Roma – La Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, con la pronuncia n. 130 del 23 marzo 2023, ha stabilito che le detrazioni relative alle spese sostenute per interventi di recupero del patrimonio edilizio e quelle per interventi finalizzati al risparmio energetico si trasmettono esclusivamente all’erede che detenga materialmente e direttamente il bene, diversamente, il possesso mediato del bene locato non integra il presupposto legittimante al beneficio fiscale in parola.
Una cartella di pagamento, originata dal controllo formale ex 36-ter, Dpr n. 600/1973, veniva impugnata davanti alla Ctp di Torino da un contribuente che contestava, per quanto ci consta in questa sede, alcune detrazioni relative alle spese sostenute per interventi di recupero del patrimonio edilizio e quelle per interventi finalizzati al risparmio energetico, per assenza del requisito della “detenzione materiale e diretta del bene” (trattandosi di spese sostenute dal de cuius) e per mancata presentazione della documentazione giustificativa.
In sintesi, secondo il contribuente, per la tipologia degli interventi svolti dal de cuius su parti comuni di immobili di sua proprietà, doveva ritenersi legittimo che la relativa detrazione fiscale, spettante al defunto, potesse trasmettersi validamente agli eredi, anche se questi non avevano conservato la detenzione materiale e diretta degli stessi immobili, come avvenuto nel caso di specie.
Secondo l’ufficio, che si costituiva in giudizio, al contrario, non vi sarebbe alcuna similare posizione giuridica tra gli originari aventi diritto alla detrazione e i loro eredi, avendo i primi sostenuto direttamente l’onere economico destinato al beneficio e non essendo i secondi gravati da alcun diretto onere economico. Quindi, a parere dell’Amministrazione finanziaria, perché gli eredi potessero conservare la detrazione caduta in successione, il legislatore, vista la loro posizione di vantaggio, aveva imposto loro, imprescindibilmente, l’onere di conservare la detenzione materiale e diretta dell’immobile caduto in successione.
I primi giudici accoglievano il ricorso, sulla base di un’interpretazione estensiva dell’articolo 16-bis Tuir.
Nel caso in esame, in sostanza, il titolare dell’immobile locato (ossia il contribuente) risultava, per un verso, proprietario legittimo di quest’ultima, per l’altro, possessore “mediato”: quindi, per le singole unità abitative locate, il contribuente poteva a buon diritto dimostrare il “possesso” degli immobili de quibus e, pertanto, vantare il diritto alla detrazione scaturente dall’articolo 16 citato. Di conseguenza, per la Ctp, per come letta la normativa di riferimento in rapporto con il disposto civilistico, non mancherebbero il “possesso o detenzione” richiesti dalla norma fiscale e legittimanti la possibilità di portare le spese sostenute, nei limiti dì legge, in detrazione.
Infatti, la legge riconosce al proprietario di una cosa la facoltà di goderne e disporne in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti stabiliti dall’ordinamento giuridico (articolo 832 cc).
Non vi è dubbio, secondo il Collegio torinese, che tra le prerogative ammesse dal legislatore in favore del dominus rientri quella di concedere il bene in godimento a un soggetto terzo, ad esempio attraverso un contratto di locazione, in forza del quale “una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo” (articolo 1571 cc). Con l’instaurarsi del rapporto giuridico patrimoniale tra locatore e conduttore si assiste, oltre che a una limitazione fisiologica delle modalità di impiego dell’oggetto in capo al primo, a una momentanea scissione tra potere astratto sulla res, discendente direttamente dal diritto di proprietà, e potere di fatto sulla stessa, che l’articolo 1140 cc individua come situazione possessoria. Ma è lo stesso codice ad ammettere tale eventualità, nella parte in cui prevede che “si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione” (articolo 1140 cc, secondo comma).
Proponeva gravame l’ufficio, riscontrando un grave deficit nel processo decisionale della sentenza di prime cure, che poggerebbe su un’interpretazione del tutto errata del combinato disposto degli articoli 16-bis Tuir e 1140 del codice civile.
La sentenza
Nell’accogliere l’appello dell’ufficio, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte osserva come la norma fiscale abbia chiaramente inteso limitare il beneficio della detrazione fiscale per i lavori realizzati nelle parti comuni dell’edificio ai soli detentori “materiali e diretti” del bene, in ipotesi ove il contribuente avesse avuto, oltre la proprietà, anche la residenza nell’abitazione.
Tale diverso trattamento, secondo la Corte, risponde a scelte discrezionali del legislatore e non appare irrazionale o contrario a principi costituzionali tanto da imporre una interpretazione come quella fornita dal giudice di primo grado.
In ultima analisi, occorre osservare come l’interpretazione letterale sia da preferire, nel caso affrontato, dai giudici piemontesi.
Infatti, l’articolo 16-bis, comma 8, ultimo periodo Tuir dispone che “in caso di decesso dell’avente diritto, la fruizione del beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all’erede che conservi la detenzione materiale e diretta del bene”.
In definitiva, nel caso in commento, il contribuente, pur mantenendo il “possesso mediato” degli immobili locati, non conserva in alcun modo la “detenzione materiale e diretta” – specificamente richiesta dalla legge –di tali immobili, la quale, semmai, spetta ai soli conduttori degli stessi in virtù del vincolo contrattuale originariamente intercorso fra questi e il de cuius.
Il fatto stesso che il legislatore abbia precisato con gli aggettivi “materiale” e “diretta” la qualità della detenzione è dimostrazione evidente che questi intendeva escludere dal beneficio della conservazione della detrazione proprio quegli eredi che, pur mantenendo il “possesso mediato” sugli immobili ricevuti in successione, non potevano più disporre degli stessi in modo “materiale e diretto”, in quanto tenuti ad adempiere a un obbligo contrattualmente vincolante, come la locazione, da loro assunto nei confronti di terzi.
La posizione espressa dalla giurisprudenza in commento – va precisato – si riscontra anche nella stessa prassi dell’Amministrazione finanziaria che, con le circolari n. 20/2011 e n. 7/2017, ha chiarito che il contribuente erede, concedendo in comodato o in locazione l’immobile, non può più disporne in modo diretto e immediato e, pertanto, non può continuare a beneficiare della detrazione per le spese di ristrutturazione sostenute dal de cuius.