Diritti d’autore per uso di software, approfondimento sulla potestà impositiva

In base alla prassi dell’Agenzia, il sostituto deve acquisire preventivamente la documentazione utile per l’applicazione delle ritenute convenzionali, in sostituzione di quelle domestiche

Roma – In un mondo sempre più “digitale” risulta importante individuare una corretta qualificazione della natura dei compensi corrisposti per l’uso o la concessione in uso di software. Al riguardo l’Amministrazione finanziaria ha appena pubblicato il principio di diritto n. 5/2023.

Normativa domestica
Risulta opportuno ricordare che il nostro ordinamento giuridico garantisce una tutela ai software mediante la legge n. 633/1941, ovvero la legge sul diritto d’autore, la quale assimila i programmi per elaboratore alle opere letterarie, conseguentemente i diritti relativi ai prodotti informatici rappresentano una forma di proprietà intellettuale.
I compensi per l’utilizzazione di opere dell’ingegno, corrisposti a non residenti in Italia, si considerano sempre prodotti nel territorio dello Stato se corrisposti da soggetti ivi residenti, in base all’articolo 23, secondo comma, lettera c), del Tuir.
L’utilizzare del software, che sfrutta l’opera dell’ingegno, se ricopre il ruolo di sostituto di imposta, al momento del pagamento è tenuto a effettuare una ritenuta alla fonte a titolo di imposta nella misura del 30% sulla parte imponibile del compenso pagato, come previsto dall’articolo 25, quarto comma, del Dpr n. 600/1973.
La ritenuta al 30% può essere mitigata, nel caso in cui sia stata ratificata una convenzione contro le doppie imposizioni più favorevole al contribuente. Infatti, l’articolo 10, comma 1, della Costituzione prevede, che l’ordinamento italiano debba adattarsi alle norme del diritto internazionale, mentre l’articolo 117 stabilisce l’obbligo di conformarsi ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e agli obblighi internazionali. In caso di conflitto tra norme interne e norme pattizie, è un principio consolidato di diritto internazionale la supremazia delle convenzioni rispetto alla legislazione interna.

Rimanendo nell’ambito delle norme tributarie, secondo l’articolo 75 del Dpr n. 600/1973 “nell’applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui redditi, sono fatti salvi accordi internazionali resi esecutivi in Italia”, invece l’articolo 169 del Tuir chiarisce che se le norme interne sono più favorevoli al contribuente, si applicano le stesse anche in deroga agli accordi internazionali.
Per la dottrina nazionale e internazionale non ci sono dubbi sul fatto che tali trattati, siccome speciali, prevalgono sulla normativa nazionale.

Disciplina convenzionale
Tale disciplina trova collocazione nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni nell’articolo 12 “Canoni”, il quale disciplina il trattamento fiscale delle royalties (o canoni).
Il paragrafo 4 dell’articolo 12 specifica che “il termine “canoni” designa i compensi di qualsiasi natura corrisposti per l’uso o la concessione in uso di un diritto d’autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche del <software>, delle pellicole cinematografiche e delle altre registrazioni di suoni o d’immagini, di brevetti, marchi di fabbrica o di commercio, disegni o modelli, progetti, formule o processi segreti, nonché per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche e per informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o scientifico”.
I paragrafi 1 e 2 dell’articolo 12 prevedono, rispettivamente, che “i canoni provenienti da uno Stato e pagati ad un residente dell’altro Stato sono imponibili in detto altro Stato” e che “tuttavia, tali canoni possono essere tassati nello Stato dal quale essi provengono e in conformità della legislazione di detto Stato, ma, se la persona che riceve i canoni ne è l’effettivo beneficiario, l’imposta così applicata non può eccedere il 5 (ndr. aliquota differente in base alle singole convenzioni stipulate dall’Italia) per cento dell’ammontare lordo dei canoni”.
Le disposizioni citate stabiliscono una tassazione concorrente dello Stato della fonte e dello Stato di residenza del beneficiario effettivo, mediante l’applicazione di una ritenuta convenzionale sull’importo lordo dei canoni.

Dalle disposizioni, sia interne sia convenzionali, emerge che l’utilizzatore nazionale è obbligato a effettuare la ritenuta a titolo d’imposta sui canoni corrisposti al beneficiario non residente, applicando l’aliquota domestica, ovvero l’aliquota più favorevole convenzionale nel caso di produzione, da parte del percipiente il canone, della documentazione attestante l’esistenza dei requisiti per fruire della ritenuta convenzionale.

Documenti di prassi
La prassi amministrativa ha chiarito le modalità applicative per l’applicazione diretta dell’aliquota convenzionale da parte del sostituto d’imposta, in luogo della richiesta di rimborso presentabile dal soggetto non residente ai sensi di quanto previsto dall’articolo 38 del Dpr n. 602/1973.
A tal proposito, riportiamo un breve estratto di quello che viene richiesto al sostituto d’imposta, per non incorrere nelle responsabilità che la legge pone a suo carico in caso di errata applicazione della ritenuta, in particolare:

  • […] le società eroganti potranno, per l’avvenire, applicare direttamente, sotto la propria responsabilità il trattamento convenzionale, omettendo di effettuare le ritenute all’atto della corresponsione delle royalties, previa produzione da parte del percipiente di una apposita domanda corredata dalla richiamata dichiarazione concernente l’inesistenza di stabili organizzazioni in Italia e sulla base di una indagine documentale diretta a stabilire se ricorrano le ulteriori condizioni cui l’esenzione è subordinata”. Ed inoltre “La documentazione suddetta dovrà essere allegata alla dichiarazione di cui’ all’art. 7 del D. P. R. 29 settembre 1973, n. 600 allo scopo di giustificare la mancata trattenuta sulle somme, da essa risultanti, corrisposte ai beneficiari statunitensi (ministero delle Finanze, circolare n. 86/1977)
  • […] questo ministero consente, in via provvisoria, che, i soggetti nazionali eroganti dividendi, interessi o redevances a beneficiari residenti in Svizzera applichino direttamente, sotto la propria responsabilità, il trattamento convenzionale previa produzione da parte dei beneficiari effettivi di apposito attestato ufficiale delle autorità elvetiche certificante l’inesistenza, per quanto a conoscenza delle’ autorità stesse, di stabili organizzazioni in Italia dei percipienti. Il richiamato attestato ufficiale deve altresì certificare la residenza e la tassabilità nella Confederazione svizzera dei beneficiari, nonché l’esistenza di tutte le altre condizioni previste dal patto internazionale. Per gli intestatari di azioni diversi dai beneficiari effettivi occorre altresì un affidavit bancario. La documentazione suddetta dovrà essere allegata alla dichiarazione di cui all’art. 7 del D. P.R. 29 settembre 1973, n. 600, allo scopo di giustificare l’applicazione della ritenuta ridotta sulle somme da essa risultanti, corrisposte a beneficiari svizzeri” (ministero delle Finanze, circolare n. 2/1980)
  • “E’ appena il caso di sottolineare in proposito che, per non incorrere nella responsabilità che la legge prevede a carico dei sostituti d’imposta, la stessa società erogante dovrà acquisire preventivamente tutti gli elementi idonei a comprovare la sussistenza delle condizioni richieste per l’applicazione del suesposto regime convenzionale (certificazione della competente Autorità straniera attestante la residenza statunitense del professionista e dichiarazione dell’interessato relativa al periodo di permanenza in Italia)” (ministero delle Finanze, risoluzione n. 1591/1984).

Nella suindicata prassi viene evidenziato che il sostituto d’imposta ha l’obbligo di acquisire preventivamente la documentazione utile per l’applicazione delle ritenute convenzionali, in sostituzione di quelle domestiche.
Il documento di prassi ritenuto fondamentale, per la qualificazione della natura dei compensi corrisposti per l’uso o la concessione in uso di software, è la risoluzione 128/2008, la quale chiarisce che nel nostro ordinamento giuridico i diritti sui programmi informatici rappresentano una forma di proprietà intellettuale, la cui tutela è garantita dalla legge sul diritto d’autore, la quale assimila i programmi per elaboratore alle opere letterarie.

Il principio di diritto 5 del 2023
In detto principio viene chiarito che:

  • l’articolo 2, n. 8, della legge sul diritto di autore include tra le opere protette ”i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell’autore”
  • ai sensi dell’articolo 23, comma 2, lettera c) del Tuir, i compensi percepiti per l’utilizzazione di opere dell’ingegno si considerano prodotti nel territorio dello Stato se corrisposti da soggetti ivi residenti o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti
  • l’articolo 25 del Dpr n. 600/1973 stabilisce che i compensi di cui all’articolo 23, comma 2, lettera c), del Tuir, corrisposti a non residenti, sono soggetti a una ritenuta del 30% a titolo di imposta sulla parte imponibile del loro ammontare.

In tale principio viene anche ricordato, che nel caso in cui esista una normativa convenzionale, la stessa dovrebbe prevalere rispetto all’ordinamento nazionale, come previsto dall’articolo 169 del Tuir e dall’articolo 75 del Dpr n. 600/1973, come confermato anche dalla giurisprudenza costituzionale.

Il principio di diritto richiama il paragrafo 12.2 dell’articolo 12 del Commentario al modello Ocse, il quale chiarisce che i diritti sui programmi di computer rappresentano una forma di proprietà intellettuale.
Inoltre, il paragrafo 13.1 evidenzia che i corrispettivi pagati per l’acquisizione di diritti parziali sul diritto d’autore, ovvero riferiti trasferimenti non totali del diritto d’autore, rappresentano un canone per il quale il corrispettivo viene riconosciuto per la concessione del diritto di usare il programma in casi in cui l’utilizzo del programma costituirebbe una violazione del diritto d’autore.
Invece, il paragrafo 14.4 sottrae dal campo di applicazione delle ritenute i contratti di mera distribuzione di programmi informatici. L’Italia, in relazione a quest’ultima interpretazione, ha espresso riserve, vedasi paragrafo 31.2, poiché ritiene che il paragrafo 14.4 vada applicato case by case e neppure in tutti i casi di “mera distribuzione”.

Il principio di diritto n. 5/2023 non fa alcuna distinzione tra distribuzione e mera distribuzione, andando invece a sottolineare che i canoni relativi alle licenze per riprodurre e distribuire al pubblico un software che incorpora il programma protetto dal diritto d’autore o per modificare e diffondere in pubblico il programma, sono corrisposti per lo sfruttamento di diritti che altrimenti apparterrebbero esclusivamente al titolare del diritto di autore.

Conclusioni
L’Amministrazione finanziaria, con la pubblicazione del principio in esame, ricorda che secondo l’ordinamento giuridico domestico, e secondo i chiarimenti resi nel Commentario al modello Ocse, i corrispettivi pagati per la concessione del diritto di usare, riprodurre e distribuire un programma informatico, in casi in cui ciò costituirebbe una violazione del diritto d’autore, devono essere soggetti a ritenuta d’imposta, in base alla ripartizione della potestà impositiva eventualmente prevista dalle singole convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia, in quanto non sono qualificabili come business profits.

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