Roma – In questo ultimo periodo sono molte le aziende sanitarie che in diverse regioni italiane hanno dato il via alla procedura che porterà alla sospensione degli operatori sanitari non vaccinati. Dopo aver chiesto agli ordini professionali, agli ospedali e alle Rsa i nominativi di tutti i medici e gli infermieri, e dopo averli avvisati delle conseguenze a cui sarebbero andati incontro non vaccinandosi, le aziende sanitarie hanno iniziato ad applicare le regole previste nel decreto che ha introdotto l’obbligo vaccinale, approvato dal Consiglio dei ministri il 1º aprile.
Fatto che sta suscitando ovviamente molte discussioni e prese di posizione.
Le regioni dal canto loro evidenziano come abbiano già concesso più tempo di quanto era stato previsto nel decreto: la consegna degli elenchi di tutti gli operatori sanitari era stata fissata entro martedì 6 aprile e la verifica dello stato vaccinale entro il 16 aprile. Successivamente, nel giro di pochi giorni le aziende sanitarie avrebbero dovuto mandare un invito a fornire la documentazione dell’avvenuta vaccinazione, della conferma di un appuntamento per la somministrazione o una spiegazione della mancata vaccinazione. Ma ad oggi questo percorso, ovviamente non è ancora completo. Sin dalla fase di accertamento da parte dell’azienda sanitaria gli operatori sanitari devono essere esentati da lavori che prevedono contatti interpersonali o comportano il rischio di diffusione del contagio. Quando non è possibile assegnare gli operatori non vaccinati a mansioni non a rischio, è prevista la sospensione della retribuzione.
Gli accertamenti sono durati più del previsto e solo nelle ultime settimane le aziende sanitarie hanno inviato i richiami formali indicando il giorno e l’ora della vaccinazione per gli operatori sanitari mancanti. Molti non si sono poi presentati agli appuntamenti e negli ultimi giorni sono stati spediti i primi avvisi di sospensione dal servizio, come previsto dal decreto, con la sospensione della retribuzione fino al 31 dicembre 2021.