“Ombra” di Mattia Coda, un romanzo horror ambientato nelle affascinanti e misteriose terre d’Egitto

“Quell’oggetto che sembrava custodire una forza magica. Perché volente o nolente quell’oggetto aveva in sé una forza che solo un qualcosa di magico poteva possedere.”

L’ombra del faraone Akhenaton è intrappolata in un antico specchio: il suo malvagio desiderio di tornare al mondo e dar vita ad un nuovo regno del male sta per compiersi.

Le vicende di Mike, un infermiere londinese, di Emily e George, una coppia di Calais, e di Jenny, un’audace hostess, si incroceranno, non senza colpi di scena, fino a condurli ad Amarna, un villaggio egiziano dalle cui antiche sabbie desertiche sta riemergendo una misteriosa piramide.

MATTIA CODA è nato a Volterra il 29 novembre 1990 e vive a Tempio Pausania, in Gallura, dall’età di sei anni. Ha frequentato il liceo scientifico e, una volta conseguita la maturità, ha studiato presso l’Università degli Studi di Sassari, laureandosi in Economia & Management. Successivamente alla laurea ha frequentato il praticantato presso uno studio di consulenza del lavoro nella sua città di residenza e al termine dello stesso ha superato con successo l’Esame di Stato, ottenendo il titolo di Consulente del Lavoro. Lavora come impiegato presso il medesimo studio presso il quale ha svolto il periodo di praticantato. È un assiduo lettore e questa passione l’ha spinto ad addentrarsi nel mondo della scrittura, cercando di ricreare con le parole le sue fantasie e le sue idee. Ombra (Gruppo Albatros Il filo, 2022) è il suo secondo lavoro, mentre la sua prima opera, intitolata Fòbia, è stata pubblicata nel febbraio 2022 dalla casa editrice Elison Publishing.

Parlaci di Ombra e del perché hai scelto l’Egitto e la sua tradizione millenaria

“Con Ombra ho voluto compiere un viaggio. Si tratta di un viaggio fisico che ho compiuto insieme a ciascun protagonista e che mi ha condotto fino alle misteriose terre egiziane, ma anche un viaggio attraverso il tempo, nel tentativo di riportare il passato al presente.

Scegliere l’Egitto, inoltre, è stato semplice: esso è a parer mio il luogo più affascinante e arcano dell’intero pianeta, il cui passato rimane ancora per certi versi sconosciuto. Quale miglior posto per ambientare una storia di questo genere? E anche la scelta del personaggio non è stata casuale: Akhenaton rappresenta un personaggio ambiguo, sicuramente ambizioso essendo stato il primo faraone a perseguire una religione monoteista, ma allo stesso tempo oscuro. Questo è dovuto al fatto che i suoi successori hanno voluto cancellare ogni traccia del suo regno, condannandolo alla terribile pratica della damnatio memoriae.

Ho immaginato dunque che la sua voglia di vendetta fosse talmente grande da far sì che la sua anima rimanesse radicata alla realtà, e nello specifico all’interno di un antico e apparentemente innocuo specchio, che sarà ritrovato casualmente nel presente da Mike, un infermiere londinese la cui esistenza cambierà per sempre.”

Possiamo definire il libro un horror. Come nasce la passione per questo genere?

“La stesura di un romanzo è sicuramente influenzata dalle letture e sotto questo punto di vista devo confessare di essere un amante del genere. Ho scoperto l’horror grazie a Stephen King, del quale ho letto talmente tanti libri da averne perso il conto. Ma King rappresenta il tappo del fatidico vaso di Pandora e una volta scoperchiato per me è stato come aprire un mondo. Ho amato Bram Stoker, Edgar Allan Poe e Dan Simmons, per arrivare ai nostri Donato Carrisi e Piergiorgio Pulixi.

Credo che l’horror sia ancora oggi un genere sottovalutato, probabilmente perché legato alla fantasia, alla visione di esseri che esistono solamente nella mente di alcune persone. Io collego l’horror alla paura, intesa come emozione: questo genere è in grado di calamitare la mente del lettore sul libro e di costringerlo a continuare a leggere per sapere ciò che succederà nella pagina successiva. Ed è in grado di aprire la mente, di far immaginare nei dettagli cose che non esistono.

E anche io ho voluto prefiggermi questo scopo durante la stesura di Ombra, ossia quello di incuriosire il lettore al punto tale da spingerlo ad arrivare fino all’ultima pagina, per capire come si concluderà questa storia, per quanto assurda e irreale possa sembrare.”

Che rapporto si instaura fra il misterioso specchio e i personaggi?

“Lo specchio rappresenta l’elemento cardine del romanzo, un oggetto in grado di sopravvivere ai millenni e di custodire al suo interno l’anima rancorosa del faraone Akhenaton. Un oggetto apparentemente innocuo, in grado di sovvertire le sorti dell’intero pianeta. Su di esso si incentra l’intero romanzo, con gli antagonisti Mike e George che tentano in ogni modo di soddisfare la volontà dell’anima prigioniera del faraone di tornare ad Amarna, luogo in cui l’essere intende rinascere definitivamente e tornare alla vita e, di contro, con Emily, Jenny e Sadid che portano avanti una guerra contro una sensazione, contro l’ignoto, proseguendo il loro viaggio testardamente senza sapere di preciso quale sia il motivo che li spinge ad arrivare fino al deserto egiziano.

Si tratta di persone normali assolutamente impreparate a ciò che dovranno affrontare, persone che nella vita svolgono impieghi comuni che vengono trascinati in questa storia dalle volontà di esseri superiori, come se fossero piccoli granelli di sabbia nell’immensità di un deserto, semplici pedine di una gigantesca scacchiera, in cui i giocatori non sono altro che le forze del bene e quelle del male.”

Quanto incide l’ambientazione che hai creato e che atmosfera può aspettarsi il lettore?

“Credo che il fascino dell’Egitto sia ideale per il genere di atmosfera che ho voluto ricreare. Si tratta di un romanzo in cui il mistero ne fa da padrone, con diversi nodi da sciogliere che si protrarranno fino alle ultime pagine, con ritmi talvolta incalzanti e adrenalinici. Precedentemente ho raffigurato Ombra come un viaggio, ma seguendo questa metafora posso dire che più che un viaggio si tratta di una vera e propria corsa contro il tempo.

Inoltre, l’idea che in un territorio così vasto, sotto milioni di tonnellate di sabbia, si possa celare ancora qualche mistero che attende pazientemente di essere scoperto, ha rappresentato lo spunto dal quale iniziare la stesura del romanzo. Ogni dettaglio non è stato lasciato al caso: molti storici infatti credono che l’unico abbaglio che ha macchiato la vita archeologica di Flinders Petrie, uno dei più importanti egittologi mai esistiti e scopritore di diverse mummie, è stato proprio quello di identificare il corpo mummificato di un faraone ritrovato nella Valle dei Re come quello di Akhenaton. Da qui nasce anche l’idea che il padre di Tutankhamon, il cui corpo dunque non è stato probabilmente mai ritrovato, fosse il personaggio ideale per il mio romanzo.”

I personaggi sono legati da un filo indissolubile e le loro storie prendono una piega dalla quale non riescono a sottrarsi. C’entra qualcosa il destino?

“Il destino è sicuramente il personaggio principale del romanzo. Persino le idee, le frasi dette e quelle soltanto pensate vengono manovrate o in qualche modo influenzate all’interno del libro dal destino. Ma è un po’ la visione che ho della vita: siamo sicuri che le scelte che facciamo ogni giorno siano scelte libere e non sono il frutto di un disegno già delineato? Probabilmente è proprio questo il fatidico mistero della vita e all’essere umano non è concesso avere risposta a questa domanda. Ma, per una volta, ho voluto invertire i ruoli: in Ombra ho voluto essere io il destino, come una sorta di dio in grado di decidere le sorti delle proprie creazioni, di stabilire fortune e fatalità di ciascun personaggio.

Ed è stato divertente, perché anche durante la stesura del romanzo non ho mai voluto stabilirne a priori una conclusione, ma ho voluto seguire la storia di getto, inseguendo le idee del momento, le intuizioni e le sensazioni. E mi piace pensare che sia il frutto di un’evoluzione anche interiore che ho avuto io stesso durante la scrittura. Dunque, io in prima persona, non sapevo se tutti gli intrecci creati si sarebbero conclusi in maniera positiva o negativa. Alla fine, posso dire di essere stato un dio misericordioso.”

Cosa hai voluto trasmettere con il tuo libro?

“Ho voluto raccontare semplicemente una storia. Una storia ricca di fantasia, impregnata della magia del passato, ma vissuta al presente e orientata ad un futuro roseo. Ma non solo. Ho voluto trasmettere paure, generate da sensazioni inquietanti, ricordi sbiaditi e fobie mai superate. Ho voluto anche viaggiare con la mente. Ho voluto che il lettore immaginasse di passeggiare tra le vie di Londra insieme a me e a Mike, guardare le bancarelle del mercato di Spitalfields e bere una buona birra inglese al Good Charlotte. Ho voluto osservare malinconicamente le coste di Dover dalla sponda opposta della Manica e in particolare da Calais, mentre nella mente risuona una musica che sa di antico, che sa di Egitto. Proprio come è successo ad Emily.

L’ho fatto silenziosamente, come se fosse un segreto da non rivelare a George, che magari sonnecchia sul divano ignaro dei pensieri di libertà della sua compagna. Ho voluto immedesimarmi nelle sensazioni che provano le hostess di un aereo nei confronti dei passeggeri impazienti e indisciplinati. Ho voluto dormire nel deserto, all’interno di un sacco a pelo, con Nile di fianco che riposa dopo la lunga carovana e con Sadid che tenta di librare la sua anima nell’aria, staccandola dal suo corpo. Ho voluto raccontare semplicemente una storia. Ho voluto semplicemente sognare.”

Che tipo di scrittore sei o ti piacerebbe diventare?

“Non ho mai pensato a dove mi potrebbe portare o far arrivare la scrittura. Per me aver pubblicato due libri, Fòbia, edito dalla Edison Publishing, e per l’appunto Ombra, edito dal Gruppo Albatros Il Filo, è già di per sé una grande soddisfazione. E spesso dico a me stesso che anche se non dovessi avere più la fortuna di vedere un racconto trasformarsi in un libro stampato, vorrò continuare a scrivere. Vorrò farlo perché sono curioso di ciò che una storia può darmi, di quanto un racconto può incuriosirmi. Vorrò continuare a farlo per capire quanto la mia fantasia possa spingersi oltre.

La scrittura può essere paragonata ad una valvola di sfogo per l’immaginazione, che, vuoi per motivi etici, vuoi per motivi anagrafici, viene spesso incatenata all’interno della mente degli individui. E voglio trovare il tempo per sganciare quella catena e lasciar correre la fantasia, ovunque essa voglia. E voglio correre con lei. Voglio seguirla. Voglio sentirmi bambino, seguire l’irreale, il paranormale, le paure e i bei finali.

Dunque non ho una risposta precisa a questa domanda, non so ancora definire che tipo di scrittore sono e non so cosa potrei diventare, ma so, con assoluta certezza che a prescindere dal come, voglio continuare ad esserlo.”

Hai altri libri nel cassetto?

“Ovviamente. Ho scritto un terzo libro che sarà ambientato in Giappone e che sto sottoponendo alle attenzioni delle case editrici e sto continuando a scrivere, cercando di migliorare il mio stile, senza perdere di vista ciò che sono realmente. Senza camuffarmi. Ho voglia di inoltrarmi anche in altri generi, come ad esempio il noir, che ha molte sfaccettature dell’horror, ma che riesce a rimanere maggiormente ancorato alla realtà. Mi piacerebbe scrivere un libro ambientato in Italia, nel tentativo di trasformare in immagine mentale i luoghi che ho visto realmente, sperando di far viaggiare non solo la mia di fantasia, ma anche quella del lettore. Ho anche intenzione di rispolverare altri personaggi del passato, che da sempre mi hanno affascinato. Personaggi legati al mistero, a fatti inspiegabili, ad eventi mistici. E vorrei anche proiettare un libro nel futuro. Perché credo che il futuro sia l’unico tempo in cui uno scrittore può considerarsi assolutamente libero, dato che nessuno può dirci come sarà realmente. Non ci sarebbero appigli a cui aggrapparsi, ma si tratterebbe di un salto nel vuoto. Di un salto verso l’ignoto.

Dunque la mia speranza è quella di ritrovarci nuovamente in futuro per altre interviste, rispondere alle tue domande con risposte dettate da visioni differenti da quelle odierne, magari più mature e più sensate.”

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