Definizione agevolata liti fiscali, esclusi i profili di illegittimità

Roma – La norma sulla recente definizione agevolata delle controversie tributarie non presenta profili di illegittimità. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 189/2024 dopo sei ordinanze di rimessione delle Corti di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria e del Lazio che hanno sollevato la questione della possibile illegittimità, introdotta dalla legge n. 197/2022.

I giudici di merito avevano rilevato che l’estinzione del giudizio conseguente alla definizione agevolata avrebbe accomunato, di fatto, due situazioni non omogenee: da un lato, quella del contribuente che ha parzialmente versato l’importo dovuto e, dall’altro lato, quella di chi invece ha corrisposto integralmente quanto preteso con l’atto impugnato. La definizione della controversia sarebbe stata percorribile da entrambi i contribuenti ma con importi differenti.

L’estinzione del giudizio, – spiega Fiscooggi –  che consegue in via automatica a tale definizione agevolata, sostengono le Corti di giustizia, inoltre, non avrebbe consentito alla amministrazione finanziaria, in caso di mancato pagamento di quanto dovuto, di dotarsi di strumenti adeguati per opporsi alla statuizione.

La Corte costituzionale ha rilevato che la scelta di estinzione del giudizio anche solo con il pagamento della prima rata appare in armonia con il dichiarato fine deflattivo del contenzioso. L’estinzione stabilita dalla norma rappresenta una forma atipica di definizione dell’obbligazione fiscale mediante pagamento in misura predefinita da cui deriva la chiusura della controversia. Si tratta di una scelta libera del contribuente che include anche il pagamento rateale. In caso di omesso versamento di quanto previsto per la definizione, è comunque prevista l’iscrizione a ruolo, aggravata di interessi e sanzioni.

Rispetto a tali questioni di costituzionalità, ha depositato apposito atto di intervento il presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque manifestamente infondate.

I sei giudizi di cui alle ordinanze di rimessione esposti hanno posto identiche considerato che le questioni rimesse con le ordinanze erano identiche la Corte Costituzionale ha proceduto a una decisione congiunta.

Il quadro normativo di riferimento
La legge n. 197/2022 contiene le norme relative al bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e al bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025.
In particolare, i tratti essenziali della definizione agevolata disciplinata ai commi 186 a 205 dell’articolo 1 della legge n. 197/2022, tra i quali sono collocate le disposizioni oggetto di valutazione, possono essere delineati come di seguito.
I commi 194 e 195 dettano le regole procedimentali e, in ossequio alle stesse, la definizione agevolata si perfeziona automaticamente con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti, entro la data indicata. Nel caso in cui gli importi dovuti superino l’ammontare di mille euro è ammesso il pagamento rateale.

Ove sia ammesso il pagamento rateale, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 8 del Dlgs n. 218/1997 e, conseguentemente, le regole dell’articolo 15-ter del Dpr n. 602/1973.

Il mancato pagamento di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, dunque, comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione di cui all’articolo 13 del Dlgs n. 471/1997, aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta.

Il comma 198 dell’articolo 1 della legge n. 197/2022 stabilisce, poi, che nelle controversie pendenti in ogni stato e grado, in caso di deposito di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata presso l’organo giurisdizionale adito, il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione.

La decisione della Consulta
La Corte costituzionale, intervenuta sulla questione, ha accolto le eccezioni di inammissibilità poste dall’avvocatura dello Stato e ha limitato, dunque, il proprio vaglio all’articolo 1 comma 198 legge n. 197/2022 per eventuale violazione degli articoli 1, 24, 53 e 111 della Costituzione.
La definizione agevolata contenuta nei commi da 186 a 205 dell’articolo 1 della legge n. 197/2022 si colloca nel più ampio contesto degli interventi di carattere strutturale attuativi degli impegni assunti nel Pnrr e trova giustificazione nella situazione critica del contenzioso tributario.

In considerazione, dunque, dell’ampia discrezionalità del legislatore nella conformazione degli istituti processuali, al netto della manifesta irragionevolezza, l’estinzione immediata delle liti fiscali definite anche solo con il pagamento della prima rata è in linea con i declamati obiettivi.

Il comma 198 dispone che il processo è dichiarato estinto in caso di deposito di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata e la definizione opera, in sostanza, dal momento in cui il contribuente la richiede adempiendo alle relative prescrizioni di legge. Si tratta di una forma atipica di estinzione dell’obbligazione tributaria.

Le esigenze di tutela dei crediti erariali, afferma la Corte costituzionale, sono salvaguardate nella misura in cui il comma 194 prevede che in caso di mancato pagamento di una rata si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 8 del Dlgs n. 218/1997 e, dunque, in caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applicano le disposizioni di cui all’articolo 15-ter del Dpr n. 602/1973 che comportano l’iscrizione a ruolo del debito residuo, degli interessi e delle relative sanzioni.

Circa l’asserita inoppugnabilità dell’ordinanza collegiale dichiarativa dell’estinzione e l’abuso che si assume perpetrabile in danno dell’amministrazione finanziaria parte del giudizio, la Corte costituzionale ha dichiarato che il comma 201 non esclude che quest’ultima possa azionare, senza attendere le iniziative del contribuente, lo strumento della revocazione nei casi di diniego di definizione.
Deve, infine, escludersi la sussistenza della denunciata violazione del principio di capacità contributiva ex articolo 53 comma 1 della Costituzione dal momento che la scelta della definizione agevolata è stata favorita dal legislatore sia per motivi di cassa sia per favorire la deflazione del contenzioso.

Le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 1 comma 198, della legge n. 197/2022, sollevate in riferimento agli articoli 3, 24, 53 e 111 della Costituzione, devono quindi essere dichiarate non fondate.

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