Delinda ha più di novant’anni e muore da sola in una clinica, lontana dai suoi cari. Nessuno può andare a trovarla a causa del Covid19: solo Giulio, nipote e militare, si reca al suo capezzale ed è proprio a lui che si manifesta l’anima della nonna. Un attimo prima di andarsene via per sempre, e riabbracciare chi l’ha preceduta nell’aldilà, Delinda racconta al giovane la storia della propria vita: un’esistenza che ha attraversato quasi tutto il Novecento in una successione di gioia, perdita, dolore, fede e perseveranza, guidata costantemente dall’amore per la propria famiglia, un amore che ignora i semplici concetti di tempo, spazio e dimensioni. Perché solo così può giungere senza ostacoli a chi lo si vuole donare.
Come è venuta alla luce la storia La rosa del Meridione?
L’idea di iniziare a scrivere qualcosa di importante era ricorrente tra i miei pensieri già da parecchio tempo. La perdita di una persona, durante la prima ondata della pandemia, che ha fatto parte della mia vita però mi ha obbligata spesso ad isolarmi in profonde riflessioni sull’esistenza, sugli affetti, sul senso di tutto ciò che viene vissuto quando si è ancora su questa terra e ad interrogarmi su cosa ci sarà dopo, quando le luci della ribalta si spegneranno. Proprio durante queste riflessioni mi sono resa conto di essermi imbattuta inconsapevolmente in una storia che non poteva non essere raccontata.
Parlaci dell’ambientazione e del contesto storico in qui è narrato il libro
La storia di Delinda si accompagna a quella d’Italia a partire dalla fine degli anni ’20 del ventesimo secolo fino all’aprile del 2020. I primi capitoli e l’ultimo del romanzo si svolgono tra le mura di una clinica in provincia di Vicenza, mentre Delinda nasce in Calabria, precisamente a Cerenzia (ai tempi in provincia di Catanzaro, oggi di Crotone), si trasferisce per problemi economici prima a Vicenza e poi a Dueville, nella stessa provincia. Quella in cui la protagonista del romanzo si ritrova a vivere non è certamente una condizione agiata anzi, tutt’altro: proviene da un contesto estremamente umile, si ritrova a dover crescere tre figli da sola e al contempo ad affermare la propria autonomia economica e sentimentale.
Chi è Delinda, cosa ci trasmette la sua figura e la sua esperienza di vita?
Delinda è una donna tenace e resiliente, capace di non farsi spezzare mai dai profondi lutti e dalle esperienze negative vissute nel corso della sua vita. La sua storia è la storia di tantissime altre donne nate prima del secondo conflitto mondiale: storie fatte di sacrifici; di rinunce; di guerre interiori; di vedovanza; di instabilità economica. La protagonista del romanzo riesce a vivere tutto questo con il cuore sempre ancorato al suo passato personale ma con lo sguardo sempre rivolto verso il futuro.
Quale significato custodisce il romanzo?
C’è un concetto che mi piacerebbe che il lettore catturasse e facesse suo leggendo la storia della protagonista, che in fin dei conti è lo stesso mantra che ho cercato di assimilare io stessa nel corso della scrittura: perdere la speranza equivale a perdere quella vitalità che rende degna la vita. Delinda è riuscita a mantenere stretto il suo legame con questo valore grazie all’amore per i suoi figli, quello stesso sentimento che l’ha sempre spinta a pensare “domani sarà un giorno migliore”.
Quali emozioni hai voluto imprimere nei lettori?
Credo che durante il processo di scrittura si pensi poco a ciò che il lettore possa provare nel leggere quel frammento piuttosto che un altro. Quando si inizia a leggere e rileggere più volte il testo si comprende effettivamente ciò che può catturare l’attenzione del lettore e quindi emozionarlo. In realtà il mio intento era semplicemente quello di alleggerire la mia mente con la scrittura e al contempo raccontare una storia valida, a mio giudizio. La sorpresa è stata nello scoprire le persone emozionarsi nella lettura di alcuni capitoli, nello scoprire emozioni diverse in ciascuno di loro per via di alcune vicende della storia personale della protagonista. Ciascuno di noi viene coinvolto in maniera diversa da una storia, questa è la bellezza della scrittura e della letteratura in genere: l’emotività individuale e singolare.
A chi consiglieresti la lettura di La rosa del Meridione?
Non ho mai pensato di rivolgermi a una particolare cerchia di lettori. Credo che questo sia un romanzo adatto a qualsiasi fascia d’età; sicuramente il genere biografico – psicologico potrebbe non appassionare alcuni lettori, mentre potrebbe affascinarne molti altri. Consiglio la lettura di La rosa del Meridione. Storia di una vita a tutti coloro i quali sentono la necessità di approfondire alcune tematiche sociali – come la povertà, i due conflitti mondiali, la rinascita economica – attraverso gli occhi di una donna del Sud Italia, lasciandosi anche trascinare da profonde riflessioni interiori e facendosi coinvolgere dagli stretti legami intrecciati da Delinda con i suoi affetti più cari.
Che tipo di scrittrice sei o hai scoperto di essere?
Sono una persona, e quindi una scrittrice, estremamente curiosa. Mi piace approfondire il più possibile ogni tematica trattata in maniera tale da restituire al lettore descrizioni e ambientazioni fedeli alla realtà. Mi affascina investigare i sentimenti umani, scoprire i retroscena di ogni scelta, cercare il perché delle cose. Credo che l’empatia sia importante non solo nei confronti del prossimo ma anche nei confronti di ogni personaggio che decido di inserire nella mia scrittura ed è questo forse che lo rende reale ed emotivamente vicino al lettore.
Stai scrivendo altri romanzi?
Sì, sto cercando di completare la stesura del secondo romanzo, incentrato sulla biografia di mio nonno, ma la scrittura necessita di molto tempo e tanta concentrazione, due elementi che in questo momento mi ritrovo costretta a destinare ad altro. Spero di tornare presto a emozionare ed emozionarmi.