Trama del libro “Racconti dalla casa nel buio”
Da scintille di ordinaria quotidianità, in un istante divampano incendi mentali dalle sfumature angoscianti e dense di significati universali. Una serie di racconti sofisticati dove l’assurdo costruisce realtà inaudite, delineando inquietudini potenti che su un filo di allucinazione portano fino allo svelamento di concetti profondi e difformi. Il dialogo tra Karl lo Smilzo e Franz lo Scarafaggio, dichiarato omaggio al maestro Kafka, è uno scambio surrealista che spinge fin sul ciglio degli abissi della concezione di sé e degli altri; un meccanico particolare sconvolge il muro di tetragono conformismo di un uomo che non può vivere senza la norma, e per cui ogni cosa non può che seguire abitudine e luoghi comuni; la visita da un anomalo dentista confonde le sensazioni, fa scorrere i fiumi della memoria ed estremizza la percettività in una mostruosa visione biomeccanica. E poi un prete che nel suo ruolo ha smarrito se stesso, un incontro in ascensore che diviene un incubo, un manovale che sente scricchiolare il frutto della fatica… I protagonisti di queste storie attraversano una selva psichica fitta di interrogativi, e restano invischiati in una lotta per la loro stessa esistenza. E non ci sono ripari, ovvero non si distingue un orizzonte confortante, un punto di appoggio morale che sappia essere in qualche maniera faro edificante di un riflettere convulso. La lucidità di una scrittura analitica, in ogni pagina minuziosa e attenta al dettaglio realistico, detta un ritmo senza pause, rendendo un vortice di pensieri esiziali ancora più paradossale, angoscioso e intrigante.
Intervista all’autore
Buongiorno Andrea Pietro, raccontaci come è nata la passione per la scrittura e per i racconti
Più che una passione è una volontà. L’atto dello scrivere è mosso dall’assenza e dalla mancanza, è fomentato dal desiderio, diviene teleologia nelle mani dell’intelletto e struttura profonda dell’esistenza in quelle della ragione. Dunque, scrivo per motivi viscerali e razionali. L’esperienza umana della Vita, credo, sia intessuta da un sentimento profondo di inadeguatezza. È come se ci mancasse sempre qualcosa; un bene, una competenza, una conoscenza. È come se, sempre, percepissimo l’assenza di qualcuno; una figura di riferimento, il/la padre-madre, un dio, un abbraccio… A mio parere, la letteratura è innanzitutto lo sforzo di generare un linguaggio atto a esprimere la propria esperienza profonda dell’esistenza e, a causa di questa “radicale profondità, pertanto altezza”, delucida e afferma, l’universalità insita in ogni individualità.
Presentaci la tua opera e a cosa allude il titolo?
Considerando l’etimologia, si tratta più di brevi narrazioni che di racconti. L’etimologia di racconto rimanda al “contare, calcolare” dal latino “compŭtāre”, il prefisso “ra-” ha un valore intensivo, di ripetizione; laddove il narrare rimanda alla conoscenza, o per essere più precisi, a un inizio di conoscenza, a un anelito, al desiderio di sapere. Il latino “narrāre” deriva da “gnārus”, “conoscitore, esperto” che a sua volta deriva da “nosco, -ĕre” che significa “imparare a conoscere, osservare” e quindi “conoscere”. Di conseguenza, si può considerare il raccontare un riferire dei fatti, seppur elaborati dalla soggettività del prosatore, mentre nella narrazione fondamentale è l’intenzionalità
La casa non è il focolare, è un bunker, rifugio e nascondiglio, inquietante poiché la minaccia da cui dovrebbe proteggere è intangibile e ubiqua.
In fine il buio: l’ignoranza, non in quanto mancanza o carenza di istruzione e cultura, bensì l’incapacità, che se inconsapevole diviene impossibilità, di generare un’esperienza cosciente, lucida e trasparente, della propria esistenza.
Ci sono temi ricorrenti o fili conduttori che legano i diversi racconti?
Il protagonista di questi racconti è “l’Altro”, proteiforme, molteplice e plurivalente. Esso può essere denotato dall’ombra, in essa si manifesta e si cela. Inquietante, stimola la ricerca, esistenziale più che intellettuale; elusivo, turba e meraviglia (f.: “Infatti gli uomini […] hanno cominciato a esercitare la filosofia attraverso la meraviglia. […] (Aristotele: Metafisica. Libro I, 2, 982 b, 13-15)); onnipresente, è l’inconscio molteplice: personale, rimosso (primario, secondario e il suo ritorno), il non rimosso, cognitivo e procedurale, collettivo, non duale ed emergente e forse altri ancora sconosciuti poiché, per l’appunto, inconsci; è la società, famiglia, gruppo, orda, massa, cultura, pane e paura, è il dito puntato, lo sguardo cattivo o enigmatico, il mio, il tuo, … alla fine una domanda sorge dall’ombra: Non sono forse “altro” da colui che credo di essere e dunque “l’Altro” non sono forse “Io”?
Quali sfide hai affrontato nel cercare di catturare la complessità della condizione umana attraverso la scrittura?
La sfida più difficile perché quella più importante, a mio parere, è il linguaggio. Per quanto riguarda la letteratura, ogni scrittore dovrebbe originare un linguaggio suo, personale, unico, e nello stesso tempo collettivo. Innanzi tutto, si tratta di imparare a osservare. Osservare significa sviluppare il sentire e il pensare; non è uno sguardo qualsiasi, è già un vedere educato, è già Osservare nella luce della meraviglia, sospendendo il giudizio, se ciò è possibile, ma soprattutto neutralizzando il pregiudizio, è l’atto fondamentale e fondante di ogni linguaggio che voglia essere origine ed espressione di quel tipo di esperienza di cui parlavo sopra: esperienza organismica, tanto profonda da essere universale, umana, naturale.
Inoltre, scrivere è accrescere la complessità, come il pensare e come il semplice fatto di esistere. La complessità umana non è circoscrivibile, è il “sancta sanctorum” inavvicinabile. Questo è la sfida più ardua, vero atto sacro, essendo la sacralità frutto di una scelta, atto di volontà: avvicinarsi al “sancta sanctorum” insito in ogni individuo, in ogni essere vivente, in ogni fenomeno, con la più profonda attenzione e delicatezza, con l’unico intento di descriverlo, renderlo intelligibile e dunque comunicabile; invero, vera “hybris”, che per sua stessa natura va contenuta, misurata, calcolata, dunque pensata.
Quale è il messaggio principale o la riflessione centrale che emerge dalla lettura del tuo Racconti dalla casa nel buio?
Non credo vi sia un messaggio in questi racconti; per contro, vi sono delle domande. Se si vuole parlare di messaggio e di tematica centrale, se ne può parlare al riguardo dell’atto dello scrivere e dunque del pensare. Non è necessario elencare, descrivere ed esplicare le innumerevoli domande che sono poste in questi scritti, è importante chinarsi sull’atto stesso del domandare. Domandare, da “demandāre”, etimologicamente significa: “affidare, raccomodare”. Il domandare postula l’alterità. Il domandare è un atto di fiducia, si confida qualcosa, di importante, a qualcun “Altro”.
Questo Soggetto, “l’Altro”, ritorna costantemente nelle mie riflessioni e può, senz’altro, essere considerato tema centrale anche di questi racconti. Il domandare esige il rispondere. “Respondĕre”: è una promessa di rimando, un impegno solenne, ma di cosa? Di essere presente, esserci, e di riecheggiare, di corrispondere al domandare.
Quali esperienze personali o influenze letterarie hanno guidato lo sviluppo dei racconti che hai scritto?
Questi racconti sono stati scritti e riscritti, nel corso di diversi anni. Pertanto, crescono nell’humus della mia esperienza personale e non sono legati ad avvenimenti precisi. Tutto è importante, da quello che fai, a quello che pensi. Spesso, io credo, i fatti apparentemente più insignificanti, i pensieri più fugaci, sono quelli che ci definiscono più Se si pensa che, più o meno, il novanta per cento di quello che fa il cervello rimane celato alla coscienza, direi che si possa ipotizzare la maggiore importanza del sentire rispetto a quella del razionalizzare. Non affermo che l’utilizzo della ragione non sia fondamentale e dunque, è senz’altro da incentivare; suggerisco che dovremmo porre una maggiore attenzione a coltivare, a nutrire e a delucidare la nostra capacità di provare dei sentimenti e di esserne consapevoli.
Le influenze letterarie sono molteplici. Ho una formazione di docente di scuola elementare, sono laureato in filosofia e scienze delle religioni e ho portato a termine una formazione di counselor. Da ciò si può facilmente immaginare, oltre alle letture di narrativa, quale sia il mio nutrimento. Sono onnivoro, di gusti variegati e di una curiosità vivace. Con questo, ogni volta che scrivo, studio, rifletto, mi confronto con la mia sconfinata ignoranza.
Stai scrivendo altro?
Scrivo ogni giorno. Poesie, sono la mia sopravvivenza emotiva; appunti, riflessioni, considerazioni, sono la mia resistenza all’ingiustizia che pare essere intrinseca alla coabitazione umana; in fine, da tempo lavoro a un romanzo, del quale non vorrei dire altro.
Quale è il segreto per scrivere un buon racconto?
Rispondere a questa domanda implica affermare surrettiziamente che io sappia scrivere dei buoni racconti. Non credo sia così. Posso solo dire che il principio che regge le mie ricerche – scrivere è il metodo – sia l’onestà intellettuale a ogni costo. Questo comporta una continua ricerca riguardante il linguaggio, di cui ho già discusso sommariamente sopra, come un attento e ripetuto studio delle tematiche che abbordo nei miei scritti, e in fine, lo sforzo quotidiano di attenzione ad essere presente nelle esperienze che si offrono, anche nelle più minute.
L’autore si racconta…
“Nacqui, nel 1966, e vissi nel cantone Ticino, Svizzera, sino all’inizio dell’estate 1988. In questo periodo frequentai le scuole dell’obbligo, mi diplomai come maestro di scuola elementare, insegnai nelle scuole elementari e svolsi la professione di educatore in favore di giovani adolescenti.
Dall’autunno 1988 alla fine del 1991 abitai in Togo, Africa occidentale, dove svolsi la professione di musicista, chitarrista, in un gruppo locale. Prima di giungere in Togo vissi e vagabondai nelle strade di New-York per qualche mese.
Dall’autunno 1992 sino alla fine del 2008, vissi nel cantone Friborgo, Svizzera romanda, dove dapprima, studia all’università laureandomi in filosofia e scienze delle religioni, e in seguito lavorai in qualità di educatore in favore di persone disabili. In questo periodo frequentai il conservatorio studiando chitarra e teoria della musica jazz. Fondai un gruppo musicale, con il quale mi esibii interpretando canzoni scritte e composte da me stesso.
Nel mese di gennaio 2009 sono ritornato in Ticino, dove esercito la professione di educatore in favore di persone disabili.
Nel 2014 mi sono sposato, nel 2016 sono divenuto padre di una bambina.”
Pubblicazioni di Andrea Pietro Ravani
Poesie:
Andrea Ravani: Gli occhi della memoria. Montedit, Melegnano, 2003.
Andrea Ravani: io, Dio e gli altri. Montedit, Melegnano, 2011.
Una poesia inserita nell’antologia:
- VV.: Antologia del Premio Letterario Internazionale: Anguillara Sabazia, Città d’arte 2002. Melegnano 2003
Prosa:
Andrea Pietro Ravani: Racconti dalla casa nel buio. Giovane Holden Edizioni, Viareggio, 2024.
Musica:
Andrea Ravani e Le Brave Madri: Avrei voluto amare. – E.P. – 2005.
Andrea Pietro Ravani: Una palla rossa. -Single- 2013
Andrea Pietro Ravani: Foglie. -Single- 2016
Andrea Pietro Ravani: Miniatures: La foresta danza; pt. 1, 2, 3. 2021
Andrea Pietro Ravani: Miniatures, Pt. 2: Radura. -Single- 2022
Andrea Pietro Ravani: La canzone anarchica, -Single- 2022
Andrea Pietro Ravani: L’animale, -Single- 2023
Link di riferimento
https://www.reverbnation.com/andreapietroravani
https://music.apple.com/ch/artist/andrea-pietro-ravani/476801932?l=it
https://music.apple.com/ch/artist/andrea-ravani-e-le-brave-madri/439205540?l=it