Infatti il Cammino del Perdono, il Corteo della Bolla e l’apertura della Porta Santa della Basilica di Collemaggio rappresentano tre forti elementi identitari della Perdonanza Celestiniana, simbolo dei valori di solidarietà per tutti coloro che vi partecipano, testimonianza del patrimonio culturale immateriale per la società civile, specie per le nuove generazioni. Oltre ad essere forte elemento della memoria collettiva della comunità, la Perdonanza costituisce un esempio di resilienza anche di fronte a calamità ed emergenze naturali. Dunque l’importanza che l’evento celestiniano rappresenta, anche quale elemento chiave per la costruzione di società inclusive e per lo sviluppo sostenibile dei territori. Fin qui le considerazioni dell’Unesco a motivazione del riconoscimento quale Patrimonio immateriale dell’Umanità, tralasciando i rilevanti aspetti spirituali del primo Giubileo della storia della Cristianità, in quanto inconferenti al giudizio d’una organizzazione mondiale laica qual è l’Unesco.
Ora mi piace rendere il giusto tributo allo straordinario lavoro di tutte le Amministrazioni civiche che dal 1983 si sono succedute al Comune dell’Aquila, ciascuna mettendo in campo un progressivo impegno di valorizzazione della Perdonanza Celestiniana fino a cogliere, finalmente, questo rilevante traguardo che pone le basi per una sempre più diffusa conoscenza internazionale del Giubileo celestiniano e dei valori storici, culturali e spirituali che lo connotano. A distanza di quasi quaranta anni dall’inizio della “rivitalizzazione” della Perdonanza viene da domandarmi se Tullio de Rubeis – il sindaco dell’Aquila che ebbe il merito di trarre la Perdonanza dalla noncuranza nella quale era caduta da molti decenni per avviarla alla rinascita – avesse immaginato di cogliere un risultato così importante come il riconoscimento dell’Unesco. Probabilmente non lo poteva immaginare un esito del genere, ma tuttavia credo che la sua determinazione, la sua visione progettuale e certamente il suo desiderio non si discostassero di molto. Per chi abbia voglia di conoscere meglio la storia della rinascita della Perdonanza consiglio il bel volume del giornalista scrittore Angelo De Nicola “30 anni di Perdonanza”, pubblicato nel 2014 da One Group Edizioni.
Credo sia intanto utile ricordare come la Perdonanza Celestiniana rinacque nel 1983. Ci sarebbe molto da scrivere sulle singolarità che segnano la nascita del primo Giubileo della Cristianità, sancito dalla Bolla pontificia di Celestino V, emanata il 29 settembre 1294 ad un mese esatto dalla sua incoronazione papale nella basilica di Collemaggio. Come pure del privilegio gelosamente conservato dalla Municipalità aquilana, la quale proprio in virtù del possesso ininterrotto della Bolla custodita nella cappella della Torre civica, ha la potestà d’indire annualmente le celebrazioni della Perdonanza. Ma non è di questo che ora s’intende argomentare. Piuttosto mi preme richiamare alla memoria – da testimone che ha vissuto molto addentro i fatti della Municipalità aquilana per un lungo periodo – circostanze e vicende che riportarono la Perdonanza all’attenzione degli Aquilani, e non solo, facendo riscoprire un evento della spiritualità aquilana e della stessa storia civica che fino all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso sembrava del tutto sopito. Questa breve nota vuole dunque richiamare all’attenzione le iniziative promosse nel 1983, grazie alla lungimiranza del sindaco Tullio de Rubeis che della Perdonanza intuì tutte le potenzialità, sia sotto l’aspetto religioso come dei valori civici, per “rivitalizzare” l’antico giubileo aquilano.
Occorre ricordare che fino allo scadere degli anni Settanta del Novecento, dopo secoli di splendore della Perdonanza, per decenni verso il Giubileo celestiniano c’era stato disinteresse e una scarsa attenzione degli Aquilani, quasi un appannamento della memoria collettiva della comunità. La Perdonanza s’era ridotta a una tradizione da strapaese, con una semplice celebrazione religiosa vespertina, il 28 agosto, cui seguiva una sciatta benedizione di automobili – sì, proprio a tanto era stata ridotta – davanti la Basilica di Collemaggio.
Solo all’inizio degli anni Ottanta il rettore della basilica, il francescano padre Quirino Salomone, aveva meritoriamente avviato un recupero di attenzione e solennità intorno alla figura di San Pietro Celestino e al messaggio universale di perdono del giubileo aquilano, con le iniziative del Fuoco del Morrone e della Campestrina della Perdonanza, prologo della nascita qualche anno più avanti del Centro Celestiniano. Infatti il 28 agosto del 1981, dopo l’arrivo del Fuoco del Morrone a Collemaggio, il Cardinale aquilano Corrado Bafile aveva aperto la Porta Santa. Oltre alla Messa Solenne del 28 e alla veglia di preghiera, nella giornata del 29 si svolsero per la prima volta eventi musicali nella splendida Sala Celestiniana dell’abbazia adiacente alla basilica. Il sindaco Tullio de Rubeis assecondò quegli sforzi, ma la sua grande intuizione fu quella di promuovere un forte investimento culturale e civile nella “rivitalizzazione” della Perdonanza, consapevole che l’evento portava con sé valori religiosi e civili talmente unici e così intimamente legati alla storia della città per i quali valeva la pena di mettere in campo un grande progetto pluriennale di valorizzazione.
All’inizio del 1983, quindi, egli avviò con decisione quel progetto, tra qualche diffidenza e un malcelato scetticismo anche all’interno della Giunta e della sua stessa maggioranza. Errico Centofanti – uno dei fondatori del Teatro Stabile dell’Aquila e direttore dell’ente fino al 1982 – fu chiamato ad essere l’artefice del progetto di recupero della Perdonanza, nei suoi valori civici e negli aspetti creativi delle manifestazioni culturali collegate. Per la consulenza storica il sindaco de Rubeis si avvalse delle competenze del prof. Alessandro Clementi, di padre Giacinto Marinangeli e Walter Capezzali; per gli aspetti religiosi di padre Quirino Salomone e di Mons. Virgilio Pastorelli, vicario dell’Arcivescovo dell’epoca Carlo Martini; della Giunta si avvalse particolarmente dell’assessore alla Cultura, Carlo Iannini, e di chi scrive, allora assessore alle Finanze.
Errico Centofanti, nel frattempo, portò brillantemente a compimento, con l’autorevole sostegno del sindaco, la riacquisizione alla Municipalità, dalla Soprintendenza ai Beni Culturali dell’Abruzzo, della Bolla celestiniana che fino ad allora era esposta come un qualunque documento d’archivio in una sala secondaria del Castello Cinquecentesco, sede del Museo Nazionale d’Abruzzo. Tra genialità artistica e rigore storico Centofanti progettò l’impianto per la rinascita della Perdonanza Celestiniana, attingendo alle fonti degli antichi Statuti della Città e della tradizione secolare. Quindi ricostruì la composizione del Corteo, con un attento e rigoroso cerimoniale, che quantunque codificato fu purtroppo malamente manomesso dopo che egli, all’inizio degli anni Novanta, lasciò la soprintendenza dell’evento.
Pensando appunto al Corteo del 28 agosto, per l’annuale traslazione della Bolla dal municipio alla basilica, si ritenne doversi trovare un sistema che incorniciasse con la dovuta dignità e l’adeguata solennità l’antica pergamena, cosicché, recandola a Collemaggio, ciascun aquilano potesse ammirarla. Fu Remo Brindisi, cui il sindaco s’era rivolto, a realizzare un’opera adatta allo scopo. L’artista creò una grande teca a forma d’aquila, di color verde, rimasta esposta in municipio fino al terremoto del 6 aprile 2009 lungo lo scalone tra il primo e secondo piano di Palazzo Margherita. Nell’agosto dell’83 andammo – il sindaco, Centofanti ed io – da Remo Brindisi a Lido di Spina per ritirarla, alcuni giorni prima della Perdonanza. Il grande pittore ci tenne felicemente ospiti nella sua splendida villa rivestita di formelle di ceramica bianca, in verità un Museo Alternativo d’arte, che attualmente porta il suo nome, con centinaia di opere di sommi artisti contemporanei – da Picasso a Chagall, Braque, Dalì, Fontana, Modigliani, De Chirico, Guttuso e tanti altri, oltre alla collezione di opere di Brindisi – insomma il meglio della pittura del Novecento.
La prima Perdonanza Celestiniana “rivitalizzata”, come allora si scrisse, fu certamente un evento spartano, rispetto a quelle degli anni successivi. Eppure fu bella e di grande respiro. Fu un miracolo inatteso per gli Aquilani, per i turisti e per gli Abruzzesi venuti a parteciparvi. Grande anche il ritorno della Chiesa, presente con il Cardinale Carlo Confalonieri, già pastore della diocesi aquilana dal 1941 al 1950, legato del Papa per l’apertura della Porta Santa, con l’arcivescovo Carlo Martini e con il vescovo ausiliare Mario Peressin, con un’imponente partecipazione di religiosi, in piena sintonia con la Municipalità, come pure generosa fu la partecipazione di Comuni abruzzesi, di autorità e rappresentanze civili della città.
Davvero fu un buon inizio, con un Corteo della Bolla ben costruito, severo e dignitoso: la Bolla, nella sua teca recata da quattro funzionari comunali in livrea settecentesca (le imprestò la gentilizia famiglia Rivera), il sindaco Tullio de Rubeis, la Giunta, i Consiglieri Comunali e, tra gli altri, la Contrada dell’Aquila di Siena con i colori giallo sgargiante e nero dei suoi costumi. Solo l’anno successivo sarebbe nato il Gruppo Storico del Comune dell’Aquila, che Don Tullio, concordando con l’orientamento di Centofanti di rifarsi sempre, per quanto possibile, alle norme di severa solennità degli Statuti medioevali, volle composto da funzionari del Comune. Quanto ai vestiti, Centofanti decise di ispirarsi alle fogge tre-quattrocentesche del periodo di maggior splendore della città e di ricorrere agli antichi colori civici bianco-rosso, curandone la creazione in una delle più famose sartorie teatrali di Roma, con l’apporto progettuale di Francescangelo Ciarletta e Giancarlo Gentilucci, mentre fece realizzare dai maestri senesi le bandiere che aveva chiesto di disegnare al pittore Fulvio Muzi.
Rinacque così la Perdonanza Celestiniana, con una nuova attenzione ai valori religiosi e civili, con un grande fervore della ricerca storica su Celestino V e sul suo tempo, con importanti iniziative che esaltavano il valore della pace e del dialogo interculturale, con una città che, nella settimana d’agosto dal 23 al 29, finalmente scopriva le sue architetture, i suoi scorci, il suo centro storico, vedendoli diventare per incanto quell’Isola Sonante che Errico Centofanti aveva inventato, trasformando in realtà le parole di papa Celestino nella Bolla, affinché con hymnis et canticis si svolgesse la festosa giornata del giubileo celestiniano.
Negli anni seguenti, specie ad opera di Raoul Manselli ed Edith Pasztor, come di altri illustri storici, si sarebbe dato un notevole impulso alla ricerca storica sul monaco Pietro Angelerio, poi papa Celestino V, restituendo a quella figura tutta la sua grandezza nella storia della cristianità e correggendo alla radice il giudizio, tanto superficiale quanto distante dalla realtà, invalso per secoli, che aveva dipinto Celestino dapprima come un povero monaco ignorante e poi come un pontefice pavido, restituendogli il posto che merita nella spiritualità del suo tempo, accanto a Gioacchino da Fiore e Francesco d’Assisi.
Ora, a quasi quaranta anni di distanza da quell’avvio di rivitalizzazione, molta strada è stata compiuta, segnatamente con il riconoscimento della Perdonanza “Patrimonio immateriale dell’Umanità”. Pur con i problemi che la città sta ancora patendo dopo il sisma del 2009, è apprezzabile lo sforzo di aver voluto celebrare degnamente, anche in tempo di pandemia, sia la Perdonanza del 2020 sia l’imminente edizione n. 727 dell’antico Giubileo aquilano. Come pure è commendevole l’aver affidato la direzione artistica al musicista e direttore d’orchestra Leonardo De Amicis, aquilano d’elezione, le cui indubbie qualità artistiche e organizzative egli ha dimostrato ampiamente negli anni recenti, con programmazioni di alto profilo ed eccellenti risultati. E infine è doveroso sottolineare come tutto questo sia oggi possibile grazie alla lungimiranza d’un sindaco che, tra non poche incredulità e sufficienze, nel 1983 ebbe il coraggio di crederci e di guardare lontano, restituendo dignità e valore ad un evento che per secoli aveva accompagnato la storia della nostra città e connotato la sua spiritualità.
servizio di Goffredo Palmerini