiusa nella storia non c’è mai stata”. Il 20 luglio i due autori si recheranno nuovamente ad Atene per andare a trovare Al Hussini, al quale mostreranno anche il film. (www.dire.it)