Editoriale – Quante volte offuscati dalla confusione della quotidianità ci siamo detti, non ne posso proprio più, vorrei stare da solo! Lo dicevamo tanto per dire, oppure? No perchè del nostro stress da confusione, da traffico, da assembramento, da file vertiginose, da bimbi e/o adolescenti che urlano e nonnini che chiamano continuamente, qualcuno deve aver accolto in modo inaspettato il nostro implorare solitudine e isolamento. Eccola la solitudine del terzo millennio, non quella desiderata, con la complicità di una passeggiata serena in alta montagna ad ammirare assorti, il silenzio e la maestosità della natura, non quella in cui i bimbi oramai stanchi si sono addormentati e nemmeno quella dei nonni che hanno ritrovato la pace interiore vedendoci passare continuamente davanti alla loro stanza quasi a voler significare meno male c‘è qualcuno ora corro meno rischi….Eh si, si chiama pandemia, la solitudine di questo nostro terzo millennio!
Abbiamo imparato a convivere con un nemico invisibile che fa capolino nel momento meno opportuno, mentre parli con un familiare, incontri il vicino di casa o decidi di far visita alla anziana mamma.
E’ vero tutti vittime di una pandemia che non ha nessuna intenzione di lasciarci ….. intanto qual è il prezzo da pagare o meglio ancora già pagato. Vite umane svanite, sanitari allo stremo delle forze, malati che hanno perso la speranza di una guarigione che tarda ad arrivare e chissà se arriverà visto che la proprie patologie sono in attesa di essere nuovamente considerate per aver dato spazio all’emergenza. Quindi alla solitudine dell’isolamento aggiungiamo la solitudine della falsa speranza, oppure della mancanza di poter comunicare.
Qual è l’auspicio? Ognuno desidera qualcosa che manca di più e a cui ha dovuto rinunciare, non ci resta che augurare presto e a tutti -buona confusione- sarà l’occasione giusta per potersi ritrovare! (Filippo Fordellone)