Roma – “L’artista non esiste. Esiste la sua arte”. Così affermava il grande Lucio Battisti, che nacque il 5 marzo 1943 a Poggio Bustone e morì a Milano il 9 settembre 1998, 23 anni fa. Fu tra i cantautori più celebri, iconici, amati e innovativi della storia della musica italiana.
Abile chitarrista e perfezionista, noto anche per l’attenzione ai dettagli e la cura quasi maniacale che dedicava agli arrangiamenti e agli accordi. La sua produzione ha impresso una svolta decisiva al genere pop/rock italiano: da un punto di vista strettamente musicale, Lucio Battisti ha rivoluzionato e personalizzato in ogni senso la forma della canzone tradizionale e melodica, spesso combinandola con sonorità e ritmi tipici di svariati generi, riuscendo costantemente a rinnovarsi e ad addentrarsi con versatilità ed eclettismo nel rhythm and blues, prog rock, elettropop, latina, arrivando a toccare anche la new wave, la disco music, il folk, il soul, il beat e altro ancora.
Originario del reatino, negli anni Cinquanta Lucio si trasferì con la famiglia a Roma, e andò ad abitare a Piazzale Prenestino, in via Raimondo Montecuccoli, di fronte allo storico quartiere Pigneto. “Pensieri e Parole”, una delle sue canzoni più famose, nasce probabilmente da lì. Il verso “ed un mondo tutto chiuso in una via ed un cinema di periferia, che ne sai della nostra ferrovia, che ne sai” racconta molto di questa realtà romana. Il cinema di cui parla è il Cinema Aquila e la ferrovia è quella di via Circonvallazione Casilina, che taglia in due il Pigneto e attraversa il piazzale Prenestino a circa 8 metri sotto la superficie stradale. Battisti percepiva, pur in una città grande come Roma, il senso di appartenenza alla periferia umile e variopinta, lui che veniva da un piccolo comune del reatino. E nella realtà di quartiere iniziò le sue prime esperienze musicali.
Iniziò a suonare la chitarra da autodidatta, e si dice che suo padre fosse contrario a questo interesse. Leggenda vuole che un giorno il buon vecchio Alfiero arrivò addirittura a “suonargli” la chitarra in testa, e minacciò il figlio di non firmargli l’esenzione dalla leva militare (cui Lucio aveva diritto in quanto figlio di un invalido di guerra) se non si fosse prima diplomato. Il giovane Battisti si impegnò a conseguire il diploma e ottenne i due anni allora previsti per il servizio militare per provare a guadagnarsi da vivere con la musica. Nel luglio del 1962 Battisti si diplomò come perito elettrotecnico e sempre nello stesso anno iniziò a suonare come chitarrista in vari gruppi, finché non si imbatté ne “I Campioni”. Il leader della band, Roby Matano, cercava un chitarrista e decise di affidare il ruolo a Battisti. Si traferì quindi a Milano, dove vivrà per tutto il resto della sua vita.
Il 14 febbraio del 1965, Battisti riuscì ad avere un appuntamento con il discografico Franco Crepax: durante il provino, venne notato da Christine Leroux, un’editrice musicale di origine francese giunta a Milano negli anni Sessanta, contitolare delle edizioni El & Chris. Cacciatrice di talenti per la casa discografica Ricordi, la Leroux fu una delle prime a credere nel talento di Battisti, e fu lei a procurargli un appuntamento con il paroliere Giulio Rapetti, in arte Mogol. L’incontro con il paroliere segnò per sempre la sua carriera artistica: iniziò una collaborazione che durò oltre 25 anni, e regalò alla musica italiana capolavori senza tempo.
Il suo sodalizio artistico con Mogol ha regalato al nostro repertorio musicale italiano brani intramontabili come “Balla Linda”, “Un’avventura”, “Acqua azzurra, acqua chiara”, “Dieci ragazze per me”, “Mi ritorni in mente”, “Emozioni”, “Io vorrei…non vorrei…ma se vuoi”, “Il mio canto libero” e una distesa di altri grandi successi che hanno fatto la storia della musica italiana, facendo ballare e cantare intere generazioni e regalando emozioni indimenticabili. E Battisti lo ha fatto osando, cambiando le regole del gioco e rimanendo sempre e felicemente se stesso.