La ministra ha poi richiamato alcuni aspetti del dibattito in corso, anche in chiave politica: “Occorre una strategia organica”, per questo “stiamo agendo su una molteplicità di fronti, che daranno i frutti tra qualche tempo e forse ne beneficerà qualche altro ministro, qualche altro governo”.
In particolare la Guardasigilli ha portato all’attenzione dell’avvocatura la disciplina della prima udienza, che non può assumere un mero carattere dilatorio: “Con la concentrazione di tutte le attività nella prima udienza, si riduce sensibilmente la durata del processo e non si comprimono i diritti delle parti”.
“Questo voglio sottolinearlo: e vale per il civile come per il penale. La necessità di un’accelerazione e di una riduzione dei tempi non può mai avvenire a scapito della qualità della risposta di giustizia”.
Quanto alla possibilità di un intervento sul tessuto della riforma, la ministra ha precisato che “stiamo lavorando proprio in questi giorni per introdurre i giusti accorgimenti volti a graduare le necessarie attività processuali e assicurare al meglio le difese delle parti anche nella prima udienza di trattazione”.
La riforma costituisce in ogni caso un approdo ineludibile, secondo la Guardasigilli, perchè “un sistema moderno, un Paese, una democrazia moderna non possono funzionare senza una giustizia che funziona”, in un momento in cui l’Italia, agli occhi dell’Europa “è ancora un osservato speciale”.
L’inaffidabilità e le carenze del nostro sistema giudiziario, infatti, “sono fattori che scoraggiano gli investimenti esterni” e una giustizia che non funziona “è un fattore di depressione dell’economia e dell’intera vita sociale”. La stessa commissaria Reynders aveva voluto ribadire che “una giustizia troppo lenta ed incerta è anche un debole baluardo verso la corruzione e la prevenzione”.
“L’Italia – ha aggiunto Marta Cartabia – è stata vergognosamente condannata 1202 volte” per la violazione del principio della ragionevole durata del processo: un numero doppio del secondo in classifica, la Turchia, che ha riportato 608 condanne.
Digitalizzazione e Ufficio del processo, misure per l’edilizia giudiziaria, reclutamento dei magistrati e del personale amministrativo: oltre a passare in rassegna gli strumenti e gli obiettivi già inseriti nel PNRR la ministra ha pure ricordato come la sua prima preoccupazione, al momento dell’insediamento in via Arenula, sia stata quella di sbloccare l’esame per l’accesso alla professione di avvocato e poi – sulla base di quell’esperienza, il concorso per magistrato – perché l’ordine forense, come la magistratura, “sono alleati fondamentali per l’obiettivo comune che tutti vogliamo raggiungere”.