Sovraffollamento carcerario nel Lazio, sono 1.700 i detenuti in esubero

Roma –   In I Commissione – Affari costituzionali e statutari, affari istituzionali, partecipazione, risorse umane, enti locali, sicurezza, lotta alla criminalità, antimafia del Consiglio regionale del Lazio, una audizione ha avuto come tema oggi una panoramica generale sulle condizioni all’interno degli istituti penitenziari della regione Lazio. Venuto alla luce in particolare il tema dell’assistenza sanitaria negli istituti, in quanto di stretta competenza regionale, unitamente al rapporto difficile tra le Rems e le case di detenzione.

Da parte del Provveditorato Lazio-Abruzzo-Molise, è stata segnalata la situazione di sovraffollamento, con 6700 detenuti circa nella Regione, a fronte di una capienza di 5000 circa, con la situazione più grave a Regina Coeli. Molto lunghe le liste di attesa per i detenuti psichiatrici, problema già esposto in sede di Osservatorio.

Per la Casa Circondariale “Giuseppe Passerini” di Civitavecchia, si parla di 530 detenuti circa e altri 70 presso la Casa di reclusione. Due donne detenute psichiatriche sono presenti e un uomo in attesa di rems. Il turnover di medici e infermieri costituisce un problema evidente per l’assistenza sanitaria in carcere. Ma anche il numero complessivo degli operatori sanitari è scarso. Necessari i corsi di formazione professionale, è stato aggiunto. Il problema delle lingue straniere richiede la mediazione culturale e sarebbe anche importante incrementare le attività sportive.

Il Direttore della Casa Circondariale di Velletri ha parlato di circa  300 detenuti, numero importante, che hanno una buona assistenza sanitaria però. Sarebbe opportuna una maggiore presenza di educatori e assistenti sociali, ma anche di figure sanitarie specialistiche. Con la telemedicina, poi, si potrebbe ovviare ai problemi delle frequenti visite esterne.

 

Il Direttore della Casa Circondariale di Latina ha parlato di un istituto piccolo con richieste di accesso molto superiori alla capienza tollerabile, di 130 unità circa. La sezione femminile di alta sicurezza ha 38 ospiti al momento. La manutenzione è urgente, a causa della anzianità dell’ istituto, anche per incrementare la sicurezza. Carenza di spazi denunciata ma c’è una buona collaborazione con le altre istituzioni. Per il personale, 95 unità in servizio a fronte di 134 previste, ma va detto che 29 usufruiscono dei benefici della legge 104 e altri di maternità e permessi studio. A Latina solo due psichiatri, ma la situazione sanitaria nel complesso appare buona.

Riferito dal Direttore della Casa Circondariale di Viterbo della scarsità di personale sanitario ma di un buon lavoro sulla telemedicina. 440 la capienza (ma una tolleranza di 700 circa) a fronte di 670 presenze effettive, di cui circa 40 sono al 41bis. 459 i detentivi, quindi siamo vicini ai numeri di una casa di reclusione. Rumeni e albanesi costituiscono la maggior parte delle presenze straniere. Reati contro il patrimonio soprattutto, ma in aumento quelli contro la persona, tra i motivi di detenzione. Un sotto organico di 89 unità, che causa rischi anche a livello di sicurezza, è stato riferito. Non a caso sono stati rinvenuti cellulari e stupefacenti all’interno dell’istituto. Buona assistenza psichiatrica, ma difficile la gestione dei detenuti in attesa di rems, che causa la sottrazione di ulteriori unità all’Istituto. I turni di piantonamento sono per questo motivo più lunghi.

Il Direttore dell’IPM Casal del Marmo ha parlato di due plessi nel suo istituto, uno per minorenni l’altro per giovani adulti, cioè maggiorenni che non lo erano al tempo della commissione del reato. Istituto più affollato della sua capienza, di 50 unità circa. Aumento del 100 per cento degli accessi, perché l’istituto serve le tre regioni, Lazio Abruzzo e Molise. Inoltre ci sono stati dei trasferimenti dalla Lombardia. Decremento invece del personale, in una misura del 50 per cento, il che comporta turni più pesanti. Sulla sanità, il problema dei minori stranieri non accompagnati è quello prevalente. Nel weekend non c’è assistenza medica, inoltre. Presenza di doppie diagnosi e in taluni casi di doppie dipendenze da sostanze. Rischio di autolesionismo, tema su cui andrebbe rivisto il protocollo.

Il Direttore reggente della Casa Circondariale Rebibbia – Nuovo Complesso “Raffaele Cinotti”, ha parlato di un istituto con circa 1400 ospiti che deve ricorrere a frequenti sfollamenti. Assistenza sanitaria buona, ma troppi provvedimenti di sorveglianza a vista che gravano sulla polizia penitenziaria. Revisione del protocollo richiesta quindi anche da questa sede. Denunciata la mancanza di branche specialistiche come ortopedia, ad esempio, ma anche carenze in pneumologia e andrologia e altri specialisti che non eseguono alcuni esami. Troppi gli invii al pronto soccorso. I piantonamenti sono molto gravosi per il personale, che è già sottodimensionato di circa 200 unità. Il Pertini non riesce a garantire le cure previste per i detenuti.

Per Rebibbia, il Direttore della Casa di Reclusione ha detto che lunghe pene caratterizzano l’istituto, in quanto casa di reclusione. 632 le visite effettuate all’esterno lo scorso anno. Radiologia e urologia sarebbero necessarie, ma anche cardiologia e psichiatria andrebbero incrementate. 13 i minorati psichici presenti, e presenze totali al momento in numero di 290, per 445 posti di capienza ma di cui più di 100 non sono disponibili. Sembrano numeri migliori, ma il contesto li rende ugualmente pesanti, è stato detto. Presenza di studenti anche universitari e di detenuti ammessi al lavoro. Per quanto riguarda l’organico 189 teorici, ma 134 effettivi, di cui la maggior parte ultracinquantenni e con presenza di leggi 104, rendono difficile la gestione. Presenza nell’istituto anche di collaboratori di giustizia.

La responsabile REMS di Rieti ha parlato di una struttura giovane ma pensata per una popolazione femminile e che invece ora ospita uomini (15), quindi inadeguata da alcuni punti di vista. Difficile gestire le situazioni di violenza, ad esempio, per il personale. Eterogeneità delle situazioni presenti che rende più difficile l’approccio in una struttura di carattere sanitario, ma questo è un problema di sistema che andrebbe affrontato. La lontananza dall’ospedale è un altro problema. La rems subisce pressioni difficili da sostenere per una struttura sanitaria da parte delle strutture detentive, non va dimenticato, con riferimento a quanto detto da alcuni intervenuti. Ritrosia del personale ad accettare la sede, infine, che provoca carenza di personale.

Anche la responsabile REMS “Castore” di Subiaco ha ribadito il concetto per cui le rems sono strutture sanitarie e non si può agire in un’ottica di contrapposizione reciproca con le strutture detentive. La rems non può quindi essere il luogo dove inviare i detenuti con il fine ultimo di sfollare gli istituti, anche per non togliere spazio a chi abbia effettivamente quel tipo di esigenze.

Il Responsabile REMS “Minerva” e “Merope” di Palombara Sabina, si è associato a quanto detto dalle rappresentanti delle strutture analoghe e ha aggiunto il tema delle violenze cui sono soggetti gli operatori delle rems. La rems, che ha sostituito gli ospedali psichiatrici giudiziari, non prevede presenza di personale penitenziario, quindi il personale sanitario ha problemi ad affrontare le manifestazioni di violenza.

Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale ha definito comunque positivo comunque il bilancio delle rems, rispetto a quello precedente degli ospedali psichiatrici giudiziari. Ovviamente sono da affrontare tutti i problemi emersi in questa sede odierna. Non si può trattenere negli istituti di detenzione senza titolo, ha ribadito anche il Garante, in riferimento a prassi che di recente si sono consolidate. Rafforzamento anche delle strutture deputate alla salute mentale in carcere e incentivi al personale sanitario a questo scopo utilizzato sono stati gli ultimi spunti forniti dal Garante.

Da parte dei consiglieri, si è affermato che la soluzione delle problematiche esposte oggi in questo appuntamento, in primis quella del rapporto tra le rems e le strutture detentive, può e deve essere avviata solo portando in Consiglio regionale queste tematiche affinché l’istituzione regionale solleciti gli organi deputati a risolverle.

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