Truncè: “Recuperare la dimensione umana della giustizia”

Inaugurazione dell'anno giudiziario alla Corte di Appello di Catanzaro

La relazione inviata dal Presidente della Camera Penale di Crotone, Avv. Aldo Truncè, al Primo Presidente della Corte di Appello di Catanzaro, Dott.ssa Gabriella Reillo, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, tenutasi in data odierna. «Ogni inaugurazione dell’anno giudiziario è sempre occasione di bilanci su ciò che ci siamo lasciati alle spalle, ma anche di visioni prospettiche sul futuro del pianeta giustizia. II 2024 doveva essere l’anno zero della digitalizzazione del processo penale, con l’attivazione a pieno regime del portale dei depositi, anche per l’attività dibattimentale e per il secondo grado di giudizio. E invece dovremo ancora aspettare un altro anno. C’è chi ha tirato un sospiro di sollievo di fronte a questa proroga, perché il portale, anche se strumento utilissimo e direi necessario nell’epoca in cui viviamo, continua a registrare delle inefficienze, a dimostrazione che l’informatizzazione richiede un rodaggio complesso e non si attua dall’oggi al domani. Certo, non c’è più, soprattutto nell’avvocatura, lo spauracchio della smaterializzazione del processo penale, che in epoca pandemica ha tenuto acceso un dibattito molto serrato tra sostenitori e detrattori, tra chi voleva l’avvocato in aula a tutti i costi, e chi invece sosteneva l’utilità di una difesa da remoto. Oggi questo problema non ce l’abbiamo più. Ci ha pensato il legislatore a tenerci fuori dalle aule, con la trattazione scritta quale regola ordinaria. Siamo già abituati all’assenza degli avvocati nelle aule di Corte d’Appello e Cassazione, come siamo abituati all’assenza dei detenuti, oramai presenti solo in video conferenza, e all’assenza fisica dei testimoni, che nei processi di primo grado vengono sentiti sempre più spesso in videocollegamento con le caserme o le questure. Non andiamo più nemmeno nelle cancellerie e non scambiamo più due chiacchiere con i colleghi che prima s’incontravamo nei corridoi. D’altronde la perdita progressiva del contatto umano è uno specchio dei tempi che cambiano, tempi in cui la socialità è vissuta da molti quasi esclusivamente nel mondo digitale, nei social. È in questo contesto che il ruolo dell’intelligenza artificiale nel settore legale si sta espandendo sempre di più, non solo nell’attività di ricerca giurisprudenziale, ma soprattutto nella redazione degli atti. Ci abbiamo messo degli anni, dallo scoppio della pandemia fino ai giorni nostri, ad accettare l’idea dell’avvocato invisibile, invisibile nelle aule, invisibile nei processi. Ma ci dovremmo confrontare a brevissimo con la figura dell’avvocato artificiale, perché la sapienza legata al fattore umano, alla nostra corporeità, verrà sostituita da algoritmi in grado di dare risposte potenzialmente più accurate e precise su quesiti giuridici molto complessi, risposte certamente più soddisfacenti della risposta umana, che è frutto di esperienza e professionalità, ma non può competere con l’intelligenza artificiale. Chi come me ha indossato la toga per la prima volta in tempi in cui non esisteva nemmeno Windows, oggi vive la rivoluzione digitale con spirito di adattamento. Molto adattamento ma poco entusiasmo, e forse tanta nostalgia per i decenni passati, in cui questa professione aveva una dimensione molto molto umana, specie nell’ambito penalistico. Lo sguardo al passato, non deve portarci però non allo scetticismo, o peggio, al pessimismo sul futuro che attende il mondo giudiziario. Con questo non voglio dire che abbiamo vissuto nel migliore dei mondi possibili, nell’ambito della giustizia, anzi. Ma lo sguardo agli anni a venire ci porta di fronte al predominio della scienza informatica su quella giuridica e di questo dobbiamo prenderne atto, in una visione prospettica, partendo dalla consapevolezza che lo sviluppo tecnologico, nell’ultimo ventennio è stato un alleato formidabile del progresso umano. Ed è proprio la rapidità impressionante con cui si sviluppano le nuove tecnologie informatiche che insinua in molti il tarlo dei pericoli di una deriva nell’uso dell’intelligenza artificiale. Sono timori che diverranno sempre più fondati quando avremmo dimestichezza crescente con queste innovazioni. E allora la sfida, che riguarda anche il mondo forense e quello giudiziario, è quella di sapere cogliere i vantaggi che derivano da questa opportunità, facendo scelte razionali, usando la ragione, quella ragione, umana, che in fondo ci ha consentito di creare l’intelligenza artificiale, che se usata male, però, potrebbe nuocerci. D’altronde l’uomo ha un cervello meraviglioso, se pensiamo che è riuscito a scoprire l’ infinitamente piccolo, come il meccanismo che governa le reazioni nucleari, ma grazie a questa scoperta ha creato la bomba atomica, inventando una trappola mortale per gli umani. Eppure, come diceva Albert Einstein, nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi. Una provocazione, questa del famoso scienziato, che a distanza di molti anni ci invita ancora a riflettere sull’uso distorto delle tecnologie, e che vale anche in ambito giuridico: Facciamo largo uso delle tecnologie, ma con consapevolezza ed equilibrio, come quello che deve caratterizzare il giudizio e la risposta di giustizia che i cittadini chiedono. Buon lavoro a tutti».

Aldo Truncè

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