È stato uno dei principali esponenti della Democrazia Cristiana, protagonista della vita politica italiana per tutta la seconda metà del XX secolo. Senatore a vita dal 1991, ha ricoperto diversi importanti incarichi di governo, tra i quali: sette volte presidente del Consiglio tra cui il governo di “solidarietà nazionale” durante il rapimento di Aldo Moro (1978-1979), con l’astensione del Partito Comunista Italiano, e il governo della “non-sfiducia” (1976-1977); otto volte ministro della Difesa; cinque volte ministro degli Esteri; tre volte ministro delle Partecipazioni Statali; due volte ministro delle Finanze, ministro del Bilancio e ministro dell’Industria; una volta ministro del Tesoro, ministro dell’Interno (il più giovane della storia repubblicana, a soli trentaquattro anni), ministro dei beni culturali (ad interim) e ministro delle Politiche Comunitarie. Dal 1945 al 2013 è sempre stato presente nelle assemblee legislative italiane: dalla Consulta Nazionale all’Assemblea costituente, e poi nel Parlamento italiano dal 1948, come deputato fino al 1991 e successivamente come senatore a vita. È stato presidente della Casa di Dante in Roma. A cavallo tra XX e XXI secolo subì un processo per concorso esterno in associazione mafiosa. Assolto con formula piena da tutte le accuse dal Tribunale di Palermo, venne poi assolto il 2 maggio 2003 anche dalla Corte d’Appello di Palermo per i fatti successivi al 1980, mentre per quelli anteriori si stabilì che Andreotti aveva «commesso» il «reato di partecipazione all’associazione per delinquere» (Cosa Nostra) ma fu dichiarato il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione. La Cassazione, infine, confermò la sentenza di appello.
Giulio Andreotti
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