ROMA – Apparecchiature sempre più sofisticate, modelli matematici e algoritmi concorreranno nel prossimo futuro in maniera preponderante alla clinica e alla diagnosi, così come sarà fondamentale il loro delle equipe multidisciplinari in grado di intersecare professionalità diverse che concorrono tutte verso un obiettivo finale: la cura e la presa in carico dei pazienti. Questa rivoluzione coinvolge oggi l’oncologia. Per fare il punto su questo vasto tema l’agenzia di stampa Dire ha raggiunto via Zoom tre esperti dell’Istituto nazionale Tumori Regina Elena e Ifo di Roma.
NAVANTERI (IFO): “PARCO MACCHINE ATTUALE PER UN VALORE DI 62 MLN”
È in corso il grande restyling all’Ifo di Roma. Tra le novità più importanti ci sarebbe, tra le macchine già in dotazione e quelle in arrivo, anche l’acquisizione di una TAC intraoperatoria dotata di navigatore e di due robot alleati del chirurgo in sala operatoria. Ma quali sono i vantaggi per il medico e per il paziente? Quali le tecnologie più innovative e quali sono già in dotazione all’Ifo di Roma? Per fare il punto l’agenzia di stampa Dire ha raggiunto Giuseppe Navanteri, Dirigente responsabile dell’Ingegneria clinica e tecnologie e sistemi informatici dell’Ifo.
“Il nostro parco macchine elettromedicali – spiega Navanteri – è costituito da circa 7.000 apparecchiature per un valore totale di 62milioni di euro di cui 37 milioni sono rappresentati da macchine ad alto livello tecnologico. Solo per fare degli esempi, il nostro Istituto possiede: acceleratori lineari, una ‘Cyber-knife’ per la terapia radioguidata, tac intraoperatoria, roobot da Vinci, risonanza magnetica da 1,5 e 3 tesla e tac da 128 strati composte da vari ‘tool’ per diagnosi mirate e precise. Stiamo pensando ad una ristrutturazione del nostro parco macchine attraverso varie forme di finanziamento, su tutte il Pnnr – spiega Navanteri – Il nostro obiettivo è quello di sostituire un gran numero di tecnologie che hanno superato i cinque anni di vita. Ci stiamo già muovendo per sostituire le Pec-tac per aumentare anche la capacità di trattamento ad un maggior numero di pazienti. Stiamo anche per installare due acceleratori lineari ed è notizia di una settimana fa che la Regione Lazio ha pubblicato la gara d’appalto per la sostituzione del terzo acceleratore lineare. Anche altre gare, promosse sia dalle Regione Lazio che da Consip ci vedranno coinvolti in prima linea”.
Il dirigente responsabile dell’Ingegneria clinica e tecnologie e sistemi informatici dell’Ifo prosegue: “Come anticipato, è di recente acquisizione la nuova Tac intraoperatoria che può essere usata direttamente al letto del paziente e collegata ad un neuronavigatore con evidenti vantaggi per lo specialista che è in questo modo in grado di pianificare l’intervento, simularlo sul pc e tradurlo nella pratica. Questa procedura diminuisce l’esposizione del paziente alle radiazioni e comporta una maggiore precisione del gesto chirurgico”, conclude l’ingegnere Navanteri.
VIDIRI: “LAVORIAMO PER PORTARE RICERCA DI BASE AL LETTO DEL PAZIENTE”
Apparecchiature sempre più sofisticate, modelli matematici e algoritmi concorreranno nel prossimo futuro in maniera preponderante alla clinica e alla diagnosi, equipe multidisciplinari in grado di intersecare professionalità diverse che concorrono tutte verso un obiettivo finale cioè la cura e la presa in carico dei pazienti. In questa rivoluzione il radiologo oncologo è figura di collegamento importantissima per la cura di molte neoplasie. Per fare il punto su questo vasto tema l’agenzia di stampa Dire ha raggiunto il dottor Antonello Vidiri, Direttore del Dipartimento ricerca e tecnologie avanzate dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma.
“Dirigo un dipartimento che possiede due anime: uno che riguarda la ricerca e uno che riguarda la clinica. Per molto tempo questi due aspetti sono stati tenuti separati e nel nostro Istituto stiamo lavorando per ridurre questo gap per portare la ricerca di base al letto del paziente. In questa ottica – illustra Vidiri – abbiamo costituito un gruppo multidisciplinare formato da diverse figure professionali che vanno dal radiologo all’anatomopatologo, dal biologo ai fisici medici, dagli ingegneri biomedici agli statistici fino ai matematici. Tutte queste figure oggi stanno lavorando per sviluppare una tecnica ‘giovane’ che è la radiomica che ci consente, attraverso dei sofware di intelligenza artificiale (Ia), di estrarre tutta una serie di caratteristiche e di immagini radiologiche che ci permettono di avere maggiori informazioni circa l’intera neoplasia. Le immagini radiologiche infatti riflettono quella che è la fisiopatologia dei tessuti che l’occhio umano non è in grado di percepire quando si effettuano sia esami di routine che quelli più complessi come nel caso della topografia computerizzata, la risonanza magnetica oppure la pet tc”.
“Vista la vastità delle opportunità – prosegue l’esperto – è necessario avvalersi di equipe multidisciplinari: il radiologo ha il compito di individuare l’area lesionale da cui andremmo poi ad estrarre tutte le caratteristiche attraverso i software che verranno poi valutati alla luce di altri parametri ‘più semplici’ come il sesso e l’età del paziente, le abitudini di vita che comprendono l’uso di fumo di sigarette e l’assunzione di alcool. Stiamo anche lavorando per costruire dei modelli che servono per effettuare delle diagnosi precoci per mettere a punto trattamenti sempre più efficaci ma anche per arrivare a prognosi sempre più precise e per calcolare la sopravvivenza del paziente stesso. Solo in questo modo è davvero possibile stratificare i pazienti e classificare coloro che rispondono adeguatamente ai trattamenti da altri che necessitano di cure più ‘aggressive’. Inoltre la tecnica di ‘Next generation sequencing‘ consente la profilazione genetica del paziente ed è in grado di intercettare eventuali mutazioni genetiche”, osserva Vidiri.
Cosa c’entra la radiomica con questa tecnica? “A mettere insieme i dati ottenuti dalla radiomica con quelli che otteniamo dal profilo genetico del paziente – spiega il Direttore del Dipartimento ricerca e tecnologie avanzate dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma – Cerchiamo di vedere dunque, attraverso una ‘semplice’ indagine radiologica, se è possibile prevedere se c’è o meno quel tipo di mutazione. Si tratta di una sorta di biopsia virtuale che in futuro ci aiuterà a prevedere nella fase di trattamento, la ‘radiogenomica’ prenderà il posto della biopsia fornendo così maggiori informazioni di tutta la neoplasia”.
VIZZA: “CON I ROBOT POSSIBILI INTERVENTI PRECISI E MININVASIVI”
Mininvasività, gesto chirurgico preciso e tempi di recupero rapidi sono già realtà. Grazie ai robot, veri e propri alleati del chirurgo in sala operatoria gli interventi oncologici ad alta complessità possono essere effettuati con estrema precisione a vantaggio sia del medico che del paziente. Ci sono aree mediche dove la robotica è maggiormente impiegata, e perché? L’agenzia di stampa Dire per approfondire l’argomento ha raggiunto il professor Enrico Vizza, Direttore del Dipartimento di clinica e ricerca oncologica presso l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma.
“La chirurgia robotica è una forma altamente avanzata di tecnologia mininvasiva che consente di effettuare interventi di grande complessità. La robotica è peraltro una branca molto giovane, in estrema espansione e consiste nel creare una interfaccia virtuale tra il chirurgo e il paziente. Proprio in questo spazio virtuale sarà possibile, in futuro, integrare altre tecnologie come la risonanza, la TAC intraoperatoria o i traccianti vitali che permetteranno di individuare particolari gruppi di cellule patologiche rispetto ai tessuti sani”, spiega Vizza.
Ma come funziona praticamente? “Il chirurgo esegue l’intervento attraverso dei piccoli fori nel torace, nella cavità addominale o nel sito interessato – prosegue l’esperto – riuscendo, attraverso la macchina, ad effettuare movimenti precisi. Il nostro centro è stato tra i primi in Italia ad applicare queste tecniche in oncologia e posso dire che produciamo infatti un alto volume d’interventi. Se fino ad un anno e mezzo fa erano 500 le procedure robotiche eseguite, quest’anno con l’arrivo della seconda macchina, abbiamo superato più di mille interventi in un anno. Un’attività cospicua se consideriamo che i robot vengono impiegati sostanzialmente negli interventi più complessi come nel caso dell’asportazione dei tumori che spesso sono localizzati in prossimità di organi vitali e da qui è anche facile comprendere come la precisione sia fondamentale”.
Il professor Vizza aggiunge: “Si avvalgono dei robot le principali branche di chirurgia specialistica anche se è l’urologia ad effettuare il più elevato numero di interventi. Nel nostro istituto vengono svolti ben 600 interventi urologici l’anno e questo ci pone in linea con i migliori standard mondiali. Un altro importante ambito in cui le macchine vengono impiegate è sicuramente la chirurgia toracica, seguita da quella ginecologica, la chirurgia addominale fino all’otorinolaringoiatria”, conclude l’esperto. (www.dire.it)