Corte dei conti: pandemia ha bloccato l’autonomia differenziata

ROMA – La Corte dei conti rileva che la pandemia ha provocato un blocco nel processo di richiesta di maggiore autonomia differenziata delle Regioni. Ma non risultano ancora individuate le funzioni da trasferire e gli “effetti finanziari derivanti dal trasferimento di funzioni tra Stato e regioni”.
La Sezione centrale per il controllo sulla gestione della Corte dei conti ha pubblicato la relazione sulla “Gestione delle risorse nel periodo 2013 – 2018 correlate all’attuazione dell’autonomia differenziata con particolare riguardo alle politiche del lavoro, della formazione e istruzione”.
In particolare si tratta della gestione delle risorse finanziarie correlate alle funzioni oggetto del processo di attuazione dell’autonomia differenziata, in applicazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione e della legge di stabilità per il 2014.
Si tratta del processo di differenziazione che interessa le sole Regioni a statuto ordinario, in particolare Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, che per prime hanno portato avanti la richiesta di maggiore autonomia su alcune materie e sottoscritto preintese con il Governo il 28 febbraio 2018.
“Come riferito dal Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie e dal Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri (di seguito PCM), l’attuazione dell’autonomia differenziata si atteggia come un percorso articolato e complesso che ha richiesto molteplici approfondimenti giuridici posti in essere sia dal Consiglio dei ministri, nonché dalle Regioni e dai Ministeri interessati. In particolare, il processo è stato avviato ad inizio del 2017, a seguito delle iniziative promosse dalle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, che con atti separati, hanno presentato al Presidente del Consiglio dei ministri richiesta di attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione. Le attività negoziali tra lo Stato e le predette Regioni, che erano state avviate dal Governo e dal Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie, hanno consentito di giungere, quasi allo scadere della XVII legislatura, alla definizione di tre distinti accordi “preliminari”, ciascuno sottoscritto in data 28 febbraio 2018 dal rappresentante di Governo (Sottosegretario di Stato per gli affari regionali) e dal Presidente della regione interessata”.
Per la Corte dei conti il temporaneo arresto dal 2020 è dovuto soprattutto all’emergenza pandemica, ma si rileva anche come non risultino ancora individuate le funzioni da trasferire, e molte delle competenze legate a tali funzioni, di cui viene richiesta l’attribuzione.
Nel contempo sono stati fatti degli “Accordi preliminari”, definendo a livello programmatico i principi generali e le metodologie che avrebbero dovuto portare all’attuazione dell’autonomia differenziata.
E’ stato anche ndividuando un primo elenco di materie: “in vista della successiva verifica attuativa finalizzata a far confluire tali materie nelle intese; verifica che si sarebbe realizzata attraverso il coinvolgimento dei Ministeri che, nella fase procedimentale di formazione degli accordi preliminari, non erano stati resi partecipi”.
Questi accordi definiti “politici” sono stati superati “dalle rinnovate proposte regionali che hanno determinato la necessità di aprire nuovi tavoli di negoziazione”.
Il processo si è bloccato per la pandemia e sono stati richiesti degli elementi informativi sulla gestione, da parte delle amministrazioni interessate, in particolare “delle risorse finanziarie nel periodo 2013-2018” correlate alle funzioni oggetto del processo di attuazione dell’autonomia differenziata.
Quindi per la Corte dei conti manca ancora un quadro d’insieme sull’attuazione del regionalismo differenziato: “su quelli che potranno essere gli effetti (finanziari e non) dell’attuazione del regionalismo differenziato; né allo stato attuale le informazioni pervenute consentono di dimostrare che il trasferimento delle competenze dallo Stato alle regioni a statuto ordinario possa migliorare l’efficienza degli interventi o, di converso, che la stessa possa essere destinata a ridursi”.
Per la Corte dei conti si riscontrano ancora dei ritardi nel fornire elementi di analisi sulle possibili conseguenze finanziarie derivanti dal previsto trasferimento di funzioni tra Stato e Regioni, così sulla quantificazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie eventualmente coinvolte.
Si prevede una legge rinforzata che è determinata da un’intesa tra regione e Stato e al parere degli enti locali interessati, approvata a maggioranza assoluta dalle Camere.
E’ la possibilità che anche Regioni a Statuto ordinario ottengano maggiore autonomia “in relazione ad alcune materie e nel rispetto dei principi che, in ambito finanziario, gravano sugli enti locali ai sensi dell’art. 119 della Costituzione (c.d. “regionalismo differenziato”), ferme restando le particolari forme di autonomia riconosciute alle Regioni e Province a Statuto Speciale (art. 116, primo comma).
Gli ambiti in relazione ai quali possono essere riconosciute tali forme ulteriori di autonomia riguardano: – tutte le materie che l’art. 117, terzo comma, attribuisce alla competenza legislativa concorrente; – un ulteriore limitato numero di materie riservate dallo stesso art. 117, secondo comma, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (organizzazione della giustizia di pace, istruzione, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali)”.
Gli avvenuti accordi preliminari tra lo Stato e le Regioni interessate hanno individuato “i principi generali, la metodologia e – in vista della definizione dell’intesa prevista dal citato comma terzo dell’art. 116 Cost. – un (primo) elenco di materie nelle quali possono essere riconosciute forme ulteriori di autonomia, che riguardano: le politiche attive del lavoro, la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, la salute, l’istruzione, i rapporti internazionali e con l’Unione Europea”.
L’obiettivo esplicato dalla Corte dei Conti è di:
– individuare più compiutamente all’interno delle materie oggetto del trasferimento di competenze, i settori della pubblica amministrazione interessati al passaggio dalla gestione accentrata a quella regionalizzata;
– individuare nell’ambito dei contenuti delle pre-intese attualmente sottoscritte le materie per le quali il trasferimento ha ad oggetto il mero potere regolatorio o parte di esso e quelle in relazione alle quali assumono rilievo anche esigenze di presa in carico di risorse umane e strumentali necessarie all’esercizio della funzione;
– in conseguenza, individuare le amministrazioni centrali che hanno gestito negli esercizi finanziari considerati (2013-2018) le risorse umane e strumentali destinatarie della cessione di competenze;
– quantificare per ciascuno degli esercizi considerati le risorse umane e strumentali di cui ai punti precedenti;
– verificare, anche al fine di far emergere esigenze perequative, ove la funzione/materia trasferenda assicuri anche servizi alla collettività nazionale, il livello medio pro capite delle risorse destinate e del servizio assicurato nonché gli analoghi valori che potranno essere assunti a seguito della regionalizzazione;
– verificare se le amministrazioni centrali coinvolte abbiano ricevuto dalle tre regioni che hanno sottoscritto gli Accordi eventuali dati circa la perimetrazione delle funzioni da ricevere;
–  individuare modalità, anche differenziate, per la quantificazione delle risorse.

 

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