Navigando sul confine della narrazione e della storia vera, questo romanzo di Alberto Savioli, archeologo a Ninive nel nord dell’Iraq, narra la storia d’amore di due ragazzi siriani impegnati nella lotta politica contro il regime di Assad. L’amore sbocciato fra i due protagonisti Salma e Nassim deve fare i conti prima con la realtà della Primavera araba siriana e poi con la barbarie della guerra civile. Le vicende si snodano in un complicato intreccio di rituali e ricordi nel quale scorre la quotidianità di molte vite e generazioni con al centro la città Salamiyya. Nassin in esilio a Parigi sarà tormentato dal senso di colpa di non poter aiutare la propria terra, Salma, invece, privilegia la lotta politica all’amore per Nassim.
Sullo sfondo la Siria ottomana, i racconti dalle carceri dello zio dissidente, l’arak sorseggiato freddo nelle notti d’estate, le famiglie che protette dal silenzio dei loro giardini ci rivelano i sentimenti più segreti del mondo arabo. I personaggi, infine, dovranno ognuno convivere con le proprie cicatrici, contro il dispotismo e la ferocia e mai arresi all’idea della rinascita del proprio paese.
ALBERTO SAVIOLI archeologo e scrittore, dal 1997 in poi ha lavorato in Siria, Libano, Turchia, Iraq, Arabia Saudita. In Siria ha trascorso molti anni impegnandosi anche nello studio della società e della cultura beduina. A seguito dello scoppio della Primavera araba siriana, nel 2011, ha concentrato i suoi progetti lavorativi in Iraq. Tutt’ora è impegnato con l’Università di Udine nel Progetto Archeologico Terra di Ninive nel Kurdistan Iracheno. Dal 2011 ha partecipato alle vicende della rivolta siriana, sia personalmente che attraverso le testimonianze di amici, parenti e attivisti che vivevano in Siria. Ha collaborato con la redazione del sito SiriaLibano e Q Code Magazine, con la rivista di geopolitica LiMes, e con diversi giornalisti che scrivono di Medio Oriente. Nel 2014 mentre scavava nel nord di Mosul (Iraq), ha assistito all’avanzata dello Stato islamico (Isis) e all’attacco contro le comunità Yazide. Nel 2018 pubblica il suo primo libro: Allah, La Siria, Bashar e Basta? (ripubblicato nel 2020 con MReditori). Ho sognato spighe d’oro e pianto è il suo secondo libro pubblicato con Poiesis Editrice nel 2022.
Ciao Alberto e grazie per voler approfondire con noi i contenuti del tuo secondo romanzo e l’esperienza durante gli anni di lavoro in Medio Oriente. Come si è evoluto l’interesse sulla storia di queste terre, la ricerca, e l’idea di pubblicare Ho sognato spighe d’oro e pianto?
“Ho iniziato a lavorare come archeologo in Siria nel 1995, in questo Paese ho lavorato e vissuto per 14 anni. Altre esperienze lavorative mi hanno portato in Libano, Turchia, Iraq e Arabia Saudita, quindi inevitabilmente con il tempo ho approfondito diversi aspetti legati a questi paesi (politica, interessi culturali, arte, poesia, letteratura e aspetti etnografici).
Posso dire di aver vissuto e visto con i miei occhi le recenti pagine di Storia del Medio Oriente, la Rivoluzione dei cedri (2005) e la guerra tra Israele ed Hezbollah (2006) in Libano, la Rivoluzione siriana (2011) e le sue premesse, l’emergere dello Stato islamico tra Siria e Iraq (2013), la fuga dall’Isis della comunità yazida e cristiana verso il Kurdistan iracheno (2014), le operazioni militari turche nella città a maggioranza curda di Diyarbakir (2015), fino alla lotta contro lo Stato islamico condotta dai peshmerga nei territori del Governo regionale del Kurdistan iracheno (2014-2017), per citare solo alcuni degli avvenimenti più significativi.
In questo contesto politico-culturale nel corso degli anni si sono sviluppate le mie ricerche, che mi hanno portato a conoscere in modo approfondito due realtà: i beduini e gli ismailiti. I beduini siriani, una popolazione nomade, sono al centro della mia tesi di laurea (Le tribù beduine della Siria e l’arte del tatuaggio) e della narrazione del precedente libro che ha carattere più saggistico: Allah, la Siria, Bashar e basta?.
La comunità degli ismailiti (sciiti) invece, è il fulcro attorno al quale si sviluppa il racconto di Ho sognato spighe d’oro e pianto. L’idea con questo libro è di continuare a raccontare la realtà siriana, scomparsa per lo più dai media che si occupano di nuovi conflitti, attraverso lo strumento della narrativa, raccontando l’amore e la vita dei due personaggi principali che attraversano il caos siriano. Ho pensato fosse un modo più facile e comunicativo per tenere viva l’attenzione su questa nazione”.
Sei archeologo e scrittore, hai partecipato direttamente e indirettamente alle vicende della rivolta siriana. Da quale prospettiva hai vissuto questa esperienza e quanto di te c’è nel tuo libro?
“Prima di essere archeologo e scrittore sono una persona che ha vissuto molti anni in Siria e di conseguenza ho stretto relazioni di amicizia profonda con molte persone che, tengo a precisare, appartengono a comunità e strati sociali differenti tra loro e quindi hanno reagito diversamente di fronte alla Rivoluzione e al conseguente conflitto armato che ha sconvolto il loro Paese.
Non essendo una persona che ha svolto un lavoro di pochi mesi e se ne è andata, ma al contrario che ha posto una parte delle proprie radici in Siria, non ho potuto rimanere impassibile di fronte alle ingiustizie, violenze e soprusi, la cosa è stata tanto più difficile quando ha coinvolto le persone a me più vicine.
La conoscenza approfondita della realtà locale e i molteplici contatti han fatto sì che avessi una realtà privilegiata di osservazione su quanto stava accadendo; alcuni amici sono rimasti fedeli al Presidente siriano e al suo regime, altri hanno partecipato attivamente alle manifestazioni di piazza della Primavera araba siriana, altri sono diventati combattenti di gruppi armati di opposizione, c’è chi è finito in carcere e ha subito torture, chi è scomparso definitivamente, chi invece si è trovato a vivere nei territori controllati dallo Stato islamico.
Queste esperienze mi hanno portato ad avere contatti e stringere anche delle collaborazioni con diversi giornalisti che si occupano di Medio Oriente e Siria e che lavorano per la stampa nazionale. Una parte di quest’esperienza è confluita nei miei libri, soprattutto quella relativa alla cronaca della Rivoluzione e del conflitto.
Tutte le altre vicende raccontate nel libro sono in parte autobiografiche dal momento che iniziano ben prima dello scoppio della Rivoluzione nel 2011, altre sono mediate dai racconti di amici, esperienze vissute da qualcuno anche se non accadute a me direttamente. Quello che posso dire è che poco di quanto raccontato è frutto di invenzione, facendo un’analogia potrei dire che il contenuto del pacco è realtà, mentre la scatola, la carta e il fiocco a volte sono finzione narrativa.”
I personaggi Nassim e Salma sono impegnati in maniera differente nella lotta politica contro il regime di Assad. È stato appassionante ripercorrere, attraverso la lettura, due percorsi così diversi ma in qualche modo intimamente coincidenti e connessi, ti va di parlarcene?
“Nassim e Salma rappresentano due personaggi la cui esperienza di vita e rivoluzionaria ha un medesimo punto di partenza, la loro cittadina, Salamiyya, ma la parabola delle loro vite li porta a vivere esperienze diverse, anche per indole e per loro natura, più riflessivo e introspettivo Nassim, più sanguigna e impulsiva Salma. Ciò che li unisce è l’amore e la Rivoluzione, ciò che li dividerà sarà l’amore e la Rivoluzione.
La loro lotta ideologica non è solo contro il regime del raìs siriano, ma più in generale contro ingiustizie e soprusi che provengono da diversi contendenti finiti nello scacchiere siriano. Insieme inseguono la visione utopica di un futuro migliore o comunque diverso dal passato dei loro zii e padri, in questo senso la loro lotta è anche generazionale e nel caso di Salma e di altre attiviste presenti soprattutto agli albori della Rivoluzione (tutte figure storicamente reali), si configura anche come emancipazione di genere.
Ma oltre ai due personaggi principali, punto centrifugo del racconto è un luogo geografico, Salamiyya, considerata la “capitale” degli ismailiti siriani (una comunità sciita). La scelta di posizionare qui il racconto nasce, oltre che dalle mie conoscenze, dalle caratteristiche particolari della città nella quale convivono ismailiti, alawiti (entrambe comunità sciite) e sunniti. La città viene identificata storicamente come “città di dissidenti e poeti”, ma qui è anche molto forte la componente (soprattutto alawita) fedele al regime di Assad. Città natale di uno dei maggiori poeti siriani, Muhammad al-Maghut, venne da lui definita “la città del fango e dei sogni”. Salamiyya è il paradigma della complessità e diversità siriana”.
Il libro del poeta siriano al-Maghut è un fedele compagno per il protagonista Nassim: quale ruolo assume la poesia in uno scenario di guerra, terrore e spargimento di sangue?
“Le poesie di Muhammad al-Maghut, racchiuse in un libro, accompagnano Nassim nel suo viaggio lontano dal Paese natale, sorte accaduta a molti siriani. La poesia non è solo un artificio narrativo, questa forma d’arte permea tutta la società siriana. La poesia, classica o contemporanea, è conosciuta anche da chi appartiene a livelli sociali e culturali più bassi. Mi è capitato a volte di ascoltare dei pastori beduini raccolti attorno al focolare declamare versi di poeti classici che raccontano il mondo nomade, oppure sentire due fratelli che verseggiavano in modo alternato, rilanciando a vicenda come fosse una sfida, alcune strofe di una poesia.
In questo senso, nella realtà come nella finzione narrativa, la poesia utilizzata nel libro assolve molteplici funzioni: collega le persone alle proprie radici e tradizioni, accompagna l’esule che tramite i versi sente il profumo di casa, culla il cuore affranto con una funzione quasi terapeutica, e ribadisce con versi taglienti l’inutilità dei conflitti e dello spargimento di sangue”.
Hai scritto che “la guerra è sincera, racconta la verità, in questo senso è autentica […] svela la natura dell’uomo senza troppe mistificazioni e accessori”: cosa emerge dalle pagine del tuo libro?
“Dalle pagine del libro emerge che la guerra è una brutale realtà che può colpire ognuno di noi, nessuno ne è realmente immune, è una valanga che travolge la Storia e le singole storie individuali, è un contenzioso che non lascia vincitori ma solo vinti. Chi si sente vincitore in un conflitto come quello siriano è qualcuno a cui non sta a cuore la vita e le esistenze delle persone.
La sintesi del libro è che di fronte alle ingiustizie di un conflitto e in mancanza, al momento, di tribunali che condannano chi si è macchiato di crimini contro l’umanità, solo la parola e il racconto possono rendere se non giustizia, verità alle vittime. Altro elemento che emerge da queste pagine è il valore salvifico dell’amore, anche fosse solo un amore estetico o carnale. Lo si evince nelle ultime pagine del libro, con la rinascita di Nassim e di un altro personaggio che non voglio svelare, verrebbe meno la sorpresa”.
Come definiresti il tuo libro e chi potrebbe esserne il lettore ideale?
“La prima definizione che mi viene in mente è che si tratta di un libro verità, è reale e puntuale nel racconto dei fatti di cronaca relativi alla Rivoluzione e al conflitto, alcuni personaggi (gli attivisti) sono figure storiche realmente esistite, altri (militari o combattenti islamisti) hanno nomi di fantasia ma sono ritagliati su personaggi reali. Al contempo è un libro che parla d’amore ed è estremamente poetico, non solo per la profusione di versi di poesia utilizzati e di rimandi poetici. Lo definirei anche un libro sensoriale, dove chi conosce la Siria o il Medio Oriente più in generale, può ritrovare colori, odori e note musicali, in primis quelle della cantante libanese Fayruz.
Per tutti questi aspetti, è sicuramente un libro indicato a chi ha seguito il conflitto siriano ma anche per chi non lo ha compreso, attraverso uno strumento più facile della saggistica, la narrativa, può capire almeno in parte cosa è accaduto. Ma al di là di quest’ambientazione, come ho avuto modo di dire, è un libro estremamente poetico e che racconta una storia d’amore, quindi universale, in questo senso è un libro indicato a tutti.
Mi ha sorpreso avere molti riscontri positivi da chi ha letto il libro e non aveva un’infarinatura o interesse al Medio Oriente, probabilmente la sensibilità e l’empatia per le persone (non i personaggi) raccontate vanno oltre l’ambientazione storica. Consiglierei la sua lettura a chi vuole sognare spighe d’oro e piangere, ma anche sperare e sorridere”.
Stai lavorando a nuovi progetti?
“Ho due idee molto concrete per quanto riguarda un nuovo progetto narrativo, anche se non sto ancora lavorando realmente su un testo. Per ogni libro ho bisogno di concludere un percorso che non riguarda solo la scrittura e la pubblicazione, e ho bisogno di sentirmi ormai lontano da una storia per impegnarmi in una nuova. In questo senso tengo ancora in mano Ho sognato spighe d’oro e pianto, non è riposto negli scaffali della mia libreria emotiva”.