PALERMO – L’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo da oggi porterà il nome di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Una targa è stata scoperta all’ingresso dell’aula dove si celebrò il maxi processo alla mafia istruito, tra gli altri, da Falcone e Borsellino. Alla cerimonia ha partecipato anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Presenti anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio, Lucia e Manfredi Borsellino, figli del magistrato ucciso in via d’Amelio, e Maria Falcone, sorella del giudice morto nella strage di Capaci.
NORDIO: “SU LAVORO FALCONE E BORSELLINO POLEMICHE CORROSIVE E INSINUAZIONI”
Il lavoro di Giovanni Falcone e Palo Borsellino “fu seguito da polemiche corrosive” e nei confronti del primo “furono formulate” delle “insinuazioni che ne addolorano l’ultimo periodo di vita“. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio lo dice intervenendo alla cerimonia di intitolazione dell’aula bunker dell’Ucciardone ai due magistrati.
“Falcone e Borsellino erano stati chiamati all’ufficio istruzione di Palermo ad inizio degli anni 80 da Rocco Chinnici che poco dopo sarebbe stato ucciso in un attentato con un’autobomba- ricorda Nordio- Costituirono il primo pool di magistrati investito del compito di indagare mafiosi con criteri nuovi, ispirati al coordinamento e a una lungimiranza strategica nella convinzione che la tradizionale delinquenza isolana si stava organizzando con criteri professionali e gerarchie definite, insinuandosi nei rapporti tra malavita e finanza e tra quest’ultima e la politica. I due indagarono in Europa e oltreoceano, acquisirono documenti riservati e conti bancari, e soprattutto ascoltarono vari pentiti distinguendo abilmente quelli veri da quelli falsi”.
Il loro “fu un lavoro monumentale– dice il Guardasigilli- ma quando nel febbraio del 1986 i 460 imputati vennero portati alla sbarra le prove erano solide. E il 16 dicembre 1987, dopo decine di udienze e 36 giorni di camera di consiglio la corte di assise di Palermo irrogò una serie di condanne severe. Per la prima volta nella storia del paese ‘cosa nostra’ era stata decapitata con la sola forza del diritto e nel rispetto della legalità costituzionale. Il simbolo di questa impresa vittoriosa fu Giovanni Falcone, ma il nome di Borsellino gli fu sempre associato prima come un complemento necessario poi come naturale e legittimo erede”
Però, “questo successo come talvolta accade, fu seguito da polemiche corrosive. Falcone e Borsellino erano magistrati svincolati da ogni parrocchia ideologica e motivati esclusivamente dal rispetto della legge, ed è doloroso ricordare che proprio da una parte della magistratura furono formulate nei confronti di Falcone delle critiche e delle insinuazioni che ne addolorano l’ultimo periodo di vita. Egli tuttavia non si arrese ed elaborò il progetto di una struttura unica con competenza nazionale per indagare sulla invadenza mafiosa. Purtroppo non fu lui a esserne il primo reggitore. Sopportò questa umiliazione con la virtù dei forti e l’ironia degli intelligenti”, conclude Nordio. (www.dire.it)