Imponibile il cfp per il restauro del laboratorio dell’antiquario

La sovvenzione erogata dall’ente locale per la rivalutazione del centro storico da spendere in opere edili e interventi tecnici non può essere connessa a oneri correlati a investimenti riguardanti beni strumentali
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La somma destinata interamente a opere edili e a spese tecniche di restauro dell’immobile che il contribuente intende adibire a laboratorio artigianale per il recupero e la vendita di “mobilia antica” è da qualificare come contributo in conto capitale e, quindi, costituisce sopravvenienza attiva che concorre a formare il reddito nell’esercizio in cui è incassata.
Lo ha precisato la Cassazione nell’ordinanza n. 38294 del 3 dicembre 2021.

I fatti
Con avviso di accertamento per Irpef e Irap, l’ufficio delle Entrate ha recuperato le maggiori imposte per il 2001, sul presupposto che costituisse sopravvenienza attiva la somma di 22.305 euro (già 43.188.600 lire), corrisposta al contribuente dal Comune di Ragusa, quale contributo ex articolo 18, legge regionale n. 61/1981, erogato a titolo di finanziamento per la rivitalizzazione del centro storico della città. Nella specifica fattispecie, il contribuente avrebbe destinato gli importi alla ristrutturazione di un immobile da adibire a laboratorio per il restauro e la vendita di “mobilia antica”.

Diversamente dalla Commissione tributaria provinciale che ha respinto il ricorso dell’artigiano, la Commissione regionale ne ha accolto parzialmente l’appello. In particolare, il giudice regionale ha ritenuto che non fosse imponibile, poiché non costituiva sopravvenienza attiva, solo una parte dei contributi, e cioè quella corrispondente a 5.574 euro (circa 10.793.000 di vecchie lire) del totale recuperato, poiché era stata destinata ad arredo del laboratorio e ad attrezzature.
Sia il contribuente che l’Agenzia hanno proposto ricorso per Cassazione: il contribuente lamentando, tra l’altro, violazione dell’articolo 88 (articolo 55 ante riforma), comma 3, lettera b), Tuir e degli articoli 18, legge regionale n. 19/1981 e 19, legge regionale n. 1/1979; l’Agenzia, in via incidentale, lamentando violazione degli articoli 112, 115 e 116 cpc, poiché la sentenza di secondo grado aveva omesso di pronunciarsi in merito alle ragioni per le quali non l’intera somma doveva qualificarsi come sopravvenienza attiva, ignorando le argomentazioni e le prove addotte dall’ufficio, tacendo sul perché le une e le altre fossero inidonee o insufficienti per indurre lo stesso giudice a respingere in toto l’appello o ad accoglierlo parzialmente.

La Cassazione, ritenendo infondato il ricorso principale, lo ha respinto e, accogliendo il ricorso incidentale, ha ribadito, con l’ordinanza in esame, che “In tema di determinazione del reddito d’impresa, sono contributi in conto capitale e, quindi, sopravvenienze attive, che concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono incassati (criterio di cassa) … quelli erogati per incrementare i mezzi patrimoniali del beneficiario, senza che la loro concessione si correli all’onere di uno specifico investimento in beni strumentali, mentre sono contributi in conto impianti, che confluiscono nel reddito sotto forma di quote di ammortamento deducibili, quelli destinati all’acquisto di beni (materiali o immateriali) strumentali…”.

Osservazioni
I giudici di piazza Cavour sono stati chiamati a stabilire se concorreva a determinare il maggior imponibile l’intera somma indicata nell’avviso di accertamento, corrispondente ai contributi erogati dal Comune a favore del contribuente e recuperati dall’ufficio solo per gli importi destinati alla ristrutturazione dell’immobile già esistente, ovvero se, invece, l’ufficio avrebbe dovuto scomputare, dal totale imponibile, l’importo di circa 5.574 euro in quanto inserito nella somma recuperata per errore, poiché si trattava di parte di altro e specifico fondo contributivo, destinato all’acquisto di arredi e di attrezzature e, quindi, a investimento per l’acquisto di beni strumentali ammortizzabili.

In generale, deve osservarsi che il trattamento fiscale dei contributi in denaro è dettato dall’articolo 88, comma 3, lettera b), Tuir, secondo cui “si considerano sopravvenienze attive: …i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, esclusi i contributi di cui alle lettere g) ed h) del comma 1 dell’art. 85 e quelli per l’acquisto di beni ammortizzabili indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato»”.
Per l’articolo 85 Tuir, poi, “sono considerati ricavi… g) i contributi in denaro, o il valore normale di quelli, in natura, spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a contratto; h) i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge”.
Mentre prima delle modifiche apportate dall’articolo 21, comma 4, legge n. 449/1997, la formulazione dell’articolo 55, lettera b), Tuir (ora articolo 88, comma 3, lettera b) non operava alcuna distinzione tra contributi in conto capitale e contributi in conto impianti, considerando sopravvenienze attive tutti i contributi diversi da quelli erogati in conto esercizio, con il nuovo regime impositivo in vigore dal 1° gennaio 1998, invece, al fine di una corretta imputazione e imposizione dei proventi ascrivibili alla categoria dei contributi in conto capitale, deve farsi riferimento alla loro funzione, secondo la ratio insita nella loro natura.
Al riguardo la Cassazione (n. 15754/2020) ha chiarito, infatti, che “il criterio distintivo tra i diversi tipi di contributi va (…) individuato nella finalità per la quale ciascuno di essi viene assegnato” e, nelle fattispecie al suo esame, facendo applicazione dei principi sopra esposti, ha concluso che l’intera somma indicata nell’avviso (euro 22.305) costituiva contributo in conto capitale, trattandosi della parte del fondo destinato, esclusivamente, alla ristrutturazione dell’immobile.

In particolare, nella vicenda esaminata, dopo aver riconosciuto che la “CTR ha correttamente affermato che ‘i contributi concessi dallo Stato e da Enti pubblici costituiscono sopravvenienze attive’ conformandosi a quanto più volte affermato” in sede di legittimità, la stessa Cassazione (pronunce n. 23555/2015, n. 13734/2016 n. 7950/2019, n. 19936/2020, n. 1449 e n. 21438/2021) ha ribadito che il criterio di individuazione della natura dei contributi in conto capitale è fondato sulle finalità di incrementare i mezzi patrimoniali del destinatario senza che la loro concessione si correli all’onere di effettuazione di uno specifico investimento.
La Corte ha affermato, quindi, che l’intero importo recuperato a tassazione, in quanto contributo in conto capitale, costituiva, nella sua totalità, sopravvenienza attiva e concorreva alla formazione del reddito per l’anno d’imposta 2001 nel quale era stato incassato. In altri termini, l’importo indicato nell’avviso è risultato distinto da quello facente parte di altro e specifico fondo contributivo, destinato all’acquisto di arredi e ad attrezzature e, sia pure nell’ambito di un piano unitario d’interventi per il risanamento e il recupero edilizio del centro storico di Ibla e di alcuni quartieri di Ragusa, è stato articolato al suo interno in due capitoli distinti, uno per opere edili e spese tecniche e l’altro per arredi e attrezzature come previsto dal provvedimento comunale attuativo dell’articolo 18 della legge regionale n.61/1981.
L’Agenzia, infatti, aveva opportunamente dedotto che la somma pretesa con l’avviso di accertamento (22.305 euro) costituisse il 30% della somma complessiva erogata (con il provvedimento del Comune di Ragusa), a titolo di contributo a fondo perduto, di 74.350 euro, destinato interamente alle opere edili e alle spese tecniche. Come precisamente indicato negli scritti difensivi dell’ufficio, l’importo parziale di 5.574 euro era finalisticamente distinto dalla somma del capitolo destinato ad arredi e attrezzature, corrispondente, invece, al 60% della quota (9.290 euro) a ciò destinata e, quindi, estranea all’importo oggetto dell’avviso di accertamento opposto.

La cifra indicata nell’avviso di accertamento, quindi, in quanto devoluta interamente a opere edili e a spese tecniche per il restauro dell’immobile da adibire a laboratorio artigianale, la cui concessione non era correlata all’onere di uno specifico investimento in beni strumentali, era da qualificare come contributo in conto capitale e, quindi, come sopravvenienza attiva che concorreva interamente a formare il reddito nell’esercizio in cui sarebbe stata incassata.
A conclusioni analoghe la Cassazione era pervenuta per i contributi corrisposti in relazione al progetto rientrante nell’ambito del programma di attuazione per la conservazione e il recupero architettonico degli immobili localizzati nei rioni “Sassi” di Matera (Cassazione, pronunce n. 15754/2020, e nn. 20793, 20997, 20998, 21437 e 21438 del 2021), riconoscendo che anche i suddetti contributi, in “conto capitale”, costituivano sopravvenienze attive imponibili.

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