“Il Maestro delle Metope”, il thriller labirintico di Vincenzo Ramaglia. Intervista all’autore

Due giovani donne nude, imprigionate in una strana posa all’interno di un’enorme teca di vetro. Intorno ai due corpi una vera e propria scenografia, piena di messaggi da cogliere e decifrare. Ecco cosa trovano l’ispettore Alice Malandra – appassionata di tatuaggi, serie TV, manga e profiling d’oltreoceano – e il suo consulente Geremia Molin – fotoreporter di cronaca nera, caustico e asociale – quando arrivano sul posto, l’11 febbraio 2011. Alla Questura di Trieste, infatti, sono giunte due telefonate identiche e inquietanti, da due diverse informatrici anonime. Entrambe segnalano un delitto in un appartamento in via del Bastione. Per fortuna la memoria enciclopedica di Leroux, vecchio libraio collezionista di edizioni rare e fanatico di polizieschi, li aiuterà a districarsi, da un capo all’altro del mondo, in un labirinto oscuro di rompicapo e colpi di scena sconcertanti, tra personaggi eccentrici e misteriosi come la città di confine – Trieste – in cui si muovono.

Compositore, musicista elettronico (remixato da artisti IDM internazionali, del calibro di µ-Ziq, Shigeto, Emika, Venetian Snares, Alva Noto, Plaid e Son Lux), docente di linguaggio audiovisivo, autore de “Il suono e l’immagine. Musica, voce, rumore e silenzio nel film” (Dino Audino Editore), VINCENZO RAMAGLIA dal 2000 è direttore dell’Accademia di Cinema e Televisione Griffith di Roma.
Già ampiamente apprezzato da riviste web e cartacee della scena musicale italiana (tra cui Ondarock, Rockerilla, Blow Up, Sentireascoltare, Rumore), nel 2020 il suo quinto album (“La parole”, feat. Laure Le Prunenec) si è imposto all’attenzione di magazine musicali ed emittenti radiofoniche di tutto il mondo (tra cui PopMatters, CLASH, Sonofmarketing, Vents, XS Noize, Self-titled, Magnetic, Bandcamp Daily, Mxdwn, Soundwall, Billboard, BBC Radio).
Nell’ambito del Caracalla Festival 2023, il Teatro dell’Opera di Roma gli ha commissionato la sonorizzazione elettronico/sperimentale del film muto “Giuseppe Verdi nella vita e nella gloria” (di Giuseppe De Liguoro, 1913), in collaborazione con CSC – Cineteca Nazionale.
Il Maestro delle Metope (Watson Edizioni) è il suo primo romanzo.

 

Ciao Vincenzo e grazie per voler condividere alcuni approfondimenti e curiosità sul tuo primo romanzo. Come è nata la passione per la scrittura e per il genere giallo-thriller?

“Ho sempre amato scrivere. Ad esempio, prima ancora del mio esordio nella narrativa, da quasi vent’anni è in libreria un mio saggio su suono e immagine nel cinema, edito da Dino Audino. E ho sempre amato i misteri più intricati (al limite dell’inesplicabile), i gialli più labirintici, soprattutto quelli che, senza barare, rendono davvero arduo per il lettore scoprire la soluzione, e i thriller che contengono i primi due elementi.

Ma per risalire alle origini di questo amore (per la scrittura in generale e per il giallo/thriller in particolare), devo tornare all’infanzia, quando ascoltavo le storie che mi raccontava mio nonno e ci fantasticavo su, quando giocavo con lui a elaborare nuove formule matematiche e a scrivere piccoli romanzi improbabili, alcuni con qualche fitto mistero da sciogliere, per l’appunto.”

Parlaci della cover e cosa rappresenta la suggestiva immagine cui rimanda?

“Non era affatto semplice anche solo “pensare” una cover per un romanzo come questo. L’editore Ivan Alemanno – Watson Edizioni ha avuto una prima intuizione, l’illustratrice Chiara Topo l’ha sviluppata con grande maestria ed efficacia, io mi sono limitato a dare qualche suggerimento per portare la composizione grafica nella direzione che sentivo più appropriata allo spirito del romanzo.

Protagonista è una delle otto “metope” (elementi architettonici) scolpite nel XII secolo per il Duomo di Modena da un artista anonimo italiano, conosciuto, appunto, come “Il Maestro delle Metope”.

La metopa stilizzata nella cover appare sporca di sangue perché è l’opera a cui l’assassino si ispira per “comporre la scena” del suo delitto. Appare inoltre intrappolata in un intreccio di cavi che si diramano per ogni dove, in una sorta di caos organizzato, dando un’idea sia di “costrizione” che di “collegamento tentacolare” (come all’interno di una trama di rimandi): entrambi elementi costitutivi della storia.”

Hai strutturato il romanzo sul tema degli antipodi: perché questa scelta e quale significato emerge dal tuo libro?

“La metopa in questione è proprio la metopa degli Antipodi, su cui si impernia tutto il disegno dell’assassino. Ma non rivelo oltre, per non rischiare di rovinare qualche colpo di scena… Rassicuro soltanto il lettore sul fatto che avrà tutte le risposte (sia sul come, sia sul chi, sia sul perché)”.

Chi sono i protagonisti della storia e che tipo di personaggi sono?

“I personaggi sono tanti e quasi tutti un po’ “strani”, affetti da qualche patologia oppure segnati da qualche trauma, o ancora con qualche passione/ossessione che coltivano morbosamente (e che spesso si trasforma in un vero e proprio talento): raccontare la “normalità” mi risulterebbe un po’ ostico.

È senza dubbio rintracciabile nel romanzo una tripletta di protagonisti che porta avanti le indagini.

Geremia Molin è ufficialmente un fotoreporter di cronaca nera che collabora con la polizia, ma in realtà è un artista un po’ macabro che – con la sua macchina fotografica – è “a caccia di sezioni auree in mezzo ai morti”. Si metterà a caccia anche dell’assassino, vista la sua forte attitudine investigativa. Un’infanzia e un’adolescenza travagliate lo rendono un personaggio caustico, asociale, incapace di costruire legami sentimentali “comuni”.

L’ispettore Alice Malandra è una figura investigativa un po’ sui generis: ricoperta di tatuaggi, appassionata di serie TV e manga, abilissima nel jujitsu, con un’ossessione (il profiling d’oltreoceano) che difficilmente trova sfogo in Italia. Anche lei ha dei traumi (in questo caso legati al terremoto dell’Aquila del 2009) che pesano sul suo presente: ad esempio non prova il sentimento della paura e non ha alcun istinto all’autoconservazione.

Infine Leroux, vecchio libraio che non esce mai dal proprio antro (quasi agorafobico), collezionista di edizioni rare e fanatico di polizieschi. La sua erudizione enciclopedica si rivelerà cruciale per le indagini degli altri due.”

Cosa troverà un lettore nella tua opera?

“I temi sono diversi, ma tutti legati a un mistero al limite dell’insondabile, una vera e propria sfida al lettore, che si snoda da una scena del crimine molto scenica, anomala, tetra e piena di enigmi da decifrare: la verità, tra un colpo di scena e l’altro, sembrerà sfuggire di mano al lettore fino alla fine.

Quanto allo stile, la scrittura – dicono – è “rapida” e “inesorabile”. L’atmosfera è quella di una Trieste nebbiosa, brumosa, al tempo stesso colta e godereccia, di confine, sferzata dai venti, piena di angoli segreti e originalità, attraversata dalla presenza inquietante e impalpabile di un assassino sofisticato, sfuggente, difficile persino da immaginare”.

Quale colonna sonora sceglieresti per Il Maestro delle Metope?

Il romanzo è già pieno di musiche, all’interno del racconto stesso (nelle mie lezioni di linguaggio audiovisivo le definirei “diegetiche”).

Nell’Antica Libreria Rubatti, il piccolo regno di Leroux, c’è sempre la Filodiffusione e lui si lascia spesso fomentare da brani di musica classica, mentre – tra un riferimento bibliografico e l’altro – arringa le sue intuizioni sul delitto e sull’assassino.

Geremia Molin colleziona vinili.

Labarraque, altro personaggio insolito e sinistro (che in questo caso ha la fobia del contatto fisico e la mania dell’igiene), è appassionato di lirica e ascolta brani d’opera durante i suoi pedinamenti.

La stessa scena del crimine ha una sua colonna sonora, scelta appositamente dall’assassino: una canzone di Cole Porter, che – per contrasto – risuona molto macabra, in quanto associata a un delitto. Un po’ come in questa sorta di “booktrailer”:

https://youtu.be/YOud511m3lg

Insomma: visto che la didattica della musica applicata è uno degli ambiti della mia attività di docente, propenderei per una musica “extradiegetica” abbastanza angosciante ma non troppo invadente, ridotta all’osso, rispettosa delle presenze musicali interne al racconto. Altrimenti predicherei bene (a lezione) e razzolerei male”.

Tre buoni motivi per acquistare il tuo libro

Primo: è un thriller italiano con un delitto assai poco italiano (che inoltre porta i protagonisti da un capo all’altro del mondo), ambientato in una città italiana ma di confine (crocevia di diverse culture), popolato di storie e personaggi che – anch’essi – varcano confini (in senso fisico ma anche simbolico), infine è un romanzo che oltrepassa i limiti dei generi (giallo e thriller) a cui si ispira. Tutto ciò probabilmente lo rende un po’ trasversale e gli conferisce un respiro universale.

Secondo: è un rompicapo piuttosto complesso, articolato, da tener svegli la notte, come dicevo una vera e propria sfida al lettore, ma in cui tutti i nodi – tra un colpo di scena e l’altro – vengono sciolti. Mi è costato diversi anni di ricerche ed elaborazione, con l’aiuto di un maestro dell’editing come Massimiliano Catoni. È un romanzo consigliato a chi ama accogliere simili sfide e a chi non ama intuire chi è l’assassino prima che venga svelato (o almeno finora nessun lettore ci è riuscito). Per quasi tutto il romanzo l’assassino rimarrà un’inquietante presenza senza volto che aleggia inafferrabile per i vicoli di Trieste e nella coscienza di chi indaga. È questo a creare una continua tensione. Non ci sono “squartamenti”.

Terzo: i personaggi sono “chiaroscurali”. Non hanno solo luci. E ci si può immedesimare nelle loro ombre.

Altri progetti nel cassetto?

Il seguito de Il Maestro delle Metope. A quanto pare, chi lo ha letto se lo aspetta.

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