ROMA – “Per valutare il rischio serve considerare vari fattori in un contesto in cui le cose stanno cambiando rapidamente. Da una parte, cambiare le regole sulla quarantena volontaria può essere rischioso, perché sappiamo ancora poco della nuova variante Omicron, c’è ancora una netta crescita di casi di Delta e dobbiamo evitare che i non vaccinati siano coinvolti in una ondata epidemica che potrebbe mettere in crisi il sistema sanitario. D’altra parte c’è anche la necessità di proteggere la società da una sorta di lockdown, ovvero da un eccessivo numero di isolamenti dovuti a contatti con un positivo. È necessario analizzare il rischio dai vari punti di vista e prendere le relative decisioni”. Questo il ragionamento di Roberto Battiston, ordinario di Fisica sperimentale all’università di Trento e che ha seguito e continua a seguire tutte le fasi dell’epidemia, dal punto di vista dei numeri del virus.
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Interpellato dall’agenzia Dire, Battiston spiega che distinguere il livello di rischio “ci porta a quantificarlo in ragione delle diverse categorie: gli immunizzati e coloro che non lo sono. Guardiamo alla Germania, che sembra uscita dall’ incubo di una recentissima violenta ondata di Delta, passando dai 50mila ai 10mila casi giornalieri in poche settimane grazie al lockdown dei non vaccinati“, sottolinea il professore. Un’ipotesi non nuova e che potrebbe finire sul tavolo anche del Governo italiano ma sulla quale Battiston precisa: “In realtà il super green pass è già un primo passo nella direzione di un lockdown per coloro che non hanno ricevuto il vaccino, in quanto a queste persone sono vietate diverse attività, ma in Germania i limiti che sono stati applicati in questo caso sono molto più severi”.
Inoltre i controlli in Italia sono a macchia di leopardo e i gestori in alcuni casi, come risulta da fatti di cronaca, non controllano in modo rigoroso il super green pass, così che le persone non vaccinate finiscono per frequentare posti dove sanno che il controllo non c’è. Ci sono quindi fondati motivi per chiedersi se la misura in atto sia adeguata. “È necessario assicurarsi che le misure siano applicate con rigore – rimarca Battiston – altrimenti rischiano di essere inutili. In Germania, ad esempio, gli studenti delle scuole vengono testati con tampone ogni due giorni. Affermare che la scuola, la nostra scuola, è sicura è un conto, procedere con gli screening che pure sono stati promessi, è un altro”.
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Il docente aggiunge: “Il vaccino ci aiuta moltissimo, ma non ci risolve tutto, così come Omicron non è una variante che può essere gestita, probabilmente con modalità diverse dal passato, considerate le sue caratteristiche. Dobbiamo però avere la flessibilità di adattare rapidamente le nostre strategie contro una sfida che è cambiata“, avverte il professore. “Le decisioni governative rischiano di arrivare tardi per fronteggiare Omicron. Decisioni importanti per contrastare la Delta le abbiamo assunte in ottobre, sperando di avere dei benefici a partire da Natale. Questi benefici però non li vedremo perchè nel frattempo è arrivata Omicron, e ora è necessario prendere decisioni che incidano sull’ epidemia nel breve termine”, chiarisce Battiston.
“Intensificare le terze dosi o affermare che ci saranno finalmente i test a scuola, dal 10 gennaio, sono azioni che daranno un effetto fra parecchie settimane”. Per Battiston, la strada da seguire è un’altra: “Per provare a contenere il fulmineo sviluppo dell’Omicron sono necessarie decisioni che cambino lo schema dall’oggi al domani: ad esempio portare tutto il Paese in fascia gialla o arancione per un mese, oppure attivare un lockdown alla tedesca per i non vaccinati. Sono questi gli interventi che consentirebbero di alleggerire la pressione sui servizi sanitari, che in diverse Regioni hanno superato la soglia critica delle ospedalizzazioni”, specifica il professore di Fisica dell’Università di Trento.
“In sostanza, se continuiamo ad operare con i parametri attuali, basati sui sintomi e le ospedalizzazioni, prendiamo decisioni tardive, che si riferiscono a contesti completamente cambiati nel frattempo – chiarisce Battiston – Le misure devono riflettere una situazione che è cambiata: per un contesto straordinario non si possono usare interventi ordinari. I tempi delle decisioni devono essere confrontabili con i tempi di una variabile che raddoppia la sua diffusione in 2-3 giorni, altrimenti rischiamo che le misure di contenimento arrivino troppo tardi e siano inefficaci, obbligandoci a subire gli effetti senza riuscire a gestire l’emergenza, con tutto quello che questo comporta”, conclude il professore. (www.dire.it)