Roma – C’è tanta gente in Piazza San Pietro, a Roma, alle prime luci dell’alba di una giornata coperta dalla nebbia, per partecipare all’ultimo saluto del papa emerito Benedetto XVI.
Una nebbia che ricorda l’immagine della fumata bianca, quella che annuncia l’arrivo di un nuovo pontefice e la stessa che il 19 aprile 2005 proclamò Papa il cardinale Joseph Ratzinger. Bandiere tedesche sventolano nel cielo ovattato, e intanto comincia una lunga coda per prendere il proprio posto.
Alle prime file, davanti all’altare, sono presenti tutte le autorità: politici e regnanti e oltre mille giornalisti da tutto il mondo. Due le delegazioni ufficiali: quella tedesca con il presidente Frank-Walter Steinmeier e quella italiana con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e subito accanto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La Germania, terra di origine di Joseph Ratzinger alla quale fu sempre molto legato, e l’Italia, nominata negli anni la sua seconda patria.
Alle 8.40 le campane suonano “a morto”, precedendo l’arrivo della salma: Benedetto XVI viene traslato dalla basilica al sagrato della piazza, davanti all’altare, adagiato su un tappeto. Sopra la bara, un Vangelo aperto. Il Papa emerito, fa il suo ingresso seguito da un lungo e commosso applauso della folla che, composta inizia la recita del Rosario, a cui fa seguito la Santa Messa, presieduta da Papa Francesco.
San Pietro è ormai piena: secondo la gendarmeria vaticana sono presenti circa cinquantamila persone. Tantissimi i tedeschi, molti venuti in abito tradizionale per rendere omaggio al papa bavarese, nato il 16 aprile 1927 a Marktl am Inn, nel territorio della Diocesi di Passau. Si leggono alcuni striscioni con la scritta “Danke Benedikt”, che in tedesco significa “Grazie Benedetto”.
Papa Francesco durante la sua omelia, ha voluto sottolineare questo aspetto; ciò che ha caratterizzato tutta la vita di Benedetto XVI è stato il “continuo consegnarsi nelle mani del Padre suo”. “Si lasciò cesellare dalla volontà di Dio, prendendo sulle spalle tutte le conseguenze e le difficoltà del Vangelo”.
Tra le difficoltà che hanno attraversato la vita di Benedetto, il pensiero non può non andare a quel 28 febbraio 2013, quando Ratzinger fu costretto a dare le sue dimissioni, poiché aveva percepito che la sua salute fragile e l’età che avanzava non gli avrebbero permesso di fronteggiare le incoerenze della Chiesa e le contraddizioni del suo tempo, scegliendo di obbedire profondamente a Dio. Le sue dimissioni furono una decisione sofferta, ma venuta da un discernimento illuminato dalla grazia della fede.
Ritirandosi dal pontificato non ha, però, cessato di operare per il bene della Chiesa. Il suo apparente silenzio, il suo farsi da parte non sono stati mai un farsi indietro, ma un porsi sempre al servizio, proprio come aveva promesso di fare sin dall’inizio del suo pontificato. “Sono un umile lavoratore nella vigna del Signore”: furono queste, infatti, le sue prime parole quando si presentò al mondo con il nome di Papa Benedetto XVI. E umile lavoratore è rimasto per tutta la sua esistenza.
Quella del papa emerito Benedetto XVI è stata una presenza appartata ma costante, non all’ombra ma in piena luce. Ha portato avanti la perseveranza alla fede fino alla fine, rispondendo con coraggio e fiducia alla chiamata di Dio. E come è morto? Dicendo: “Gesù, ti amo”. Anche il suo ultimo alito di vita ha voluto donarlo a Cristo.
Al termine delle esequie, papa Francesco ha toccato la bara del suo predecessore, benedicendolo e pregando per lui. Poi viene portato via dalla piazza, tra gli applausi fragorosi di una folla commossa e grata, accompagnando il suo ultimo viaggio terreno al grido di “Santo subito”.
Questo chiedono oggi i fedeli provenienti da ogni nazione, e con questo commosso saluto il papa viene trasportato nella basilica per essere tumulato nel luogo destinato delle Grotte Vaticane.
Nonostante il suo breve pontificato, tutto il mondo riconosce a Benedetto XVI il prezioso lascito di un magistero spirituale straordinario. È stato un teologo fuori dal comune, con la sua immensa conoscenza e cultura ha saputo unire la fede alla ragione meglio di chiunque altro. Nei tre volumi di “Gesù di Nazareth” ha tracciato in maniera indelebile i fondamenti razionali della fede, affermando e dimostrando che scienza e fede non sono in contrasto, ma possono cooperare insieme, alla luce della grazia di Dio.
È ciò che ha scritto anche nel suo testamento spirituale, rimasto inedito fino alla sua morte: “Rimanete saldi nella fede”. Questa la sua preghiera, queste le sue ultime volontà. “Rimanete saldi nella fede. Non lasciatevi confondere!… Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita, e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo”. La fede, come unica strada percorribile nel cammino verso la Verità.
Il papa emerito lascia, dunque, questa vita terrena con una scia di pace, di luce e di grazia che tutto il mondo oggi riconosce e sente. Joseph Ratzinger ha vissuto pienamente la sua esistenza, e se si potesse riassumere in poche parole si potrebbero usare quelle di San Paolo: “Ho combattuto una buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede”.