ROMA – Gli infermieri di triage, di cui sono responsabili in ospedale, prestano la massima attenzione a eventuali segni di violenza anche quando questa non è dichiarata. E come indicato dal “Codice rosa” nato in Toscana nel 2011 a cui poi ha dato una svolta importantissima, per i casi di violenza di genere o di abusi, la legge 69/2019, nota come “Codice Rosso“ che ha codificato e inasprito le pene per maltrattamenti e stalking, se si sospetta che l’accompagnatore possa essere l’autore della violenza si fa accedere all’area riservata (la “stanza rosa”) solo la vittima e solo successivamente, se questa lo richiede, eventuali accompagnatori potranno starle vicino nelle varie fasi del percorso.
“Nei casi di rilevazione di fenomeni di violenza, l’importanza sia della prima rilevazione che della successiva valutazione richiede che entrambe siano compiute da professionisti formati e preparati”, ha spiegato Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI) durante l’audizione che si è svolta oggi in Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, e su ogni forma di violenza di genere, al Senato.
E gli infermieri sono essenziali anche per riconoscere gli episodi di violenza domestica. Solitamente intervengono sia in emergenza che in assistenza domiciliare nei casi di bisogni di salute e la loro attività riguarda il 40% circa degli interventi in emergenza (il 5-6% riguarda i medici, la restante quota è del volontariato) e più del triplo degli interventi e degli accessi rispetto alle altre professioni nell’assistenza domiciliare.
La violenza domestica può essere di tipo “orizzontale”, ossia tra uomo e donna, o di tipo “verticale”, cioè da adulti verso minori. E può essere fisica, psicologica, sessuale ed economica.
Di solito la vittima è una donna che subisce una violenza da parte del padre o del compagno, ma anche gli uomini – in percentuale più bassa (15%) – sono vittime di tale sopruso.
Gli infermieri poi, lanciano un allarme, quello della violenza sugli anziani. Secondo l’OMS uno su sei ha subito forme di violenza lo scorso anno, ma il numero di persone colpite nelle loro comunità aumenterà rapidamente per l’invecchiamento della popolazione, crescendo nel mondo dai 141 attuali a 320 milioni di vittime entro il 2050.
“Chi entra a contatto con anziani vittime di abusi/maltrattamenti, esattamente come chi opera con donne e bambini vittime di violenze – aggiunge la presidente FNOPI – oltre ad avere buoni strumenti operativi per ottenere maggiori opportunità di risultati positivi, dovrà aver anche una buona conoscenza dei propri meccanismi di difesa e dei limiti personali e professionali”.
“Un professionista formato ed esperto – continua – sarà in grado di gestire le situazioni di sospetto o accertato di abuso/maltrattamento e sarà anche capace di creare una relazione che sappia far emergere le emozioni vissute dalla vittima e gestire in maniera adeguata le proprie, chiedendo anche aiuto nei casi di difficoltà e mettendo in atto tutte le strategie di difesa in suo possesso per rendere quella relazione di cura empatica ed efficace”.
Dalla FNOPI arrivano, contro la violenza, cinque proposte concrete, illustrate ai senatori:
- Messa in rete almeno in ambito regionale di tutti i pronto soccorso per conoscere gli accessi e le cause/diagnosi
- Contrasto e identificazione di strumenti anche alle forme di violenza ‘economica’
- Implementazione di servizi all’interno del sistema pubblico e di servizi per la presa in carico della persona violenta che ne ha consapevolezza e chiede aiuto
- Rafforzamento, soprattutto nelle ore serali/notturne dell’integrazione dei servizi sanitari con i servizi sociali territoriali per l’accoglienza logistica della vittima di violenza
- Definizione di corsi di formazione per il personale infermieristico con contenuti specifici in materia di violenza, abilità comunicative e anche di natura giuridico/forense per favorire la gestione appropriata degli episodi di violenza (FONTE FNOPI)