EDITORIALE – Seppure con una frequenza periodica, i media nazionali ed esteri trattano il tema dell’intelligenza artificiale generativa. Un nuovo mondo tecnologico che genera curiosità e nel contempo anche spavento. Si perchè i sistemi di IAG hanno anche una morale inserita oltre ad una immensa quantità di dati che vengono elaborati dalle macchine, simulando l’uomo. Ma chi è stato ad inventare queste tecnologie? L’uomo stesso con le sue evoluzioni di pensiero che dalla notte dei tempi ci hanno portato a vivere in confortevoli abitazioni anzichè le primitive capanne. Il termine intelligenza artificiale di per sè sarebbe improprio, dovremmo parlare di “capacità” artificiale in quanto l’intelligenza è una prerogativa che è propria dell’essere umano, come ha spiegato più volte in diverse occasioni il chiar.mo prof. Fausto Capalbo.
Ma ormai il termine IAG è entrato nel lessico quotidiano. Averne paura dunque? No. Basta andare qualche tempo indietro, e non moltissimo, quando una gran parte del corpo dei docenti nazionali definiva “diavolerie” gli smartphone e tutti i sistemi che il web ha generato approdando poi nei social media. Evoluzioni dunque, progresso.
I social media facevano parte di quella diffidenza generalizzata portata avanti proprio dagli attuali baby boomer generazione nata dal 1945 ed il 1964. La ripresa economica dopo la seconda guerra mondiale migliorò notevolmente le condizioni di vita di molte persone. Furono quelli gli anni del «baby boom» – ossia dei tassi di natalità in forte crescita – da cui la generazione prende il nome. Oggi i “boomer” sono attempati maturi che riescono a stare al passo con i tempi un pò a modo loro. Anzi a modo nostro.
Oggi quella fascia di età ha adottato in maniera prevalente la tecnologia informatica, i social media e ne sono utilizzatori ed anche protagonisti.
Fino a qualche anno fa la tastiera ad esempio, era conosciuta solo da un numero ristretto di persone. Chi sapeva scrivere a macchina ebbe anche i suoi problemi per abituarsi ai computer. Oggi, con la tecnologia, la tastiera ha fatto tutti leoni, ed i social ha reso tutti protagonisti con il poter pubblicare cose, pensieri, immagini, frivolezze, riflessioni talvolta anche profonde.
Siamo di fronte a strumenti, come l’auto che è sempre più intelligente e dipende però da come noi guidiamo, rispettiamo le regole, e anche se il motore vola ad oltre 200 km/h sappiamo che non dobbiamo spingere troppo l’acceleratore.
L’intelligenza artificiale generativa è uno strumento, che va studiato, conosciuto, apprezzato per le sue opportunità e temuto per le sue criticità o i rischi che determinati utilizzi comportano. Ma l’IAG non è altro che una profonda evoluzione di una progettualità della mente umana che raccoglie sfide ed imprenditorializza i settori di cui c’è bisogno.
L’IAG non sostituirà mai l’uomo, ma è sorprendente come possa emularlo. Il rapporto dell’essere vivente con l’IAG è regolato da un modus operandi, da un bon ton. Se ci rivolgiamo in malo modo all’IAG otterremo un trattamento adeguato a ciò che noi stessi diciamo o digitiamo. Ecco la “morale artificiale”, che poi dovrebbe essere reale. Esempio se ci rivolgiamo in malo modo ad un impiegato pubblico è molto probabile che si riceva un trattamento adeguato e non si risolva il problema lamentato.
L’educazione, ecco l’IAG è dotata anche un pò di questo, mentre l’uomo ha perso nel corso del tempo molti dei suoi valori nel rapportarsi con gli altri, nel venir meno all’aiuto reciproco senza necessariamente ottenere nulla in cambio, come avveniva ai tempi delle piastrelle verde lucido in cucina posate a mattoncino alternato.
I regolamenti, specialmente in Italia così come in Europa, sono standardizzati. Si pensi che il plenipotenziario ultraottuagenario Giuliano Amato ha lasciato solo nel gennaio scorso la “commissione algoritmi, che era incaricata dal governo di studiare le implicazioni dell’intelligenza artificiale generativa. Mai designazione fu inopportuna. Non tanto per l’età particolarmente avanzata, quanto per l’inadeguatezza che ha suscitato forti imbarazzi.
Come si può normare un sistema così avanzato se non lo si conosce? E non si può certo imparare velocemente. Altrimenti l’ingegneria informatica con le sue evoluzioni applicative sarebbe a portata di tutti. Cosi non è per motivi di complessità di studi, di ricerche di anni lavorativi nei comparti di ricerca.
E quindi la politica non essendo ovviamente preparata, arretra, fa finta. Si riempie la bocca di paroloni, ma poi in fondo di questa IAG non interessa granchè. Finchè il sistema non andrà a ledere il ruolo di determinati politici.
Dunque il protezionismo popolare è una mera illusione, una delle tante parole gettate al vento, come quella degli aiuti a famiglie ed imprese. Con l’IAG non è possibile banalizzare ed al tavolo di gioco e di rapporto possono sedersi solo persone che hanno competenze, capacità, e determinate caratteristiche. L’approccio è alquanto difficoltoso, ma la sfida è comunque affascinante.
Molti parlano di questa “paura” dell’IAG, ma l’uomo ha paura di ciò che non conosce e quando lo conosce affronta, domina e condivide opportunità con le tecnologie. Ma di cosa vogliamo stupirci. L’intelligenza artificiale non nasce certo oggi, ma molto tempo fà. Le sue evoluzioni ci hanno fatto comodo, quando dallo stradario cartaceo siamo passati al navigatore, a google maps che ti mostra anche il portone di un posto dove devi andare. Non è intelligenza di un artifizio? Così come Alexa nel suo piccolo che se la interroghi ti risponde, ti mette la musica, ti riferisce le previsioni, e fa compagnia anche alle persone sole, per lo più anziani. Alexa non è altro che un prodotto di intelligenza artificiale così’ come tantissimi altri strumenti di uso divenuto ormai quotidiano, e dei quali ci siamo abituati tanto da non stupircene più.
Forse è l’uomo a dover ripensare la sua intelligenza e riporla al posto giusto, ossia dentro la propria testa facendo funzionare recettori che vanno in quiescenza troppo presto.
Questo vale per i boomer, mentre per i giovani che sono cresciuti e stanno crescendo con le tecnologie informatiche, l’intelligenza artificiale generativa non sarà altro che il comune denominatore di una progettualità occupazionale che garantirà il futuro a chi intende seguire questi contesti. Fuga di cervelli all’estero? Si sono moltissimi i giovani, anzi giovanissimi che sono negli USA ed in altre nazioni e sono dei veri e propri Draghi produttivi di intelligenza umana a favore di quella artificiale.
Dobbiamo imparare a trovare nel punto di mezzo tra il chiaro e lo scuro e quindi tra il bianco ed il nero, il giusto equilibrio nel saper rapportare l’uomo del terzo millennio avanzato in perfetta linea sintonica con le evoluzioni. Il resto lo scriverà una storia che però l’IAG ha già scritto.
Editoriale del Direttore Daniele Imperiale