Roma.- Più sicurezza nelle città, a partire dalle periferie. E una gestione dei flussi migratori da riprendere in mano con decisione, senza negare una sensibilità che anche lo Stato deve mostrare. II neoministro degli Interni Matteo Piantedosi è abituato alle fatiche della bicicletta, dalle cime dell’Irpinia (dov’è nato) fino al Colle della Guardia di Bologna (dove ha lavorato per anni in Prefettura e dove ha costruito famiglia e amicizie) e ai tornanti dello Stelvio, Cima Coppi di una vita. E la bicicletta gli ha insegnato che, oltre al sudore, sono gli obiettivi che fanno la differenza: ecco perché, a poche ore dal giuramento che lo ha riportato al Viminale, dov’è stato capo di gabinetto sia con Matteo Salvini sia con Luciana Lamorgese, ha già chiari i primi percorsi su cui scattare. Ministro Piantedosi, si parte in salita?
«Questo ruolo è impegnativo, sono consapevole della scommessa, della sfida, dell’impegno richiesto, soprattutto per quello che si preannuncia nel Paese. Stiamo attraversando una crisi socio-economica: i mesi che arrivano saranno complessi. Spero non siano difficili. Ci saranno manifestazioni, la congiuntura non agevola. Ma io sono un prefetto, come Luciana Lamorgese, che mi ha preceduto. Questa continuità fa avvertire l’esigenza di avere competenze tecniche, e non solo».
Si sente un tecnico? O un politico in quota Lega?
«Sono un tecnico con un ruolo politico. Non in senso partitico, ma non c’è dubbio che io non abbia la consapevolezza di volere garantire una visione».
Iniziamo, allora. Come gestirà il tema dell’immigrazione?
«In generale, c’è l’esigenza di rafforzare il governo degli sbarchi, rispetto ai flussi. Questo non significa negare la sensibilità sociale, ma riprendere in mano la gestione dei flussi».
In quale modo? Gli sbarchi sono in aumento: 77mila contro i 51mila dello scorso anno.
Dovremo rafforzare il rapporto con tutti i Paesi. Non solo di nascita dell’immigrazione (come ad esempio Libia o Tunisia, dove la situazione è difficile, ndr), ma anche di destinazione. E la destinazione non è solo l’Italia».
Un’azione diplomatica, oltre che regolatoria?
«Domani (oggi per chi legge, ndr) avrò un primo incontro con il mio omologo francese: il ministro si trova a Roma e avremo un confronto su questi temi. Serve collaborazione con i partner europei».
Cosa proporrà?
«Sono consapevole che i flussi devono essere governati e non possono essere negati. Ma ci sono due no fermi. No allo spontaneismo. No ai trafficanti di esseri umani. Punto».
Da capo di gabinetto del Viminale, nel Governo Conte I, lei ha redatto i decreti sicurezza. Nel Conte 2 li ha poi sbalzati. Adesso?
«Le città, quanto sono importanti le città. Sono un elemento cruciale per l’attività del Ministero dell’Interno, che deve essere particolarmente attento e vicino alle autonomie territoriali. Nelle città serve ancora maggiore sicurezza. Non ragioniamo solo di fondi per la gestione della vita urbana, o dei sistemi di videosorveglianza, o di agenti».
Cosa serve?
«Idee e azioni. Fatte su misura, sartoriali. Penso alle aree metropolitane: Bologna, che conosco bene, pur avendo qualche problema, ha sicuramente una situazione migliore di Roma. Farò tesoro dell’esperienza romana».
Dagli sgomberi contro il clan Spada all’ordine pubblico, ha eliminato molti ‘tempi morti’ nella lotta all’illegalità.
«È importante agire tempestivamente. Proprio per questo una delle prime cose che farò sarà convocare comitati per la sicurezza e l’ordine pubblico speciali per Milano e Napoli».
Dalle baby gang al degrado, molte periferie soffrono.
«I tessuti urbani si stanno sfilacciando, bisogna agire ancora di più su questo tema. Lo stesso vale per i piccoli paesi. Nessuna sottovalutazione: serve grande attenzione ai nostri territori. Questo anche in un momento in cui ci troveremo ad affrontare la gestione del Pnrr. Siamo pronti a supportare i Comuni, a vigilare sui rischi di infiltrazione senza rallentare i progetti».
Lei come si sente? Si è sempre definito un servitore dello Stato. Come vive questo nuovo ‘servizio’?
«Sono incredulo e frastornato. Questo per me è un grande onore di cui sarò grato per sempre al presidente Sergio Mattarella, alla premier Giorgia Meloni e al ministro Matteo Salvini: senza di lui tutto questo non si sarebbe mai verificato».
Dicono che vi siate visti anche ieri, a cena, con Salvini e gli altri ministri in quota Carroccio. Ma lei è un leghista-non leghista?
«Mi sottraggo a questa domanda: non sono mai stato iscritto a un partito. Ma ho accettato con orgoglio di fare parte di un governo dal chiaro orientamento politico». Fonte: sito Ministero Interno – servizio di Valerio Baroncini.