Da Leopoli Roma scopre Makysm Polulich: a 14 anni la sua rivincita nel pugilato

ROMA  – Maksym Polulikh ha 14 anni e la sua storia parla già di rivincita e vittoria. Viene dall’Ucraina, dalla regione di Leopoli, dalla città di Dobromil. Come tanti del suo popolo ha deciso di lasciarsi alle spalle gli orrori della guerra. E con essi anche casa e soprattutto la palestra di pugilato a Sambir, che raggiungeva dopo oltre un’ora di viaggio. L’amore per questo sport però non l’ha abbandonato. Domenica 5 febbraio, infatti, è salito nuovamente sul ring. Quello del Palazzetto delle Fiamme Oro di Roma. E ha trionfato. Una vittoria netta ai punti, vincendo tutte e 3 le riprese.

Maksym, junior 67 kg, ha esordito nel Pugilato Olimpico come atleta dell’a.s.d Monte Verde Boxe. Nella palestra dei tecnici Valerio Tamburini e Mattia Lamastra ci è arrivato ad ottobre, dopo una ricerca in rete. Molto conosciuta nel quartiere romano, divenuta negli ultimi anni punto di riferimento anche per zone limitrofe come Donna Olimpia, Corviale, Magliana, la realtà della Monte Verde Boxe accoglie ragazzi di ogni estrazione. Anche e soprattutto giovani provenienti da situazioni difficili, che trovano nella disciplina del pugilato un modo per non perdersi.

“La mia strada sportiva è iniziata a 11 anni racconta Max- prima facevo corpo libero ma soprattutto mi piaceva il pugilato ma mi sembrava impossibile praticarlo perché nel mio paese c’erano solo scuole di musica, di ballo e di calcio. Poi ho consociuto alcuni ragazzi che mi hanno invitato ad allenarmi con loro da soli, con i guanti le corde e un sacco di pugilato. Dopo qualche mese il padre di un mio amico ha iniziato a portare i miei amici in in un’altra città, Sambir, dove é nato mio padre e dove loro facevano pugilato. Alcuni mesi dopo mi sono unito a loro e lì ho conosciuto il mio primo allenatore, Yura Petruk. Lui dal primo giorno ha visto dentro di me un potenziale. Mi ha allenato per 4 mesi sulla tecnica portandomi anche in Transcarpazia, a 512 chilometri da casa mia a Dobromil prendendo l’autobus alle 4 del mattino. Purtroppo lo scoppio della guerra ha fermato tutto e sono venuto in Italia”.

In Italia da inizio marzo, Max ha raggiunto parte della sua famiglia che già viveva a Roma. L’ambientazione non è stata delle più facili. Infatti il primo giorno di scuola si ruppe il braccio dovendo portare il gesso per quasi un mese. In quest’ottica la vittoria di domenica nel suo primo match ufficiale acquista ancor più valore. Diventa un esempio di costanza, di dedizione, di lavoro. Un monito per chi si scoraggia alle prime difficoltà. I suoi tecnici infatti lo faranno partecipare nel prossimo futuro ad un torneo regionale, segno evidente di quanto puntino sulle qualità del ragazzo.

“Mi sento orgoglioso- </em>ha voluto sottolineare Maksym<em>- e sento di voler sempre crescere e andare avanti e non rimanere nello stesso posto. Questa è una regola che provo sempre a seguire. D’altronde devi saltare quando fa molta paura, altrimenti sarai sempre nella stesso posto”.

Doti non solo fisiche, ma anche caratteriali. I suoi allenatori lo descrivono come un ragazzo inizialmente serioso, freddo, ma subito disponibile verso i compagni. Che in poco tempo è riuscito ad aprirsi e a dimostrare il suo valore. E all’indomani di questa prima vittoria in Italia prova a descrivere le sue emozioni: “Per quanto mi riguarda, la prima sensazione è stata meravigliosa e nessuno può capirlo senza provarlo, senza essere al mio posto. Sentivo adrenalina e anche un po’ paura, ma tutto questo mi ha dato forza perché mi sono allenato tanto”.

Insomma un pugile alle prime armi ma con ben in mente ciò che deve fare e sacrificare per ottenere i risultati. Conscio delle difficoltà della vita che può cambiare da un momento all’altro. Nonostante la giovanissima età. La palestra della Monte Verde Boxe, difatti, è una piccola giovane e ambiziosa realtà che può aiutarlo nel suo percorso di crescita sportiva e umana. Un luogo dove tutto è dedicato ai ragazzi che decidono di indossare i guantoni e accettarne regole, gioie e dolori.

servizio di FEDERICO RAMPINI

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