Il tema dello screening neonatale rappresenta, ad oggi, la sfida principale che la SIMMESN, Società Italiana per lo Studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie e lo Screening Neonatale, si trova di fronte. Tra i tanti aspetti problematici di interesse per le diverse componenti implicate nel processo, ne abbiamo scelti alcuni particolarmente critici e necessariamente da condividere. Per farlo, in questa sede, abbiamo selezionato alcune parole chiave su cui riflettere. Esse rappresentano i principali punti di partenza per avviarci sulla strada della verifica e revisione della qualità delle prestazioni erogate nell’ambito di questo programma di salute pubblica preventiva di successo. Efficienza. In sanità, come noto ai più, l’efficienza è il rapporto fra risorse impiegate (input) e servizi erogati (output) e viene misurata da indicatori di rendimento che permettono il monitoraggio della produttività delle risorse utilizzate in relazione ai volumi di attività prodotti dal sistema valutato, anche in comparazione a precisi benchmark di riferimento. L’efficienza può anche essere misurata in termini di numero di errori che si compiono prima del raggiungimento di un determinato obiettivo, in termini di tempo impiegato o di risorse necessarie per la sua realizzazione.
La misurazione ed il monitoraggio degli indicatori di efficienza di un sistema come quello dello SN permetterebbero di adottare misure condivise, magari anche prospetticamente comparate, tali da consentire la massimizzazione dei servizi erogati in relazione ai fattori produttivi impiegati e la minimizzazione dei costi di produzione. La letteratura medica non manca di valutazioni dell’efficienza di singoli programmi di screening neonatale per determinate patologie, ma sul piano nazionale ancora manca un’azione coordinata in tal senso. A nessuno comunque sfugge la rilevanza che una simile stima, in termini di analisi comparativa per patologia o per centro, potrebbe avere nell’indicare azioni correttive di miglioramento. Equità. Il Servizio sanitario nazionale, istituito nel lontano 1978, si fonda sui principi indefettibili di universalità ed eguaglianza, veri e propri assi portanti della riforma tendenti ad assicurare la coesione sociale del Paese e contrastare le conseguenze sulla salute frutto delle disuguaglianze sociali, derivanti dalle diverse condizioni socioeconomiche dei singoli territori. Nel tempo, con l’incremento dell’età della popolazione generale e, relativamente all’età pediatrica della prevalenza di minori affetti da patologie croniche prima intrattabili, alla tradizionale idea di eguaglianza in base alla quale individui con lo stesso stato di salute, o di bisogno, devono venire trattati allo stesso modo (equità orizzontale), si è progressivamente affiancata la convinzione che individui con stato di salute peggiore, ovvero con maggiori bisogni, devono venire trattati con maggiori attenzioni (equità verticale). In conseguenza di questa evoluzione del principio di eguaglianza si sono andati delineando tre diversi ambiti in cui il corollario dell’equità deve trovare concreta realizzazione: l’accesso ai servizi sanitari, i risultati di salute in capo ai singoli soggetti, l’allocazione delle risorse in misura proporzionale ai bisogni. Anche su questo punto non possiamo tacere le iniquità orizzontali e verticali che il SSN, oggi per sua natura frammentato e scarsamente coordinato dopo la riforma, del 2001, del titolo V della Costituzione, consente e non sembra in grado di ridurre.
Nel merito, la SIMMESN deve innanzitutto prendere atto di queste realtà e, nel rispetto delle norme statutarie, attivarsi per migliorare la qualità dell’assistenza sull’intero territorio nazionale. Per fare ciò sarà necessario agire sullo sviluppo organizzativo dei diversi programmi regionali di screening neonatale senza tralasciare la necessità di promuovere l’imprescindibile integrazione tra attività di laboratorio di screening e conferma diagnostica da una parte e centri clinici di riferimento dall’altra. Sostenibilità. La sostenibilità è un concetto la cui complessità sembra aumentare in modo esponenziale. La definizione più spesso citata viene dalla Commissione mondiale dell’ONU sull’ambiente e lo sviluppo (WCED): “lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”. Di conseguenza, la sostenibilità è definibile come la capacità di soddisfare gli attuali bisogni senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri (sostenibilità verticale). Ai più però sembra sfuggire il tema di una sostenibilità attuale dei sistemi complessi, quale quello sanitario, che indipendentemente dal livello da cui è gestito, dispone di risorse finite che devono essere allocate tenendo conto delle priorità e delle conseguenze a lungo termine delle scelte operate. La sostenibilità è dunque il processo di vivere entro i limiti, non solo delle risorse fisiche e naturali disponibili, ma anche di quelle sociali e dunque economiche attuali (sostenibilità orizzontale) in maniera tale da consentire a tutti i sistemi organizzati in cui gli esseri umani sono incorporati di prosperare in perpetuo. L’astrazione planetaria del concetto di sostenibilità sembra dunque allontanare l’opinione pubblica, e anche molti operatori della salute, dalla rilevanza di considerare prioritariamente la nozione di sostenibilità immanente del sistema Paese soprattutto in relazione alla possibilità di mantenere un SSN universale a fronte di un aumento esponenziale dei costi, soprattutto tecnologici, necessari per mantenerlo.
Oggi siamo dunque chiamati a chiederci se l’attuale programma di screening neonatale, recentemente esteso a 49 Malattie Metaboliche Ereditarie, sia sostenibile per il nostro Paese in misura equa e universale senza sacrificarne i necessari livelli di qualità. A seguito dei recenti progressi tecnologici nel campo del sequenziamento genomico, inoltre, il potenziale di incorporazione di queste tecnologie nei programmi di screening neonatale è molto promettente, ma aggiunge costi da comparare e comporta implicazioni etiche che devono essere attentamente considerate per evitare di compromettere il soddisfacente livello di fiducia raggiunto nel nostro Paese relativamente a questo intervento di prevenzione primaria. Noi riteniamo sia nostro dovere avviare un’analisi attenta e sistematica delle prestazioni attualmente erogate valutando con attenzione le tante possibilità di efficientamento che un coordinamento e, perché no, una convergenza dei diversi programmi locali da regionali a sovraregionali, potrebbe offrire. Senza un nostro pragmatico e accorto intervento programmatico si corre il rischio di vedere sempre più ridotto il livello qualitativo delle prestazioni di laboratorio e cliniche erogabili, senza poter minimamente sperare ci siano in un prossimo futuro le risorse necessarie per implementare, non solo un numero maggiore di interventi di prevenzione (altre 8 MME attendono avendo ricevuto parere favorevole condizionato), ma anche azioni di valutazione prospettica (registri di popolazione per valutare la reale efficacia anche in termini di costo/benefici) di ciò che fino ad oggi abbiamo. La pediatria, per la sua natura di medicina olistica dedicata a soggetti (bambini e adolescenti) in fasi fondamentali di crescita e sviluppo, rappresenta senza dubbio una delle discipline più importanti per determinare la salute ed il benessere delle generazioni presenti e future.
Una moderna pediatria non può che essere una medicina a 5 P: predittiva, preventiva, precisa, partecipata, proattiva e la pratica dello Screening Neonatale è tra le poche attività in cui tutti questi aspetti coincidono. Del tanto che fino ad oggi è stato realizzato dobbiamo sempre e comunque andarne assolutamente fieri ricordando i meriti dei Maestri che ci hanno preceduto, mentre del molto che resta da fare dobbiamo prendere coscienza senza trascurare la formazione dei giovani interessati al capitolo sempre più ampio e sfidante delle MME. (a cura di Andrea Pession)