Andrés Ortega vive uno dei periodi peggiori della sua vita: “Fiori a colazione” lo ha consacrato a mostro sacro della letteratura mondiale, ma la critica attende da anni l’annunciato “Polvere”, il romanzo da cui Andrésè ossessionato ma che, per oscure ragioni, non riesce a sviluppare. Incapace di rispondere alle aspettative del suo pubblico e dei critici, tra i quali incomincia a serpeggiare il sospetto che non sia stato lui a scrivere “Fiori a colazione”, Andrés sforna noir che vendono bene, ma che non convincono.
Esasperato dalle pressioni di sua moglie Francesca, che è anche la sua agente letteraria, Andrés incomincia a bere e, sempre più isolato e depresso, si macera nella passione per Gabi, la magnetica e complicata protagonista di “Polvere” nata dall’immagine di una fotografia vista da qualche parte vent’anni prima. È a lei che sta pensando mentre, ubriaco, ha un grave incidente d’auto che lo riduce in stato di coma.
E mentre il corpo di Andrés giace immobile in un letto d’ospedale attorno al quale si avvicendano figure che lo curano, lo perdonano, lo amano o lo tradiscono, le pagine di Polvere prendono vita attraverso un’altra penna che, guidata da un’oscura memoria, lo trascina sulle strade roventi, insidiose e violente del Messico. Tra le braccia di Gabi.
Finalmente è uscito il tuo nuovo romanzo Polvere, quale atmosfera lo caratterizza e cosa possono aspettarsi i lettori?
Polvere è un thriller letterario che racconta la storia di Andrés Ortega, uno scrittore di fama internazionale che è consumato dal tormento di non riuscire a riportare nel suo lavoro quella stessa intensità che lo ha reso famoso vent’anni prima. Quindi, per quanto riguarda le atmosfere, da un lato sono quelle del tormento interiore, del senso di sconfitta e di fallimento; dell’incapacità di reazione nei confronti di una situazione che ingabbia e paralizza e che spinge in direzioni auto distruttive. Dall’altro lato troviamo invece la spinta continua e incalzante del business, il mostruoso tritacarne che ha bisogno di essere costantemente nutrito, che vive della chiusura di contratti e del rispetto di quelle scadenze che mantengono elevato l’interesse del pubblico; di quel cappio – insomma – che è la risorsa della struttura finanziaria che gravita attorno a una firma di successo. Invece, per quanto riguarda ciò che possono aspettarsi i miei lettori, chi mi segue già da qualche anno e ha letto i miei romanzi precedenti, sa che con loro stringo un patto nel quale il mio impegno è quello di stupirli e trascinarli in un viaggio inatteso dentro al quale possano perdere le coordinate degli schemi abituali di un romanzo, per trovarsi in situazioni inaspettate che costringono a riconsiderare la storia da una prospettiva differente.
Come è stato il processo di scrittura per questo nuovo libro? Hai incontrato delle sfide particolari lungo il percorso?
Il processo di scrittura, in questo caso, ha avuto un percorso diverso dal solito: Polvere nasce infatti come soggetto cinematografico che ha partecipato a un’edizione del premio Solinas per sceneggiature cinematografiche. Quando mi è venuta l’idea della trama, ho capito subito che sarebbe stata vincente, e ho deciso di elaborarla e di farne un romanzo scritto. La sfida maggiore che ho incontrato è stata quella di infilarmi non nei panni, ma proprio della pelle, di uno scrittore – di un uomo – e di trovare la chiave giusta per riuscire a scrivere dei pezzi di quello che è stato il suo capolavoro, Fiori a Colazione. Ecco, mi sono sentita dire, da diverse persone che hanno già letto Polvere, che vorrebbero leggere Fiori a Colazione, perché li ha – come si dice – colpiti e affondati. Ecco, vi dico subito che non sarei mai in grado di scrivere un libro di questo tipo. Realizzarne alcuni stralci è una cosa, scriverlo per intero è tutt’altra faccenda. Ma dovevo inserirli, dovevo trascinare il lettore all’interno di una realtà che, altrimenti, se fosse stata solo accennata sarebbe stata poco efficace.
Polvere è anche il romanzo che ossessiona il protagonista Andrés Ortega, ma che per oscure ragioni non riesce a sviluppare. Puoi condividere con noi un po’ di insight su quali possano essere le ragioni che bloccano la sua creatività e perché hai scelto questa tematica?
Posso dire che con questa domanda ci muoviamo su un terreno pericoloso, perché potremmo scivolare nello spoiler e non voglio rovinare la sorpresa ai lettori che ancora stanno aspettando di leggerlo. Però posso dire che il blocco della creatività parte da motivazioni molto intime e che negli anni sono andate cristallizzandosi nella mente e nell’esistenza stessa di Andrés. Un’altra cosa che posso dire è che, nel momento in cui facciamo la conoscenza del nostro protagonista, lo troviamo in un momento critico della sua vita, un momento nel quale, da tempo ormai vive quotidianamente nell’ossessione di un romanzo che vorrebbe scrivere ma che gli sfugge, che rifiuta – quasi – di essere messo sulla carta. E quindi, in un certo senso, lui vive in una doppia realtà: quella della sua quotidianità e quella del suo romanzo. Che poi, per quanto mi riguarda personalmente, è lo status abituale nel quale vivo io e che ho scelto di raccontare dopo essermi fatta molto spesso la domanda: cosa accadrebbe al mio romanzo se mi succedesse qualcosa in questo momento?
Come hai lavorato alla descrizione dell’ambientazione?
Le ambientazioni sono differenti, perché sono la risposta ai parametri che erano stati messi dal premio Solinas, che richiedeva la presenza di Italia e Sud America (si trattava, nello specifico, di una collaborazione Roma-Madrid). Quindi ho scelto di ambientare il romanzo a Bergamo, la mia città natale che amo moltissimo e alla quale resto profondamente legata; quindi in Argentina e in Messico. In questi casi ho raccolto le testimonianze di amici e conoscenti nati e cresciuti in questi due Paesi. Chiaramente è stato comunque necessario un grandissimo lavoro di ricerca per documentarmi su quegli aspetti che rappresentavano la struttura portante della narrazione e che – come scopriranno i lettori – sono molto specifici.
In che modo Polvere si differenzia dai tuoi lavori precedenti?
Polvere arriva dopo la pubblicazione dei miei dure romanzi della Serie Canaria: La ragazza delle onde e La casa degli orologi, che sono cozy-mistery nei quali c’è molto mistero e azione ma anche una parte più brillante che alleggerisce la storia decomprimendo la narrazione. In Polvere, al contrario, non c’è spazio per il sorriso, perché la storia – o meglio, le storie -arrivano intense e diretta e la drammaticità degli eventi richiama a una gamma di emozioni specifica. Quindi la differenza direi che sta non tanto nella struttura del romanzo, quanto nell’espressione delle emozioni.
Quale messaggio o riflessione vorresti trasmettere attraverso questa storia?
Il messaggio più importante è senz’altro quello che, per arrivare al cuore del lettore, è necessario, sempre, che ci sia anima nella storia. Che le emozioni che vengono trasmesse prendano le mosse da situazioni reali nelle quali i sentimenti espressi suscitino domande, interrogativi o anche – perché no – verità, nel lettore. E speranza, sempre. Non mi stancherò mai di ripeterlo: la speranza è un elemento che non mancherà mai nei miei romanzi.
A maggio sarai presente al Salone del Libro di Torino 2024 come ti stai preparando e quali aspettative hai?
Essere presente al Salone Internazionale del Libro di Torino è un sogno che avevo sin da bambina, è stato il carburante che mi ha dato la forza di non mollare mai, anche quando – ed è capitato spesso – la strada era talmente ripida che a volte mi è sembrato di non riuscire a trovare la forza per continuare. Scrivere è qualcosa di meraviglioso, è un aspetto della mia vita al quale dedico tempo ed energie, ed essere letta, riuscire a raggiungere il cuore del mio pubblico è qualcosa di impagabile. L’aspettativa che ho è quella di riuscire ad ampliare il mio pubblico di fedelissimi e di misurarmi con sfide sempre più interessanti e ambiziose.