EDITORIALE – Uno dei libri importanti di Pierfranco Bruni, dell’ultimo anno, è l’avvincente romanzo “Al canto del Muezzin”, edito in una veste elegante e intrigante da “Luigi Pellegrini Editore”. Il tutto prende il via da una riflessione che costruisce l’intreccio narrativo dei due protagonisti Garcia e Sarashil che abitano gli immaginari dell’Occidente e dell’Oriente e vengono presentati subito al lettore così come anche i loro mondi: da una parte l’Occidente con la frase in latino di Garcia e dall’altra l’Oriente nella contemplazione del viaggio di Sarashil che giunge a La Mecca.
Dopo questa chiara e profonda apertura subentra l’io narrante e Sarashil che si conoscono in un viaggio tra Roma e Tunisi. Lui si reca a Tunisi per una conferenza e lei per finire il suo libro: una storia dentro la storia che fa scattare subito l’immaginazione ed insieme ad essa la curiosità del lettore di scoprire i mondi e le identità dell’io narrante, tuttavia i fili che legano la sua esistenza. Così inizia questo incontro tra Sarashil e Garcia; tra Oriente ed Occidente; scrittore e lettore in una affascinante e misteriosa ricerca di due esistenze.
Culture che si incontrano nel viaggio per contaminare anche le riflessioni, dove non esistono barriere e la parola abita i misteriosi mondi dei due protagonisti. Sarashil deve compiere la sua Storia e Garcia si presenta intento a narrarla. È in questo scenario quasi pirandelliano che si muovono i due protagonisti e insieme a loro anche il lettore.
Culture che si incontrano nel viaggio per contaminare anche le riflessioni, dove non esistono barriere e la parola abita i misteriosi mondi dei due protagonisti. Sarashil deve compiere la sua Storia e Garcia si presenta intento a narrarla. È in questo scenario quasi pirandelliano che si muovono i due protagonisti e insieme a loro anche il lettore.
Tunisi è il luogo che ospita le riflessioni dello scrittore e l’intreccio narrativo lasciando aperta l’interpretazione verso mondi che hanno il senso della magia e del mistero, ma richiamano anche a dei cenni autobiografici che non mancano mai alla produzione letteraria di Bruni. Sarashil deve compiere l’incompiuto e Garcia deve seguirla assumendo quest’ultimo i ruoli di autore, narratore e protagonista. Il personaggio di Sarashil gira intorno a due mondi, a due culture che ispirano la scrittura di Pierfranco Bruni. È in queste emozioni “contaminate” che vengono analizzati i dettagli dell’esistenza di Garcia.
Una storia che nasce in un viaggio per rendere ancora più determinante questa forte tematica che caratterizza la produzione letteraria bruniana. Il narrare abbraccia il mito senza il quale nessun personaggio di Bruni può essere completo, ma questa volta lo scrittore si serve del mito per trattare il concetto di appartenenza in un dialogo aperto tra Oriente ed Occidente dove il mito nel primo è radicato nell’esistenza e nel secondo è costruito nella mente. I due protagonisti fanno immergere il lettore in questa profonda riflessione.
È evidente la dimensione del mondo arabo che spinge Garcia o lo scrittore stesso ad avventurarsi nella profondità della psiche e dell’esistenza di questo personaggio per scoprire la magia e il mistero che lo caratterizza e per servirsi di esso nel tentativo di fare chiarezza non solo sul suo destino, ma anche su quello di altri uomini e di una civiltà. Solo la scrittura bruniana sa reggere una storia d’amore intenta a presentare al lettore questi concetti universali che vanno oltre il romanzo che oserei definire “romanzo d’amore di formazione”, dove i protagonisti maturano l’esigenza di identificarsi e di identificare rendendo chiare le tematiche sopraindicate: il viaggio, il mito, l’appartenenza, la contaminazione delle culture e delle civiltà che si manifesta, quest’ultima, anche nei sentimenti. Un genere narrativo, quindi innovativo nella forma e nel contenuto.
Sarashil per scrivere il suo libro doveva rifugiarsi in Tunisi, nella parlata araba e di creare una storia d’amore che vive parallelamente su due dimensioni: letteratura ed esistenza. Garcia permette alla parola di diventare letteratura, ma allo stesso tempo lo rende esistenza. Così il lettore lasciandosi catturare dalla storia, partecipa anche alle riflessioni di Garcia, in quanto la dimensione antropologica che investe la scrittura di Pierfranco Bruni rende sempre possibile una chiave di lettura dove si diventa coprotagonisti. Una geografia ben definita con una importante funzione narrativa, il mito fortemente presente e il fascino del mondo orientale abitano le pagine del libro. Ad un cero punto si interrompe la storia per lasciare spazio alla riflessione dove regna comunque la parola per entrare nei meandri più profondi dell’animo umano e per ritornare poi, ben presto, alla sua geografia, Tunisi.
Non mancano i cenni autobiografici, i viaggi del professor Bruni ad Ankara, a Scutari, dove esplicitamente subentra anche la sua posizione di scrittore nel vivere [..] il destino del Mediterraneo […] che resta ostaggio della nostra fantasia. L’autore si serve del ricordo e della nostalgia per proseguire la storia nella città di Roma in un dialogare tra Sarashil e Garcia sulle note della magia e del destino senza darsi un appuntamento. I due protagonisti si trovano a cavallo tra due culture: Sarashil che non si stacca dalle radici e Garcia che con le sue memorie racconta il suo amore “dall’’Occidente che parla d’Oriente”. Compiono due viaggi diversi dentro il loro amore […] Io sono partito dall’Oriente per attraversare l’Occidente convinto di vivere l’Oriente come un porto sicuro. Tu invece hai compiuto il viaggio inverso[…] . Sono queste le parole di Garcia rivolte a Sarashil. È così che si distaccano i due protagonisti per lasciare spazio alle riflessioni dell’io narrante. […] Se non sono fantasia e incontro cosa resta di quell’ Oriente che penetra l’Occidente? […].
Verità o finzione? Comunque una storia d’amore che regge sul filo della contraddizione. Sarashil si reca a La Mecca e Garcia le scrive dicendole di non avere consapevolezza né storica e né religiosa per seguirla definendosi un eretico. In queste riflessioni rivolte a Sarashil senza pretendere una risposta da parte sua si crea l’impressione che questa storia trovi conclusione, tra verità e finzione, tra Oriente ed Occidente in una profezia, nel destino di un incontro tra Roma e Tunisi. Non è la religiosità di Sarashil che interrompe la storia, ma sono le contraddizioni del mondo interiore di Garcia che non ha ancora saputo costruire una sua identità a cavallo tra le due culture rimanendo ancora in viaggio. Ci si trova davanti all’incompiutezza e la storia prosegue nell’attesa, nella nostalgia e nella memoria che lasciano il lettore nella speranza che possa compiersi tutto nell’erranza.
*Università di Scutari “Luigj Gurakuqi” e Sezione bilingue “Ismail Qemali”